mercoledì, Aprile 24, 2024

Messa sulla Rai, dieci ragioni per dire basta

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Può sembrare un argomento minoritario, specie in questi giorni di allestimenti di presepi e canti natalizi. Una crociata ideologica inutile della solita mangiapreti anticlericale di turno (che non sono), che vuole distruggere le nostre belle tradizioni e si occupa di cose che non fanno male a nessuno invece che dei problemi reali. Invece no.

 

Qualche giorno fa ero in macchina, era domenica mattina e ho acceso la Radio. A differenza della televisione, che non vedo da anni, se non qualche volta in streaming, ogni tanto mi capita di sentire programmi radiofonici. Ho fatto un balzo sul sedile: stavano trasmettendo la Messa in diretta. Sulla radio come, allo stesso modo, su Rai Uno (lo fanno da anni, lo so). Ho avuto una sensazione di enorme disagio, e mi sono chiesta come fosse possibile che un servizio pubblico, pagato da tutti, potesse trasmettere in diretta una celebrazione di una religione specifica, sia pure maggioritaria. Può un servizio pubblico essere apertamente confessionale? Mi pare che la risposta sia no. E le motivazioni sono tante, come proverò ad evidenziare rispondendo ad ipotetiche accuse che mi sono state rivolte sia di persona che sui social media.
1. La Rai fa trasmissioni trash, orrende. Meglio dunque la Messa che l’Isola dei Famosi. Questa è chiaramente un’argomentazione che non regge. Che la Rai faccia trasmissioni trash è sicuro, ma questo non giustifica che il servizio pubblico sia confessionale. Non ci dovrebbe essere né L’Isola dei famosi né la Messa.

2. È come per lo sport: agli italiani piace il calcio, perciò si trasmette soprattutto il calcio. Il paragone regge e non regge. Non regge, perché la religione è cosa più seria dello sport, e la violazione del pluralismo religioso è ben più grave di quello sportivo. Regge, ma ancora una volta non giustifica la Messa in tv, anzi è un argomento contro. Infatti io ritengo la trasmissione del calcio a tutte le ore una palese violazione del pluralismo sportivo, qualcosa di gravissimo che ci viene imposto, come se tutta la popolazione italiana amasse il calcio. E gli altri sport? Perché non si dà loro spazio? Forse cominceremmo ad amarli e praticarli, se solo potessimo conoscerli. Imporci il calcio in maniera massiccia per me è una violenza di cui nessuno parla. 

3. La maggioranza degli italiani è cattolica, quindi è giusto trasmettere la Messa. Che la maggioranza degli italiani sia cattolica praticante andrebbe dimostrato, invece che essere assunto come luogo comune. Comunque di nuovo, questa non un’obiezione. Il servizio pubblico deve rappresentare tutti, non solo una parte della popolazione. E soprattutto non può essere un servizio pubblico confessionale e di una sola religione, per di più. E gli ebrei? I buddisti? Gli islamici? Perché loro no?

4. I poveri anziani che non camminano possono solo così ascoltare la Messa. Tutti quelli che mi hanno fatto questa obiezione sembrano dimenticare non solo che esistono anziani malati che sono di altre religioni, e di quelli pare che la Rai se ne freghi, ma soprattutto che esistono dei media cattolici fatti apposta per chi vuole seguire la Messa, da Radio Vaticana a Radio Maria alle numerose tv cattoliche. Basta semplicemente spostarsi lì.

5. Ma ci sono anche altre trasmissioni su altre religioni. Sono andata a cercarle sulla Rai, esiste qualcosa qua e là, ma sono messi nel palinsesto ad orari impossibili, quasi sempre intorno alla mezzanotte. Di che parliamo, dunque? Un conto è trasmettere la Messa alle undici di domenica, un conto è parlare degli ebrei a notte inoltrata. Non solo: c’è una differenza abissale tra trasmettere una celebrazione e parlare di una religione, la stessa che esiste tra avere due ore di educazione cattolica obbligatoria con docenti scelti dal Vaticano ma pagati dello Stato e avere un’ora con un laico in cui si parli di tutte le religioni. Il servizio pubblico dovrebbe fare approfondimenti religiosi, non essere confessionale, trasmettendo in diretta celebrazioni. È così evidente.

6. Anche i partiti occupano la Rai ingiustamente. Vedi primo argomento: fuori i partiti dalla Rai e fuori la Messa.

7. Ma lo Stato ha firmato i Patti Lateranensi e la Rai è dello Stato. Questa è l’argomentazione più buffa che mi sia capitato di sentire. Come se, poiché abbiamo firmato i Patti Laternanensi, tutto ciò che è pubblico debba essere confessionale. Con tutta evidenza non è così. E comunque sarebbe ora di rivederli, quei Patti. L’ultimo che ne ebbe il coraggio fu Bettino Craxi. 

8. Puoi cambiare canale. Questa obiezione ha dell’incredibile. Insomma, di fronte a una violazione palese di quello che dovrebbe essere servizio pubblico – ma in quali altri paesi trasmettono la Messa? – la soluzione sarebbe cambiale canale, anche se io pago il canone come tutti? Da notare, tra l’altro, che la Rai viene trasmessa anche su Mediaset cioè noi abbiamo una tv pubblica confessionale e una tv privata confessionale. Ad ogni modo, è più coerente che vada su Rete4 che sulla Rai.
 
9. Non pagare il canone. Non posso, è una tassa obbligatoria ora persino messa in bolletta.
 
10. Ma insomma perché non ti occupi di cose importanti, che in fondo la Messa porta valori positivi? Non dubito che la Messa abbia messaggi positivi. Non dubito, come ho scritto, che sia meglio una celebrazione che parla di amore e pace piuttosto che la feccia di tanti programmi Rai (peraltro, io sono per la chiusura di due reti e la creazione di un unico canale senza pubblicità, basta con la storia dello stare al pari della concorrenza, serve solo a giustificare centinaia di stipendi, la Rai perderà sempre e comunque non è suo compito). Ma ritengo assurdo come abbiamo potuto dimenticare cosa significhi uno spazio pubblico laico, plurale, aconfessionale. Sembra mancarci l’abc, visto che il confessionale ci pare naturale, persino su una cosa che, appunto, si chiama servizio pubblico e viene pagata da tutti. Tutto ciò ci dà il segno di quanto siamo tornati indietro. E non si tratta di fare una battaglia anticlericale d’antan, no, si tratta semplicemente di rivendicare un pluralismo essenziale, specialmente in ciò che è pubblico. Sono certa che persino papa Francesco sarebbe d’accordo.

(Elisabetta Ambrosi, Il Fatto Quotidiano, 09 dicembre 2017)

 

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