giovedì, Dicembre 12, 2024

Il mondo italocubano di Calvino nel docufilm “Cartas de Calvino” (Maddalena Celano)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Nel suggestivo contesto della XII Edizione del Festival del Cinema Iberoamericano, presso la Casa del Cinema di Roma, è stato presentato il docufilm Cartas de Calvino. Girato tra Roma, Sanremo e L’avana, il docufilm è un ponte simbolico tra le geografie e le culture che hanno segnato la vita e l’opera di Italo Calvino. Prodotto da Cubavisión Internacional ed Ecce Musica, il film intreccia testimonianze, ricostruzioni e una colonna sonora emozionante.

Cartas de Calvino

Il docufilm traccia il rapporto di Calvino con Cuba: eredità, memoria e letteratura. La vita di Calvino riflette un dialogo costante tra due mondi. Nato a Santiago de Las Vegas, Cuba, il 15 ottobre 1923, trascorse i primi anni in un paese che avrebbe lasciato una traccia profonda nella sua immaginazione.

La famiglia, trasferitasi in Italia quando Calvino aveva solo due anni, lo portò a Sanremo, dove il padre, agronomo, e la madre, botanica, l lavoravano nel giardino botanico sperimentale di Villa Meridiana.

Il legame con Cuba, però, non si spezzò mai del tutto. Le sue origini cubane tornarono in filigrana nella sua scrittura, nel suo senso di appartenenza e nel fascino per l’ibridazione culturale, temi centrali che Cartas de Calvino esplora. Il giardino botanico di Sanremo non era solo un luogo fisico per Calvino, ma uno spazio simbolico che permeò il suo immaginario letterario.

La natura, scientificamente osservata dai suoi genitori, si trasformò in un teatro di storie e metafore nella sua scrittura. La regista Esther Barroso Sosa ha dichiarato che, nella ricostruzione della relazione tra Calvino e i genitori, il giardino diventa quasi un personaggio del film: un luogo di radici, crescita ed esperienza.

La connessione con Cuba è il messaggio universale del film: Cuba come metafora del viaggio esistenziale attraverso una meta “esotica” (nel senso etimologico del termine) che diventa, però, nel tempo, sempre più familiare.

Cartas de Calvino esplora non solo i luoghi fisici associati allo scrittore, ma anche i legami profondi che Calvino aveva con Cuba, sia attraverso le sue radici familiari, che attraverso i suoi interessi intellettuali.

Il padre di Italo, Mario Calvino, agronomo e botanico di fama internazionale, trascorse alcuni anni a Cuba dove studiò e promosse la coltivazione della canna da zucchero. La madre, Eva Mameli, fu una botanica di spicco, tra le prime donne italiane a conseguire una laurea in scienze naturali, e condivise con il marito la passione per le piante tropicali, includendo tra le loro attività lo studio della flora cubana.

Il docufilm si sviluppa lungo un filo conduttore che collega queste tre città chiave della vita di Calvino: Sanremo, dove trascorse l’infanzia e sviluppò il suo amore per la natura; Roma, dove si formò come scrittore e intellettuale; e L’Avana, evocata attraverso il retaggio paterno e l’immaginario esotico che permeò la sua opera.

Sanremo, con il suo giardino tropicale, rappresenta per Calvino un luogo di riflessione e scoperta. L’Avana, invece, simboleggiava la radice di un’identità ibrida, italo-cubana, che lo scrittore esplorò in modo indiretto, ma significativo, nei suoi scritti. Roma, infine, divenne il punto di sintesi, dove il Calvino adulto consolidò la sua visione del mondo.

Un messaggio universale: la memoria come ponte culturale

Cartas de Calvino si distingue per la sua capacità di tessere una narrazione che trascende il tempo e lo spazio, invitando il pubblico a riflettere sul significato della memoria, dell’identità e delle connessioni culturali.

Attraverso le lettere e i frammenti della vita dello scrittore, il film porta alla luce il suo profondo interesse per i temi universali della condizione umana, offrendo una visione intima e autentica di un Italo Calvino meno esplorato.

La regista Esther Barroso Sosa, con la sua sensibilità artistica e storica, riesce a far dialogare passato e presente, realtà e finzione, con una delicatezza che rende il documentario accessibile a un pubblico vasto e diversificato.

Il contributo di Monica Marziota, sia come attrice che come compositrice della colonna sonora, aggiunge un livello di profondità emotiva alla pellicola, rendendo l’esperienza cinematografica toccante ed intensa.

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Maddalena Celano

25 Novembre 2024

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