sabato, Aprile 27, 2024

“Cristo l’anti-Re!”, Solennità di Cristo Re (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

2Sam 5,1-3; Sal 121; Col 1,12-20; Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

(Lc 23,35-43)

Questa domenica la liturgia festeggia “Cristo Re”.

Che cosa suscita nel nostro immaginario la parola “Re”? Oggi le monarchie non esistono quasi più, ma i potenti che tengono in mano i destini del mondo sono più presenti che mai. Essi, come vediamo ogni giorno in questo terribile momento, lottano per la loro supremazia con ogni mezzo e per “salvare se stessi”, uccidono, rapinano, persino parlano con leggerezza di un possibile olocausto mondiale.

Dare a Cristo l’appellativo di “Re”, anche in senso metaforico, è dunque assolutamente fuorviante e pericoloso!

Egli infatti è tutto, tranne che un Re!  

La pagina del Vangelo di oggi è così chiara che la si può fraintendere solo in malafede.

Gesù stava per essere ucciso ingiustamente. La sua unica colpa era quella di aver detto apertamente la verità riguardo al mondo, alla vita, a Dio. Tutti lo sapevano… Anche quelli che avevano gridato “crocifiggetelo!” o “salvate Barabba!”.

Anche la folla che lo seguiva da tempo, i rabbini, i dottori della legge che  avevano sempre indagato la sua ortodossia, persino i romani che lo vedevano così disarmato… Ma come acutamente sottolinea il testo lucano “la gente stava a guardare”… pur consapevole che la vita di un uomo innocente veniva sacrificata… “taceva e stava a guardare”.

Mentre chi non taceva, si faceva interprete di una domanda che tutti, amici e nemici, avrebbero voluto fargli:

“Perché non salvi te stesso?”

Domanda generata dall’incapacità di comprendere il messaggio profondo contenuto nella testimonianza e nella Parola di Gesù. Un messaggio che travalica etnie e religioni, i tempi e il tempo, che rivoluziona l’immagine di un Dio che “dal di fuori” possa agire sul mondo/sull’uomo, “salvandolo”.

Egli che mai si era definito Figlio di Dio, o Re , o Messia parla/testimonia invece un Dio “dentro di noi”, un Dio incarnato, capace di “convertire” il nostro cuore, orientare il nostro agire verso il bene. Un Dio che non ci propone dunque la salvezza/la liberazione come qualcosa di ottenibile in cambio di una qualche ritualità, di una qualche preghiera o sacrificio, ma ci suggerisce la via per salvarci da noi stessi, dal nemico che è in noi: l’egoismo, il desiderio di possesso e di sopraffazione, l’accumulazione di beni, il rifiuto del dolore e del limite. Quindi “salvarsi” è “perdere”.

Se Gesù avesse “salvato se stesso” dalla morte, posto che ne avesse il potere, avrebbe tradito la verità che annunciava, la sua libertà di uomo, l’idea più volte ribadita di non rispondere al male col male.

Il radicale messaggio però non era penetrato nei cuori e men che meno nelle menti “ragionevoli” di quelle persone e dunque quella domanda rimaneva inevitabile:

“Perché non salvi te stesso?”

Sotto quella croce viene messa in scena simbolicamente la reazione del mondo (i capi, i soldati, i malfattori, la massa…) di ieri come di oggi, di fronte alla verità nuda, scomoda, provocatoria, rappresentata da chi per essa si lascia uccidere/sconfiggere, da chi sa morire per quella “scheggia di eternità” che tutti ci pervade ma che non vogliamo vedere…

I capi del popolo ovviamente, si facevano beffe di lui: “Che potenza è la tua? Salvi gli altri e non te stesso? Se è Dio che ti manda chiedigli di salvarti!”

Essere Re infatti è avere potere. Cos’è il potere per i capi del popolo se non la capacità di “salvare se stessi”? I propri privilegi, le proprie ricchezze, le proprie vite? Essi confondono “il bene” con “i beni”, la giustizia con la vendetta, il limite con la sconfitta, il potere con la potenza…

I soldati poi, che certamente si sentivano forti, con le armi al fianco, lo schernivano, gli davano da bere aceto e gli dicevano: “Se sei davvero il re dei Giudei salva te stesso!”

I soldati ci sono sempre lì dove c’è bisogno di “salvare se stessi”. Essere Re, essere potente, implica (per loro), necessariamente, l’uso della forza, per mantenere la propria posizione, per sconfiggere i nemici e gli oppositori, per uccidere chi ti vuole uccidere. Gli eserciti sono così importanti, che vengono attribuiti anche a Dio:

“Rialzaci, Signore, Dio degli eserciti,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.”
(Sal 79, 20)

“Signore degli eserciti,
beato l’uomo che in te confida.”
(Sal 83, 13)

“Ecco il Signore, Dio degli eserciti,
che strappa i rami con fracasso;
le punte più alte sono troncate,
le cime sono abbattute.”
(Is 10, 33)

Solo per citare alcuni dei passaggi biblici…

Che Dio è un Dio “impotente”?

La guerra nella storia dell’uomo è il primo strumento, il più necessario, per “salvare se stessi”, costi quello che costi.

Anche uno dei malfattori, crocifisso con lui lo insultava e gli diceva “salva te stesso e noi!”. Il malvagio infatti è un uomo che usa la violenza come strumento di controllo, di appropriazione e di difesa .

Essere Re per lui, vuol dire potere di vita e di morte sugli altri, indipendentemente dalle colpe. Un potente infatti salva a sua discrezione, non in base alla verità/innocenza/giustizia. “… salva anche noi!”. L’importante è vivere, sopravvivere, scamparla.

Il mondo “che sta a guardare” tace, pensa non sia saggio quello che fa Gesù, nonostante egli abbia più volte chiarito che salvare la propria vita è “perderla”.

“chi pensa soltanto a salvare la propria vita, la perderà…se un uomo riesce a guadagnare anche il mondo intero, ma poi perde la sua vita o rovina se stesso che vantaggio ne avrà?”

La vita non è la semplice vita biologica, come ben ha capito il secondo ladrone che annuncia la verità “lui non ha fatto nulla di male” e annunciandola è liberato, illuminato, salvato.

don Paolo Zambaldi

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