venerdì, Aprile 26, 2024

Intercomunione eucaristica (Elisabetta Tisi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

La Chiesa cattolica cristiana della Svizzera che rappresento, come le altre chiese vetero-cattoliche dell’Unione di Utrecht si costituiscono come Chiese locali nazionali guidate da un unico vescovo per nazione (ad eccezione della Chiesa olandese di Utrecht che, per tradizione storica, è composta da due diocesi) e un Consiglio sinodale presieduto sempre per statuto da un membro laico.

Dopo la divisione con la Chiesa di Roma, avvenuta per la maggior parte delle nostre Chiese con il Concilio Vaticano I, a causa dell’affermazione dell’infallibilità papale e della sua giurisdizione universale, le Chiese vetero-cattoliche nella propria formazione (1870-1875) hanno fin da subito guardato alla Tradizione della Chiesa indivisa del primo millennio. L’appello alla Chiesa del primo millennio non si riferisce solo ai contenuti della fede, ma anche al modo in cui si raggiunge l’accordo sulle questioni vitali della Chiesa. La conservazione della comunione ecclesiale è stata caratterizzata da concili e sinodi che aiutavano a mantenere l’unità e la diversità insieme.

Questi due principi di sinodalità e unità nella diversità nella comprensione vetero-cattolica si sostengono e si completano a vicenda. Inoltre, dall’inizio del movimento vetero-cattolico in poi, il ritorno alle fonti, alla Tradizione della Chiesa antica è stato via di rinnovamento ecclesiale di primaria importanza. Avere come linea programmatica la Chiesa indivisa del primo millennio fa sì che la sfida dell’altro sia, quindi, della massima importanza per il rinnovamento ecclesiale all’interno del vetero-cattolicesimo, uno stimolo costante che implica il dialogo e la partecipazione di tutti i fedeli.

È un processo lento, ma assicura anche che il rinnovamento della Chiesa abbia una base nel popolo di Dio e non solo nella gerarchia ecclesiale; tale dialogo coinvolge sempre anche il dialogo con i partner ecclesiali. Il rinnovamento può essere vero rinnovamento solo se è di natura ecclesiale ed ecumenica.

Il nostro riferimento alla Chiesa indivisa ci ha spinto a ripensare, dunque, il rapporto con le altre Chiese. Così fin da subito è stato aperto il dialogo con le Chiese anglicane e ortodosse. Siamo in piena comunione con la Chiesa anglicana dal 1931, con la Chiesa Filippina indipendente, con la Chiesa Lusitana di Portogallo, con la Chiesa episcopale riformata di Spagna, dal 2016 con la Chiesa evangelica luterana di Svezia. Stiamo lavorando per la piena comunione con la Chiesa siro-malankarese Mar Thoma. Il dialogo con le Chiese ortodosse è stato a lungo interrotto da circostanze politiche. Le discussioni teologiche si sono concluse solo nel 1987 arrivando ad un pieno accordo teologico che non ha portato però alla piena comunione ecclesiale per la vicinanza dell’Unione di Utrecht alla Chiesa anglicana. In Germania il dialogo con la Chiesa luterana ha già 30 anni. Nel 1985 fu ufficializzato l’invito reciproco a partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia o della Cena del Signore mentre solo quest’anno si è ufficializzato in Svizzera con la Chiesa riformata.

Insieme alle altre chiese vetero-cattoliche, la Chiesa cattolica cristiana è membro fondatore del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC) e della Conferenza delle Chiese europee. In Svizzera, è membro fondatore della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Svizzera e del Consiglio svizzero delle Religioni.

Questa lunga introduzione è necessaria poiché l’attitudine al dialogo ecumenico non è una caratteristica solo della comunità del Ticino in cui opero, ma della Chiesa e dell’Unione delle Chiese in cui mi riconosco. Viviamo per il dialogo ecumenico e per instaurare rapporti di riconoscimento ecclesiale e di collaborazione.

La nostra celebrazione è aperta ad ogni cristiano di qualunque confessione. La nostra comunità vede le iscrizioni di famiglie con un genitore riformato e uno cattolico-romano: iscrivendo i figli alla nostra Chiesa possono celebrare e accostarsi alla mensa eucaristica come famiglia intera.

A catechismo ho un bambino serbo-ortodosso che farà la prima comunione con le sue compagne cattoliche cristiane tra un anno e il programma è stato concordato con il prete serbo.

Amici riformati o cattolici che partecipano alle nostre celebrazioni sono invitati come tutti alla mensa eucaristica.

Collaboro attivamente con il pastore riformato di Lugano con il quale avviene l’invito per la predicazione nella comunità dell’altro. Una domenica partecipavo alla celebrazione riformata come semplice fedele per ascoltare anche le esecuzioni del coro locale e c’è stato bisogno di più persone per la distribuzione del calice e con molta semplicità ho potuto dare una mano in quell’occasione.

Questo è il modo in cui noi cattolici cristiani viviamo la nostra fede e questa è l’esperienza che si vive nelle nostre parrocchie. Il o la prete è la persona che presiede alla celebrazione in persona ecclesiae, e come Chiesa non possiamo sostituirci a colui che invita alla sua mensa, il Cristo.

Nella nostra ecclesiologia non crediamo che le divisioni siano state un male necessario per arricchire la Chiesa di tanti doni. Riteniamo anche noi come la Chiesa cattolica romana che solo nella condivisione della fede della Chiesa che celebra si possa accostarsi alla mensa eucaristica ma riteniamo che negare l’eucaristia ad un cristiano che si accosta alla mensa sia di scandalo maggiore che la condivisione non totale della fede.

Elisabetta Tisi, parroca della Chiesa cattolica cristiana del Ticino, Svizzera.

da Ospitalità Eucaristica, n.41, 2022

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