martedì, Marzo 19, 2024

Lectio Biblica: La Genesi (incontro del 02 ottobre 2017)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

In seguito alle richieste di alcune amiche e amici, metterò a disposizione su questo blog i testi della Lectio Biblica sulla Genesi.
Nel preparare questi incontri mi sono basato su vari testi: 

Introduzione:
– Lambiasi F., Breve introduzione alla Sacra Scrittura, Milano, Piemme, 1986;
Mazzinghi L., Storia d’Israele dalle origini al periodo romano, Bologna, EDB, 2013;

-Garcia Lopez Felix, Il Pentateuco. Introduzione alla lettura dei primi cinque libri della Bibbia, Milano, Paideia, 2004.



Esegesi: 
–  Brueggemann W., Genesi, Torino, Claudiana, 2002.

INTRODUZIONE ALLA SACRA SCRITTURA



LA BIBBIA È VERA?

La Chiesa afferma che la Bibbia è vera ed è ispirata. Ma bisogna chiarire bene che cosa intendiamo con i termini “vera” e “ispirata”.

Vera

Se cominciamo a leggere oggi il libro della Genesi questo testo non può che suscitare in noi molte domande

L’essere umano fu realmente creato in modo differente da tutti gli atri esseri animati o non è stato, invece, il risultato di una lenta evoluzione che partiva da un essere inferiore, come vogliono alcune teorie scientifiche?

Ma, in quest’ultimo caso, perché solo l’uomo si è evoluto mentre tutti gli altri animali sono rimasti uguali, o molto simili, al loro stadio iniziale?

E ancora: è possibile che tutta l’umanità discenda da un’unica coppia? Come si spiegano allora le innegabili differenze corporee, somatiche e di pigmentazione tra i vari gruppi etnici che popolano il nostro pianeta?

Il Signore soffiò veramente il Suo alito vitale nella polvere della terra, trasformandola nell’essere umano?

È vero che gli uomini un tempo vivevano così a lungo come ci viene raccontato nella Bibbia? Su che basi veniva misurato il tempo?

La risposta a tutti questi interrogativi può essere sintetizzata in una frase: la Bibbia non è un testo scientifico!

Questo insieme di testi non è ordinato alla ricerca delle origini antropologiche dell’uomo, né della sua evoluzione fisica e materiale. La Bibbia è una guida per la nostra ricerca ideologica ed etica della ragione dell’essere, della creazione e della posizione dell’uomo nella creazione stessa. Se insistessimo sulla verità scientifica (è stato fatto, e anche oggi lo si fa in alcune parti del mondo, con risultati disastrosi quando non ridicoli: vedi “concordismo” e “creazionismo”), ci esporremmo inevitabilmente alle critiche degli scienziati. Che, d’altronde, navigando anch’essi nella più completa incertezza, annaspando alla ricerca della verità nell’imperscrutabile mistero della nascita dell’universo, dei mondi, dell’uomo.

Diverso è lo scopo che ci prefiggiamo nello studio di un libro che, come sappiamo bene, non è scientifico ma sacro.
Infatti se analizziamo ad esempio il testo della Genesi ci troviamo di fronte ad un libro che non si pone il problema di spiegare il mistero della creazione, il “come” di determinati avvenimenti. Esso invece vuole guidarci in un percorso verso il mistero dello scopo di tutto, il senso più profondo, il “perché”.
L’intera Bibbia ci racconta di un’umanità che procede con le sue incertezze, dilaniata da dubbi, divisa tra gli abissi della malvagità ai quali solo essa può pervenire, ma anche fra le meravigliose intuizioni morali e sociali che strappano l’uomo al suo istinto animale per farne il perfezionamento della creazione di Dio, un vero collaboratore nella creazione.
Un Dio che ama così tanto l’uomo da donargli una libertà totale. Infatti proprio all’uomo viene affidato il compito di realizzare sulla terra quel bene, scopo in definitiva della sua creazione, o quel male che inevitabilmente condurrà il mondo a quella morte preannunciata dall’Eterno con la raccomandazione: “«(…) dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire.»”(Gen 2,17).

Ispirata 

Per comprendere meglio cosa significhi il fatto che la Bibbia è ispirata possiamo prendere in esame il n.11 della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione, Dei Verbum, del Concilio Vaticano II datata 18 novembre 1965:

“Le verità divinamente rivelate, che sono contenute ed espresse nei libri della sacra Scrittura, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cfr. Gv 20,31; 2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte. 

Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture. Pertanto «ogni Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia perfetto, addestrato ad ogni opera buona».”

Allora i punti salienti da tenere presenti sono:

– Non si cerca di definire l’ispirazione ma solo di descriverla (mistero)

– Viene lasciata un’apertura a futuri approfondimenti e ricerche

– Dio è identificato come “autore” dei testi sacri ma senza mettere in ombra l’autore letterario. Questo documento non vuole minimizzare l’apporto degli autori umani e non usa nei confronti del mistero dell’ispirazione un linguaggio distante da quello, piuttosto sfumato e discreto, della Bibbia stessa.

LE LINGUE DELLA BIBBIA

Aprendo la Bibbia si ha l’impressione che Dio si sia chinato sull’uomo per dialogare con lui come un genitore dialoga con suo figlio adattandosi a semplificare, a fare esempi, a balbettare quasi per farsi capire.

I Padri della Chiesa parlavano di “condiscendenza”, cioè di abbassamento e di adattamento. Il linguaggio di Dio è divenuto linguaggio umano con tutta la sua povertà e i suoi limiti.

Anche per questo Dio non ha potuto raccontarci certi suoi misteri inesprimibili col nostro linguaggio limitato; erano troppo grandi e non entravano nelle nostre parole. La Bibbia infatti non è caduta dal cielo già confezionata come un pacco postale, che dovremmo solo aprire per vedere ciò che c’è dentro; la Sacra Scrittura parla le lingue degli uomini ai quali fu per prima indirizzata.

Queste lingue che incontriamo nella Bibbia sono essenzialmente tre: ebraico, aramaico e greco.

Trascinati dall’abitudine, non ci accorgiamo più che alcune parole ebraiche e aramaiche le usiamo spesso nella liturgia. Per fare qualche esempio:

Osanna (salvaci ti prego! Divenuto poi come il nostro «evviva!»),

Alleluia (lodate il Signore),

Amen (e così sia!).

Altre le leggiamo nei vangeli, magari con la traduzione accanto:

Talità Kum (bambina alzati! Mc 5,41),

Getsemani (il torchio in Mt 26,36),

Geenna (valle di Gerusalemme, in Mt 5,22.29; 10,28; 18,9 ecc.)

Abba (papà! In Mc14,36),

Gabbata (dosso in Gv 19,13),

Golgota (cranio in Gv 19,17).

In lingua greca continuiamo a ripetere nella liturgia Kirie, eleison (Signore, pietà!).

Ognuna di esse ha le sue caratteristiche, riflettono differenti orizzonti culturali, differenti “spiriti”…

Il genio greco è essenzialmente logico: il primo problema per l’uomo greco è quello di conoscere l’archè (ἀρχή, l’origine costitutiva) di una cosa, sapere equivale perciò a definire, imparare è astrarre. Il genio ebraico è essenzialmente dinamico: per lui il mondo non è tanto una realtà da conoscere, quanto da dominare. Quindi se per il Greco conoscere è definire, per l’Ebreo conoscere è agire, sperimentare; il Greco ha come supremo ideale quello del “Conosci te stesso!”, l’Ebreo quello del “Converti te stesso!”. Per l’Ebreo la “verità” non è qualcosa da contemplare, ma da “fare” ( “Chi fa la verità, viene alla luce” Gv 3,21).

Per il Greco l’orizzonte culturale è ricoperto dalla categoria del kosmos (κόσμος), del mondo visto come un ordine armonioso da capire e sistematizzare; per il genio ebraico il punto di riferimento è piuttosto il tempo, non più concepito come un cerchio di istanti tutti uguali che ritorna continuamente su se stesso, ma come una storia visitata da Dio e da lui aperta ad un futuro di salvezza: il Greco guarda indietro, l’ebreo guarda avanti.

Mentre il Greco predilige l’occhio come organo per indagare il mondo che lo circonda, per l’Ebreo questa funzione è svolta dall’orecchio: egli deve “ascoltare” Dio (Dt 6,4) che gli parla costantemente e che cerca di instaurare un rapporto con lui.

RISCHI NELL’INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA

Favolismo(Bibbia ridotta a favole per bambini)

La linearità e la sobrietà del testo biblico possono dare l’impressione di una certa aridità che qualche autore, laico o prete, troppo zelante si potrebbe preoccupare di ravvivare con amplificazioni fantasiose, con sottolineature esagerate di dati marginali o con abbellimenti inventati. È da tenere presente come il racconto ha bisogno di un linguaggio che si muova “per immagini”, ma nella mente di chi lo narra deve essere ben presente il testo che è stato letto, analizzato e meditato a livello personale. Questo è necessario perché il linguaggio non diventi favoloso (tipo: “C’era una volta…”). In altre parole: linguaggio “per immagini bibliche sì, favoloso no!

Archeologismo(Bibbia ridotta a un documento del passato)

È la tentazione di ricostruire per filo e per segno la storia passata, da Adamo fino all’ultimo apostolo. Per evitarlo bisogna tenere presente che la Bibbia è un testo del passato ma che interpella le persone del nostro tempo. Essa, pur avendo a tratti le caratteristiche della cronaca, non è un manuale di storia. 

Dottrinalismo(Bibbia ridotta a un “limone” da cui ricavare una sorta di “spremuta” dottrinale espressa in formule)

È il rischio in cui si incorre quando si estraggono dalla Bibbia frasette, slegandole completamente dal contesto, per spiegare verità dottrinali. Un esempio può aiutare a capire meglio: usare Gen 3,15: ”«Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».”, per spiegare il dogma dell’Assunzione di Maria.

Moralismo(Bibbia ridotta ad una serie di esempi o storie moralmente edificanti)

Quando si affronta un testo biblico bisogna sempre tenerne a mente la portata religiosa: ovvero mettere in evidenza come, nella Sacra Scrittura, Dio rivela se stesso e crea un rapporto di amore con gli uomini che vuole salvare. Questi fatti non possono essere visti ed usati solo come illustrazione, quasi fossero semplici fatti umani, esempi di buon comportamento. Infatti questa lettura moralista ha purtroppo “mutilato” la lettura e l’interpretazione della Bibbia nelle nostre comunità.

Spiritualismo(Bibbia ridotta a un fatto magico/soprannaturale)

È un rischio molto concreto e sempre attuale. Troppo spesso quando non si riesce, o non si vuole, comprendere un passo biblico ci si affida a interpretazioni disincarnate, magiche, deresponsabilizzanti, sostanzialmente “di comodo”.

I “CANONI”

Per “canone biblico” si intende l’insieme di tutti gli scritti che compongono la Bibbia, ovvero l’elenco completo degli scritti ispirati. Infatti il termine “canone” deriva dal greco kanon(κανών), che significa: “canna a fusto”, che era lo strumento per misurare le lunghezze, e quindi “misura; regola; norma”. 

Della Bibbia esistono più canoni che sono andati sviluppandosi lungo i secoli (e a volte i millenni!) all’interno di differenti comunità religiose. Infatti esiste un canone ebraico, uno samaritano, i vari canoni cristiani (cattolico, ortodosso, riformato, siriaco, copto), oltre ai canoni delle varie sette cristiane (Testimoni di Geova, Mormoni…). 

Quando si parla di scritti biblici “deuterocanonci” si intendono quei testi che, pur essendo ispirati, non fanno parte di un determinato canone.

IL CANONE EBRAICO

La Bibbia ebraica è divisa essenzialmente in tre parti:

Toràh (תּוֹרָה) ovvero “la Legge”. Questa parte corrisponde al nostro Pentateuco.

Nebiìm (נְבִיאִים) ovvero “Profeti”. Questa sezione comprende Giosuè, Giudici, Re, oltre a Isaia, Geremia, Ezechiele e i 12 profeti minori.

Ketubiìm (כתובים) ovvero “Scritti”. Questa ultima parte è un insieme di testi vari molto differenti per stile e soggetto. Essa comprende Salmi, Proverbi, Giobbe, il Cantico dei Cantici, Rut, Qoelet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra-Neemia, Cronache.

IL CANONE CRISTIANO CATTOLICO

ANTICO TESTAMENTO

Pentateuco:

Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio

Libri Storici:

Giosuè, Giudici, Rut, 1 Samuele, 2 Samuele, 1 Re, 2 Re, 1 Cronache, 2 Cronache, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, 1 Maccabei, 2 Maccabei

Libri Sapienziali:

Giobbe, Salmi, Libro dei Proverbi, Qoelet (Ecclesiaste), Cantico dei Cantici, Libro della Sapienza, Siracide

Libri Profetici:

Profeti “maggiori”: Isaia, Geremia, Lamentazioni, Baruch, Ezechiele, Daniele

Profeti “minori”: Osea, Amos, Gioele, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia


NUOVO TESTAMENTO

Vangeli:

Matteo, Marco, Luca (detti “sinottici”) e Giovanni

Atti degli Apostoli

Lettere Paoline:

Lettera ai Romani, prima e seconda Lettera ai Corinzi, Lettera ai Galati, Lettera agli Efesini, Lettera ai Filippesi, Lettera ai Colossesi, prima e seconda lettera ai Tessalonicesi, prima e seconda Lettera a Timoteo, Lettera a Tito, Lettera a Filemone

Altre Lettere:

Lettera agli Ebrei, Lettera di Giacomo, prima e seconda Lettera di Pietro, le tre Lettere di Giovanni, Lettera di Giuda

Apocalisse

LA GENESI (בראשית bereshìt)

Il libro della Genesi è composto da più “racconti” che andremo ad analizzare durante gli incontri successivi:

– La creazione

– La cacciata di Adamo ed Eva

– Caino e Abele

– Il diluvio (Noè)

– La torre di Babele

– Abramo

– Isacco

– Giacobbe

– Giuseppe

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