venerdì, Novembre 22, 2024

La Chiesa irlandese è screditata e a Roma sono in lutto

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
 
«Non c’è nessuna vittoria da cantare e tanto meno da gioire, tutto ciò che in qualche modo facilita il lavoro sporco della morte non ci rende particolarmente lieti».
È dura la reazione del Vaticano al risultato del referendum che legalizza l’aborto in Irlanda. Viene affidata a monsignor Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, che rilascia una dichiarazione a Vatican News, il portale di informazione della Santa sede.
L’esito del voto irlandese «ci deve spingere ancora di più non solo a difendere la vita, ma a promuoverla e accompagnarla, creando le condizioni perché non si avverino, non avvengano decisioni drammatiche, perché è sempre un dramma quando si decide di interrompere una vita», prosegue Paglia, secondo cui «c’è nell’aria un atteggiamento di individualismo che oscura e spinge a dimenticare i diritti di tutti, compreso quello di chi deve nascere»
Invece «è indispensabile affermare i diritti di ciascuno, soprattutto dei più deboli, assieme al dovere di accompagnare, di sostenere, senza abbandonare mai nessuno. È una cultura che va promossa contro un iper-individualismo che porta a considerare solo il benessere individuale».

La Santa sede è intervenuta anche con monsignor Jurkovič, osservatore vaticano presso l’Onu alla 71.ma assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità in corso a Ginevra e dedicata all’esame della strategia globale per la salute di donne, bambini e adolescenti.
Nessun riferimento al referendum irlandese, ma le parole di Jurkovič sono state chiare: «La Santa Sede si oppone fermamente a qualsiasi sforzo delle Nazioni Unite o delle sue agenzie specializzate teso a promuovere legislazioni nazionali che permettano di uccidere la vita del nascituro», ha detto il rappresentante vaticano all’Onu, ribadendo che «la Santa Sede non considera l’aborto» una misura «per la salute riproduttiva» e anzi ritiene «contraddittorio l’aborto sicuro: è un mezzo per “proteggere” i diritti umani di donne e bambini quando di fatto esso nega al nascituro il diritto più fondamentale, quello alla vita».
L’intervento di Jurkovič è riportato dall’Osservatore Romano di oggi, all’interno di una scarna notizia che dà conto del risultato del referendum irlandese, e quindi può essere considerata la posizione ufficiale di Oltretevere.
Profilo più basso, invece, da parte dei vescovi irlandesi, dopo che a marzo la stessa Conferenza episcopale aveva dichiarato di ritenere inopportuno il sostegno al referendum. 
Ovviamente hanno fatto campagna elettorale per il no fino al giorno prima del referendum, quando monsignor Martin, arcivescovo di Armagh e primate di Irlanda, ha invitato i fedeli a «scegliere la vita» (unica eccezione il vescovo di Limerick, monsignor Kearon, che ha annunciato di votare per abrogare l’ottavo emendamento della Costituzione, sebbene approvi l’aborto solo in casi gravi come stupro, incesto o pericolo di morte per la donna). Ma senza i toni da crociata del passato, utilizzati invece dalle organizzazioni pro-life.
Del resto in Irlanda la Chiesa cattolica appare piuttosto screditata per i numerosi scandali di pedofilia ed è reduce da due sconfitte nell’ultimo ventennio: i referendum che hanno approvato il divorzio nel 1995 (di stretta misura) e il matrimonio omosessuale nel 2015 (62% di sì). E ora l’aborto, con una percentuale di favorevoli ancora più alta. Segno che la secolarizzazione avanza a grandi passi anche nella (ex) cattolicissima Irlanda, dove ad agosto è atteso papa Francesco per l’incontro mondiale delle famiglie.
(Luca Kocci, il manifesto, 27 maggio 2018)

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