mercoledì, Dicembre 18, 2024

Che guai per Biden: il 55% contrario alle armi a Kiev

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

L’umore degli americani sta cambiando e – rileva la Cnn con un sondaggio – il 55% dell’elettorato è contrario al via libera del Congresso per ulteriori finanziamenti all’Ucraina. Considerando che il presidente Joe Biden ha appena chiesto altri 13 miliardi in armamenti e otto in aiuti economici per Kiev lo sprint verso le elezioni del novembre 2024 diventa un campo minato per l’attuale inquilino della Casa Bianca. Anche perché, quello che quasi sicuramente sarà il suo sfidante per i repubblicani, cioè Donald Trump, non fa altro che chiedere di “smettere di regalare così tanto, non abbiamo più munizioni per noi stessi perché stiamo regalando troppo” annunciando che appena rimetterà piede nello Studio Ovale porrà “fine alla guerra in Ucraina in 24 ore”.

E il partito, il Gop, al Congresso sta cominciando ad ascoltare Trump, perché il 71% del loro elettorato è dalla parte dell’ex presidente nell’opporsi a nuovi invii di armi e aiuti economici a Zelensky. Ma anche l’82% degli elettori democratici si dice preoccupato che la guerra nell’est europeo possa continuare ancora troppo a lungo. Soltanto un anno fa gli americani sulla stessa linea del presidente Biden erano dati dai sondaggi al 62%.

COME se non bastasse, a minare la base elettorale di Biden, si aggiungono le accuse di soccorsi partiti in ritardo per la tragedia in corso alle Hawaii assediate e devastate dal fuoco con decine di morti già accertati, ieri in serata il drammatico bilancio toccava quota ottanta vittime. È una deputata democratica, Jill Tokuda, ad accusare senza mezzi termini le istituzioni statuali e nazionali: “Hanno sottovalutato la letalità, la rapidità del fuoco e non sono riusciti a pianificare le evacuazioni. Non è che i venti della forza degli uragani siano sconosciuti alle Hawaii, o la boscaglia secca, o le condizioni della bandiera rossa. L’abbiamo già visto con l’uragano Lane, ma non abbiamo imparato la nostra lezione da Lane: che gli incendi potrebbero scoppiare a causa dei venti di uragano agitati sotto di noi a sud. Dobbiamo assicurarci di fare meglio”. Intanto la Fema, l’agenzia federale per la protezione civile, stima che saranno necessari 5,5 miliardi di dollari per la ricostruzione a Maui: oltre 2.200 immobili sono stati danneggiati o distrutti, insieme a 2.170 acri di terreno. La procuratrice generale delle Hawaii, Anne Lopez, ha dichiarato che il suo ufficio esaminerà il processo decisionale e le politiche in vigore per i soccorsi partiti troppo in ritardo nonostante ripetuti allarmi della cittadinanza: “Il mio Dipartimento è impegnato a comprendere le decisioni prese prima e durante gli incendi”.

Ma quella che potrebbe diventare la vera arma “fine di mondo” dei repubblicani, in realtà, è l’inchiesta giudiziaria nei confronti di Hunter Biden, il figlio del presidente. Mentre Trump è bersagliato dalle incriminazioni (tre sicure e una quarta in arrivo), ma con un elettorato repubblicano più propenso a digerirle di quello democratico, è fallito il tentativo di patteggiamento per Hunter Biden, processo quasi sicuro: il procuratore generale Merrick Garland ha nominato un consigliere speciale per continuare l’indagine sulle accuse fiscali che per ora non si sono allargate direttamente al presidente.

L’unica freccia nell’arco di Biden per restare in sella, nonostante gli 82 anni da compiere proprio nel novembre 2024, pare essere quella di sbandierare una buona stabilità economica per la classe media, sempre che l’avversione per le spese pro Ucraina e la mancanza di reattività nella tragedia delle Hawaii non siano solo l’inizio di una inversione di tendenza.

G. CAL., Il Fatto Quotidiano, 13 agosto

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