La maggior parte delle persone che arrivano in Europa per chiedere protezione non lo fa sui barconi, ma attraversa le frontiere in automobile, in treno o in aereo utilizzando un visto turistico. Questo spiega perché il numero di domande di protezione internazionale presentate in Italia sia molto più alto del numero degli sbarchi registrati dal Viminale.
E spiega anche perché in Francia, Germania e altri paesi nord-europei i richiedenti asilo siano di più che in Italia. Nella classifica per numero di domande ricevute, espressa in percentuale rispetto alla popolazione, il nostro Paese è al sedicesimo posto. I fondi dell’Unione europea per le migrazioni sono dunque distribuiti tra tutti gli Stati membri, anche se l’Italia ne é il maggior beneficiario.
Sotto la voce asilo, migrazione, integrazione e sicurezza interna l’Unione ha distribuito negli ultimi cinque anni 8 miliardi e 300 milioni di euro. All’Italia sono andati 930 milioni, che sono serviti a pagare anche gli straordinari dei poliziotti, l’equipaggiamento della guardia costiera e lo stipendio di traduttori e mediatori culturali.
Altri ingenti stanziamenti sono andati fuori dai confini europei. 6 miliardi in Turchia, che ospita tre milioni di rifugiati. 4 miliardi in Africa per programmi che hanno coinvolto cinque milioni di persone. 1 miliardo e 600 milioni per progetti di assistenza in Giordania, Libano e Iraq.
Nei prossimi anni i fondi distribuiti dalla Commissione europea per aiutare gli Stati nella gestione delle politiche migratorie aumenteranno a 35 miliardi.
Poco rispetto a ciò di cui ci sarebbe bisogno, troppo per dire che l’Europa non sta facendo niente.