venerdì, Marzo 29, 2024

La nostra marcia (novembre 1917) V. Majakovskij

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

LA NOSTRA MARCIA (novembre 1917)

Battete in piazza il calpestio delle rivolte!

In alto, catena di teste superbe!

Con la piena d’un nuovo diluvio

Laveremo le città dei mondi.

 

Il toro dei giorni è pezzato.

Il carro degli anni è lento.

Il nostro dio è la corsa.

Il cuore è il nostro tamburo.

 

Che c’è di più celeste del nostro oro?

Ci pungerà la vespa di un proiettile?

Nostre armi sono le nostre canzoni.

Nostro oro le voci squillanti.

 

Prato distenditi verde,

copri il fondo dei giorni.

Arcobaleno, dà un arco

ai cavalli veloci degli anni.

 

Vedete il cielo s’annoia delle stelle!

Senza di lui intrecciamo i nostri canti.

Ehi, Orsa maggiore, esigi

Che ci assumano in cielo da vivi!

 

Bevi le gioie! Canta!

Nelle vene la primavera è diffusa.

Cuore, batti la battaglia!

Il nostro petto è rame di timballi.

 

Vladimir Majakovskij, A piena voce, Mondadori editori, 1996, pag. 51.

(Trad, di A.M. Ripellino)

VLADIMIR MAJAKOVSKIJ

Nasce a Bagdady, un villaggio della Georgia il 7 luglio 1894.Nel 1902 frequenta il ginnasio a Kutaisi. Ed è qui che comincia a partecipare con entusiasmo alle manifestazioni e ai comizi rivoluzionari. Nel 1906 alla morte del padre si trasferisce a Mosca. E’ un periodo di assoluta povertà e anche il poeta è costretto a lavorare. Ma allo stesso tempo legge  Marx e Lenin. Nel 1908 aderisce all’ala bolscevica del Partito socialdemocratico. Viene espulso da liceo e arrestato perché sorpreso in una tipografia clandestina. Nel 1911 si iscrive all’istituto di pittura, scultura e architettura, dove incontra David Burljuk che lo incoraggia a dedicarsi alla poesia. Nel 1913 firma insieme ad altri il manifesto del cubofuturismo. Allo scoppio della prima guerra mondiale vuole arruolarsi come volontari ma viene respinto a causa delle sue attività sovversive. Diventa a questo punto antimilitarista. Saluta con entusiasmo la rivoluzione d’ottobre. Aderisce all’appello di”avvicinare le grandi masse all’arte in tutti i suoi aspetti” e recita i suoi versi al Caffè dei poeti e la museo politecnico di Mosca e in molti altri luoghi. Il poeta gira per le strade della capitale col cilindro in testa e una blusa di fustagno a righe gialle e nere. La sua popolarità diventa inarrestabile. Negli anni seguenti pubblica molte raccolte di poesia e opere teatrali. Compie viaggi nelle principali capitali europee, e si reca pure negli stati uniti. Nel febbraio del 1930, dopo che la sua mostra che riassume 20 anni di lavoro vien fischiata, si toglie la vita con un colpo di pistola.

Nel biglietto d’addio si leggono questi versi: ”Come si dice/l’incidente è chiuso./La vita ed io/siamo pari/.Non vale la pena di citare/le offese/i dolori/i torti  reciproci”. Siate felici.

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