giovedì, Maggio 2, 2024

Lectio Biblica: La Genesi (incontro del 23 ottobre 2017)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

 CAINO E ABELE (Gen 4,1-16)

Testi liberamente tratti da :

-Brueggemann W., Genesi, Torino, Claudiana, 2002;

ANALISI DEL TESTO

Il testo di Gen 4,1-16 affronta un eterno problema dell’esistenza: i rapporti umani.

Il testo prende le mosse da una situazione di pacifica vita famigliare (“Adamo si unì ad Eva sua moglie la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore!»” Gen 4,1) e si chiude su una irrisolta alienazione (“Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden” Gen4,16). 

Questo racconto è il primo a trattare di una lotta che ricorrerà spesso nella Bibbia, la lotta con la realtà del “fratello“ (sorella e più genericamente “il prossimo”) come componente dolorosa ma cruciale del destino umano; prelude al rapporto tra Giacobbe ed Esaù e tra Giuseppe e i suoi fratelli.

Questo racconto ci è così famigliare che dobbiamo badare bene a non banalizzarlo. Il mondo sa che l’assassinio di un fratello è un atto scandaloso, inaccettabile. Non c’è bisogno che sia la Bibbia a dircelo. Per questo non dobbiamo leggere il racconto trattandolo secondo i parametri dell’ etica, dandone un’interpretazione moraleggiante.

L’assassinio qui è trattato concisamente. Ciò che interessa il narratore (e noi) è il destino dell’assassino, un destino posto sotto il segno inquietante di un rapporto disarmonico con Dio. E questo rapporto è disarmonico perché un fratello ha fatto violenza a un fratello.

v.1-2

Essi forniscono semplicemente l’ambientazione. Significativo è che Caino sia il primogenito. Come vedremo in seguito per Isacco e Ismaele o Giacobbe ed Esaù il primogenito non ha mai vita facile nella Genesi. Il Narratore però ci prepara a una situazione in cui il dominatore dovrebbe essere Caino.

I nomi stessi sono suggestivi: “Caino” deriva da qanah (קַיִן) che significa “acquistare” e viene imposto per rendere grazia a Dio. Caino è benvoluto e la sua nascita accolta con favore. In quanto primogenito egli personifica le possibilità future.

Il nome di “Abele” deriva da hevel (הָבֶל) significa “vapore/nulla” senza possibilità di sopravvivenza (nello stesso Quoèlet hevel è vanità!). Quindi il suo destino pare scritto nel suo nome.

v.3-5

Essi ambientano il racconto e ne definiscono la trama. Entrambi i fratelli adorano YHWH. Entrambi offrono ciò che hanno di migliore. Non vi sono motivi apparenti perché Dio debba discriminare o preferire l’uno all’altro. Non vi è traccia di rivalità.

Il problema sorge non per colpa di Caino ma in seguito al contegno misterioso di YHWH. Anche noi come il Narratore non dobbiamo cercare di spiegarlo (Infatti nel tempo molte interpretazioni sono state tutte volte a giustificare la scelta di Dio: i pastori sono migliori dei coltivatori, Caino era un violento e soffriva la vicinanza del fratello pastore/sognatore, Caino offrì i frutti peggiori, Abele il meglio del suo gregge…). Di fatto tutto ciò non si evince dal testo.

Il ripudio di Caino non è motivato: è una necessaria premessa al racconto. Si comprende solo che la vita è ingiusta e Dio è libero nelle sue scelte. 

Anche le nostre vite sono piene di disarmonie, tensioni e ombre. E anche noi siamo costretti o ad attribuire questo fenomeno a Dio, come fa questo racconto, o a trovare una spiegazione alternativa. In entrambi i casi siamo abbattuti, veniamo colti dallo sconforto e reagiamo o con impulsi violenti o con una profonda depressione.

v.6

Entriamo nel pieno dell’azione. YHWH fa un discorso a Caino ed emergono due domande (“perché sei irritato? E perchè è abbattuto il tuo volto?”) e due proposizioni introdotte da “se” (“Se agisci bene…se non agisci bene…”).

Con il suo rifiuto di Caino, apparentemente dettato dal capriccio, YHWH ha suscitato/creato una crisi. La sottopone a Caino e insiste perché la risolva.

La prima alternativa, ovvero “agire bene”,è molto istruttiva. Lascia intendere che anche un uomo nato dopo la cacciata dall’Eden può agire bene non è “caduto”. Può scegliere di agire per il bene. È ancora un uomo libero, capace di condurre una vita improntata alla fedeltà.

La seconda alternativa “ma se non agisci bene” può essere suddivisa in tre parti:

a)Il peccato sta accovacciato come una belva pronta a balzare sulla preda. Il peccato non è una violazione delle regole!!! È piuttosto una pulsione aggressiva sempre in agguato, pronta a tendere un’imboscata a Caino.Il peccato è più forte di Caino e assume vita propria. Il peccato è letale. Di tutte le creature di Dio, solo gli esseri umani devono difendersi da se stessi. Un pericolo incombe sulla vita di Caino: tutto sta nel come egli saprà gestire la propria collera.

b)Il peccato ha desiderio di Caino. Questo desiderio non è un normale desiderio umano. È il lato oscuro della vita soggetta a perversione. Nel mondo di Caino c’è una smania animalesca di distruzione che distruggerà sia la vittima che l’assassino. Sigmund Freud fu forse il primo a darle un nome, definendola id/es. Ma non fu il primo a intuirne l’esistenza. Questo Narratore conosce già a fondo il potere del peccato, sa già che il peccato con-duce, anche alla morte. La metafora dell’animale in agguato ci mette in guardia: possiamo essere ghermiti e straziati da questo potere all’opera nelle nostre vite!

c)YHWH minaccia e provoca ma poi c’è questa rassicurazione straordinariamente positiva: la belva può essere dominata.

John Steinbeck ha costruito l’intera trama del suo La valle dell’Eden (East of Eden) intorno a questa frase “You may rule” (Tu lo dominerai! dall’ebraico timshel תמשל). Steinbeck ha capito che molto dipende da questa strana frase rivolta a Caino (“Tu lo dominerai ,tu puoi dominarlo, tu dominalo!” a seconda delle varie traduzioni!). Essa è nel primo caso una promessa, nel secondo un invito, nel terzo una sfida. Le diverse traduzioni testimoniano dell’ambiguità di questa forma verbale. Ma comunque la si interpreti, il rapporto tra Caino e il potere distruttivo all’opera su di lui è stato ridefinito. Infatti qui Dionon si presenta come un nemico, ma certo neppure come un amico o un difensore, in ultima analisi lascia che tutto “stia a noi”. Infatti il tema profondo del racconto è la responsabilità.

v.8

La scelta di Caino è trattata concisamente. Il peccato che stava spiandolo l’ha avuta vinta. Caino non ha dominato è stato dominato.

v.9-16

Il resto del racconto è un processo che dovrebbe concludersi con la condanna a morte. Esso ha evidenti paralleli col processo avvenuto nell’Eden: un’inchiesta(v.9-10), la sentenza (v.11-12), la cacciata (v.16). L’elemento cruciale è il dialogo tra il giudice e il trasgressore (v.13-15). Il verdetto stabilisce che il trasgressore sarà un fuggiasco condannato a coltivare una terra sterile. Ma Caino chiede pietà, teme di essere ucciso, non ha risorse deve affidarsi alla misericordia del suo creatore. E quale misericordia riceve? Un marchio, che è al tempo stesso segno di colpa e di grazia. Da un lato infatti rivela la colpa di Caino, ma dall’altro, lo contrassegna come colui che è sotto la protezione di Dio. In questo modo così semplice il racconto esprime la duplicità della vita umana, sempre sul punto di trasgredire e tuttavia protetta e custodita. Riconoscimento della colpa e realtà della grazia coincidono in questo modo di esporre la vicenda.

La colpa riceve una condanna, ma il colpevole riceve una grazia sorprendente e immotivata.

La trasgressione, pur se non punita con la morte, comunque si ripercuote sul futuro. Caino aveva l’opportunità di accettare un fratello che gli era stato preferito. Ma ha ceduto all’impulso di fare il male, al peccato che stava in agguato. Ha deciso il proprio destino futuro. Sarà protetto, ma bandito dai luoghi natii, senza speranza di farvi ritorno.

ULTERIORI RIFLESSIONI SULLA TEMATICA DEL “FRATELLO”

Il racconto non ha intenti didascalico-morali. Ci consente invece di riflettere sulla situazione enigmatica in cui siamo posti. Ognuno di noi, volente o nolente, è stretto tra un fratello/sorella con cui compete e un Dio che si comporta nei suoi confronti in modo apparentemente arbitrario (quante volte ci chiediamo “Ma Dio che fa? Dov’è? Che vuole da me?”).Non si tratta solo del problema del fratello, perché quello Caino l’avrebbe risolto molto in fretta (uccidendolo!). Né si tratta soltanto del problema di Dio. Sono il fratello e Dio insieme a creare il conflitto a Caino, a determinarne il destino. Se separiamo la “drammaticità della condizione umana” dal problema di Dio, allora le cose diventano sopportabili (non entriamo in crisi). Ma questo racconto sostiene che i due problemi convergono e non possono essere separati. Il racconto fa scoprire a Caino che la vita con il fratello non si vive in un “vuoto”, ma nell’ambito del rapporto con Dio.

Israelevive nella speranza della pacifica convivenza tra fratelli:

“Ecco quanto è buono e piacevole

Che i fratelli vivano insieme!

E’ come l’olio profumato che, sparso sul capo,

scende sulla barba,

sulla barba di Aronne

è come rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion (…)” (Sal 133)

Il salmo afferma che non siamo condannati alla disunione e all’alienazione. C’è un’alternativa ed è quella a cui allude il v.7 del nostro testo (“tu puoi dominarlo!”). La nostra esperienza oscilla tra la promessa del salmo e la truce realtà di Gen 4. Israele conosce a fondo il dolore che i fratelli possono causarsi l’un l’altro (2Sam 14,6-7).

Anche nel Nuovo Testamentoritroviamo il contrasto tra il fratello e Dio. Pensiamo alla parabola del figliol prodigo Lc 15,11-32. Anche qui due figli, due fratelli. Il maggiore non è, a dire il vero, un assassino. Ma prova gli stessi sentimenti. Ha sete di sangue. E il padre lo sa! Come Caino il fratello maggiore è “nei campi”, distante da casa, lontano dal padre, privo di protezione. Anche per quel fratello il peccato era in agguato, bramoso . La storia di Gen 4 si ripete. Solo il padre si comporta diversamente. Ma il fratello maggiore resta comunque emarginato e in crisi.

La terribilità di avere un fratello e dell’essere un fratello è esplicita nell’insegnamento di Gesù in Mt 5,21-26. Egli ribadisce la proibizione “Non uccidere”. L’omicidio commesso dal fratello viola il comandamento di Dio. Ma Gesù radicalizza la proibizione e si avvicina molto al nostro racconto. Anche solo la collera basta per essere sottoposti al tribunale. La condanna è chiara “Chi avrà insultato…e chi avrà detto”. Quella collera affiora anche davanti all’altare. Nel momento in cui ci presentiamo al cospetto del Signore della vita, umori letali scorrono nel nostro corpo.

Come per Caino, così in Mt 5: al momento del sacrificio religioso, Gesù richiama la nostra attenzione sul fratello. Dobbiamo distoglierci dalle cose di Dio per sistemare prima le pendenze in sospeso con il fratello. Finché ciò non accadrà, ci toccherà pagare fino all’ultimo centesimo v.26. Caino pagò fino all’ultimo centesimo. Pagò e pagò. Le nostre vite sono gravate e pagano fino all’ultimo centesimo.

La sola , l’unica alternativa è lariconciliazione. Questo è senz’altro il significato di Gen 4,7 (“Se agisci bene”). Se ti volgi verso tuo fratello e ti riconcili con lui Mt 5,24…Ma Caino scelse di agire male. Uccise. La sua vita ne rimase per sempre turbata.

L’estraniamento tra fratelli è ormai un fatto che ci sembra normale, consueto, di routine. Lo accettiamo, ci siamo convinti che sia il nostro ”fato”. E il mondo vuole che le cose restino così. Il mondo odia chi fa altrimenti . Ma questo estraniamento ormai abituale, nel Vangelo diventa questione ultima, quella in cui ne va della vita o della morte. Tramite l’associazione dell’amore fraterno alla resurrezione (“Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli” 1Giov3,14), e dell’odio per il fratello alla morte (“Chi non ama rimane nella morte” 1Giov 3,14), il problema del fratello è reso problema teologico per eccellenza. Il problema del fratello viene così sottratto alla banalizzazione e la questione della resurrezione viene sottratta all’irrealtà.

Il Vangelo è chiaro: il dono della nuova vita è legato al fratello. E’ un mistero che il dono della nuova vita sia così a portata di mano, presente nel prossimo. Così a portata di mano, ma così respinto. Noi non ci disponiamo facilmente ad accettare questo mistero. È forse per questo che il peccato ci spia con tanta cupidigia.

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