venerdì, Marzo 29, 2024

Lectio Biblica: La Genesi (incontro del 15 gennaio 2018)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).



ABRAMO II (Gen 16,1; 19,38)
 

 
Testi liberamente tratti da :

-Brueggemann W., Genesi, Torino, Claudiana, 2002;

1)Nascita di Ismaele, cacciata di Agar (Gen16,1-16)

2)Circoncisione e secondo discorso sull’alleanza (Gen17,1-14)

3)Apparizione di Mamre (preannuncio della nascita di Isacco Gen 18,1-15)

4)Sodoma e Gomorra (Gen 18,1-19,38)

Incongruenza e tensione non potrebbero essere più intense che al capitolo 15.

 Infatti mentre la rassicurazione di 15,4 non potrebbe essere più chiara: “Colui che nascerà da te sarà tuo erede” nella realtà ciò non si avvera.

 Anche 16,1 lo ribadisce: la promessa non è stata mantenuta.

I racconti 1)2)3) ruotano intorno al problema della fede in un Dio la cui promessa tarda ad avverarsi. Essi raccontano il tormento, l’attesa impaziente dei nostri progenitori della fede.

1)Nascita di Ismaele, cacciata di Agar  Gen 16,1-16

a)La storia ha come protagonista Agar. All’inizio drammatico (v1-6) fa riscontro il lieto fine della nascita (vv15-16). Tra l’uno e l’altra, nella parte centrale(vv7-14)si ha l’intervento di Dio per mezzo di un angelo. Una svolta curiosa: tutti, Abramo, Sara, Agar considerano in fondo chiusa la questione. Tutti tranne Dio! E’ Dio che la riapre. Il dato positivo è che anche qui Dio prende a cuore la sorte degli ultimi.

 Ma nell’ottica della promessa, il dato negativo del racconto, è che Ismaele costituisce una tentazione per Abramo, la tentazione di credere nel frutto delle proprie opere anziché nella promessa. Ismaele e Agar rappresentano un’alternativa alla promessa. Sono la prova visibile, che nei tempi brevi, assumere l’iniziativa anziché attendere l’intervento di Dio può produrre risultati positivi.

b)la parte centrale (vv7-14) è dominata dal discorso del messaggeroche parla quattro volte (disse..le disse…soggiunse..disse ancora) con ritmo incalzante sino a culminare, al versetto 11,nell’annuncio della nascita di Ismaele.

c)Questo annuncio inaugura una storia alternativa a quella di Abramo e Sara ma anch’essa è benedetta da Dio e si conclude (v.12) con una benedizione per colui che sarà esule e bandito. Una benedizione che sancisce che Ismaele vivrà altrove, fuori dalla terra promessa, e vivrà delle proprie risorse.

La presenza di Ismaele suscita due riflessioni. Se la si considera verticalmente, in rapporto a Dio, essa asserisce che Dio non si è legato esclusivamente ad Abramo e a Sara. La sua sollecitudine non è riservata solo alla progenie eletta. C’è sollecitudine e passione anche per quanti, al di fuori di quella stirpe, soffrono.

Visto orizzontalmente, invece, in riferimento alla vicenda di Abramo e Sara, Ismaele costituisce una tentazione, la tentazione di non credere alla promessa. Quello stesso bimbo che rivela la passione di Dio per il reietto, costituisce una minaccia di non poco conto per l’eletto.

Il racconto termina con un nulla di fatto. L’iniziativa di Sara (v 2) per aggirare la promessa ha provocato solo conflitti, ha messo a repentaglio la promessa.

2)Circoncisione e secondo discorso sull’alleanza. Gen17,1-14

Il capitolo 17 ci introduce in un universo lessicale e concettuale tutto diverso. Mentre il capitolo 16 possedeva tutta la vivacità di un aneddoto, il capitolo 17 è solenne, severo, simmetrico. Ma la tematica è sempre la stessa: la solenne dichiarazione della promessa a cui fa riscontro la schiacciante realtà della mancanza di un erede.

Segnaliamo quattro elementi di approfondimento esegetico:

a)la promessa ad Abramo viene qui formulata con maggior completezza e solennità infatti

è legata alla creazione giacchè il lessico è lo stesso (vv.6,20; Gen 1,28). Abramo è il frutto della nuova creazione, il latore di ciò che era previsto nella creazione. Egli è davvero la ”nuova creatura”

è una promessa regale (vv 6.16.) che senza dubbio connette Abramo alle stirpi davidiche

concerne la relazione fondamentale tra YHWH e Abramo, una relazione di appartenenza reciproca. La promessa infatti si conclude con le parole “Sarò il vostro Dio” (v8) e reciprocamente “voi sarete il mio popolo” (Es 6,2-7).

b)intimamente connesso alla promessa è il patto (vv.2-7). Il patto è la metafora fondamentale per comprendere il rapporto di Israele con Dio ed è questo a offrire a Israele il dono della speranza, la realtà di un’identità, la possibilità di un’appartenenza, la certezza di una vocazione.

Abram/Abraham

c)la parte centrale del testo (vv 10-14) tratta dellacirconcisione, segno e suggello della fede nella promessa e dell’entrata nel patto.

Le origini e lo scopo della circoncisione ( magia, preoccupazioni igieniche)non sono importanti e distraggono dal compito di leggerne le caratteristiche teologiche che possiamo riassumere in quattro punti:

– In quanto atto liturgico la circoncisione conferisce un importante significato concreto a un’asserzione teologica. Ciò che viene detto e pensato va anche tradotto in pratica, perché attraverso questo atto viene effettivamente sancita “un’appartenenza”. La fede biblica non è mai cerebrale. E’ sempre vissuta e agita. Appartenere a questa strana comunità e credere in una promessa scandalosa richiede un segno distintivo. La circoncisione dichiara che gli Israeliti appartengono unicamente a questa comunità, a questo Dio.

-la circoncisione funse in Israele da metafora di una fede autentica, seria, profonda. Infatti la tradizione parla di circoncisione del cuore, un’immagine che suggerisce la sottomissione di sé, della propria volontà al partner del patto.

-questi atti/simboli religiosi sono importantissimi per il rafforzamento della fede ma presentano un rischio: il simbolo può smarrire il suo significato teologico e assumere vita propria, diventando un vuoto formalismo o uno strumento di oppressione e di conformismo Ciò accadde appunto alla circoncisione che fu oggetto di controversie nella chiesa primitiva(S.Paolo).

-la tradizione della circoncisione è importante per i cristiani, perché illumina la prassi del battesimo, in quanto accesso a una nuova vita, inizio di una nuova fedeltà a una nuova comunità. Come la circoncisione anche il battesimo ha in sè il potenziale di essere sia un simbolo vitale della fede, sia un’alternativa negativa della fede.

d)Genesi 17 tratta dell’instaurarsi tra Abramo e Dio di un vincolo di fede radicale.

E tuttavia nei vv 17-18 Abramo mostra di non credere affatto alla promessa, ne ride in cuor suo e invoca semmai Dio per il figlio che ha già. Abramo il padre della fede, è qui nuovamente presentato come uomo senza fede, incapace di fidarsi e deciso a fare affidamento su un’alternativa alla promessa.

La defaillance di Abramo in questo punto della Genesi è paragonabile alla durezza del cuore dei discepoli, che non vogliono o non sanno credere alla promessa del Vangelo. In Marco 8,14-21 assistono alla miracolosa moltiplicazione dei pani. Eppure non comprendono. Sono incapaci di credere alle risorse di vita e di futuro presenti nella persona di Gesù. L’incapacità di capire non è questione di intelligenza ma di volontà. I discepoli non capiscono perché il loro cuore è indurito(6,52).

Il parallelo tra l’incomprensione dei discepoli e l’incredulità di Abramo nel nostro testo non è solo formale. Esiste anche una connessione sostanziale. In entrambe è presente la medesima crisi di fede.

3)L’apparizione di Mamre Gen 18,1-15

Il racconto qui è più vivace e narrativamente ricco di suspence.

Mettiamo in evidenza i significati più importanti:

a)il problema esegetico più importante riguarda l’identità del visitatore. Nella scena iniziale e in quella di commiato sono “tre uomini” ma nel v.1 e in 9-11 è il Signore. Non è necessario tentare di armonizzare le due versioni. La storia descrive semplicemente un’esperienza di rivelazione. E l’indeterminatezza accresce il mistero della fonte da cui tale rivelazione promana.

b)il racconto si divide in due parti. Nella prima il protagonista è Abramo (vv.1-8) che domina la scena con una serie di verbi attivi. Si crea un’atmosfera di concitazione che vuol suggerire che qualcosa di inatteso e particolarmente importante sta per accadere.

Nella seconda parte (vv.9-15) tutto cambia. Il ritmo rallenta per evidenziare solennità e pathos. L’iniziativa è passata al/ai visitatore/i. Abramo si limita ad ascoltare la buona novella che gli viene annunciata. Fulcro del racconto è l’annuncio della nascita (v 10) che rivoluziona  il mondo di Abramo e Sara.

Il racconto è costruito in modo da mostrare la tensione tra parola imperscrutabile di Dio e resistenza e dileggio di Abramo e Sara che dubitano della parola. Essi non sono proposti, qui, come modelli di fede, ma come modelli di incredulità. La promessa potente di Dio trascende di gran lunga la loro capacità di accoglierla.

c)la nostra interpretazione deve focalizzarsi sulla disarmante domanda del Signore(v14):”Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per Dio?” Perché questa confutazione viene espressa come una domanda? Certamente perché la buona novella esige una decisione. E questa decisione non può venire dall’alto. Deve venire da Abramo e Sara.

E’ la domanda che emerge ovunque nella Bibbia, la domanda fondamentale a cui ognuno di noi deve rispondere e la cui risposta determina ogni altra cosa.

Se si risponde “sì”, allora Dio non è ancora accettato come tale. Ancora non gli abbiamo concesso libertà radicale. Abbiamo scelto di vivere in un universo chiuso, in cui tutto è stabile, prevedibile, affidabile- e senza speranza.

Se in vece si risponde “no”, questa è una risposta che accetta la libertà di Dio a tal punto che il proprio io e il mondo sono affidati a Lui e a Lui soltanto. Una risposta che non va data alla leggera! Gen 18 auspica che risponderemo affidandoci pienamente a questo Dio di grazia, deponendo ogni nostra iniziativa per la nostra vita.

La buona novella di questo testo trascende il nostro orizzonte di riferimenti, infrange i parametri di ragione, saggezza, morale, buon senso. Sovverte i sistemi di valori accettati. E’ la più aspra critica alle nostre definizioni di realtà. L’accogliere questa dottrina radicale comporta una rottura con il passato, una discontinuità (passare da una sterilità ormai accettata a una fecondità donata dalla potenza di Dio!)

4) Sodoma e Gomorra Gen 18,16-32/ 19,1-29/ 19,30-38

Questa sezione contiene tre elementi distinti. Al centro vi è la storia di Sodoma e Gomorra (19,1-29). La precede una riflessione teologica di grande interesse(18,16-32). La segue un racconto concernente le figlie di Lot. Elementi unificanti sono la figura di Lot e i tre uomini/angeli.

Questi ultimi hanno due compiti. Uno è promettere un inizio. E questo lo fanno con Sara e Abramo. L’altro è decretare una fine (di Gomorra). Il terribile compito di Dio è determinare inizi e fini, un potere che soltanto Dio possiede. I tempi d’inizio e fine sono quelli in cui il mistero della vita si fa più urgente e porre quesiti teologici diventa un’esigenza imprescindibile.

Questo testo va interpretato con estrema cautela. Può infatti facilmente indurre a conclusioni di arido meccanicismo sulla realtà e l’operato di Dio. I pericoli più ovvi di un’interpretazione erronea riguardano:

_ la descrizione stilizzata e stereotipata della condanna e distruzione di Sodoma e Gomorra

_ le enumerazioni dei giusti che fin troppo facilmente si prestano a una riduzione dei disegni di giustizia di Dio ad aridi calcoli aritmetici

_ il peccato di Sodoma che nell’interpretazione popolare, e forse in 19,5, è l’omosessualità.

Se questi tre fattori si sommano e vengono interpretati secondo il sentire popolare, dal testo si ricaverà un insegnamento del tutto estraneo alle intenzioni della Bibbia.

Alcune brevi riflessioni

a)il racconto non si deve ritenere storico ma piuttosto simile a quelli di Caino e di Noè. Esso infatti è strutturato per mostrare il contrasto tra la fede di Abramo e la riottosità del genere umano. In quest’ottica (non storica ma teologica) sono da leggere la pioggia di fuoco e la statua di sale (visioni apocalittiche).

b)Negli ultimi decenni si è molto discusso sulla natura del peccato degli  u omini di Sodoma. Se si prescinde dal nome popolare di “sodomia”, derivato da Sodoma, il testo non fornisce molti elementi per determinare di che peccato si tratti. Anzi la Bibbia fornisce numerose prove che il peccato di Sodoma non era specifico e sessuale, ma generico: era cioè il disordine generale di una società che si oppone a Dio. Così in Is 1,10;3,9 si parla di ingiustizia; in Ger 23,14 d’una varietà di atti malvagi, corrotti e irresponsabili; in Ez16,49 il peccato è l’orgoglio, l’ozio indolente e l’abbondanza congiunta all’indifferenza verso i bisognosi. Gli studiosi dissentono sul “peccato di Sodoma” perché la Bibbia per prima non è unanime sul fatto che fosse l’omosessualità.

E’ probabile che il problema sessuale fosse solo un aspetto di un disordine più generico, ma non viene presentato in modo tale da poter risultare utile al dibattito odierno sull’omosessualità.

c)esiste un parallelismo tra la distruzione di Sodoma e il diluvio. L’ asserzione è che l’umanità (le due città) è stata disubbidiente a YHWH e quindi merita la distruzione.

I lettori sono inclini di solito a connettere il ruolo di Dio a compiti moralistici. Dio è cioè colui che punisce i peccatori. Del resto il capitolo 19 rispecchia una semplice dottrina retributiva secondo cui i “giusti prosperano e i malvagi soccombono”, dottrina espressa nella gran parte della letteratura sapienziale del mondo antico.

Per non fraintendere il significato di questo capitolo, non lo si deve estrapolare dal suo contesto; lo si deve leggere collegato con 18,16-32 che appunto ne confuta la visione aridamente retributiva. Infatti:

-Abramo pone a Dio (pur con tutta la debita deferenza) due interrogativi: ”Farai dunque perire l’innocente insieme col colpevole?” (18,23) “Il giudice di tutta la terra non farà forse giustizia?” (18,25). Abramo osa così esortare Dio a comportarsi da Dio e non in modo puerile e vendicativo. La sua argomentazione non fa leva su criteri morali, ma sulla santità di Dio e instaura un collegamento tra giustizia misericordiosa di Dio e santità di Dio.

– La possibilità proposta da Abramo è forse troppo radicale. Essa viene suggerita e poi lasciata radicare nel cuore di Dio. Permane una dialettica tra affermazione innovativa (18,23-33) e tradizione antica (19,1-28). Nella prima viene affermato il principio di una nuova giustizia, nella seconda invece sembra che l’essenziale sia solo salvare gli innocenti (Lot e famiglia) senza curarsi dei colpevoli! 18,23-33 è depositario di una teologia più difficile e intellettualmente esigente, che si contrappone al diffuso moralismo per cui ognuno ha ciò che si merita. E’ la buona novella di 18,23-33 e non il moralismo convenzionale di 19,1-28 a preludere a Gesù di Nazareth.

“Poiché vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5,20)

“Avete inteso che fu detto: amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori (..) infatti se amate solo quelli che vi amano che merito ne avete?” (Mt 5 ,43-46)

Questa è infatti la nuova giustizia di Dio, che egli ama i propri nemici e trionfa sull’inimicizia.

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