Tutti parliamo della stessa cosa: della nuova normalità, di un’uscita dalla pandemia in direzione di qualcosa di diverso, di un’altra maniera di relazionarsi, di un’altra governance. C’è pure chi, in ambito cristiano, e con una immensa passione per il Regno di Dio, propone un reinizio o una conversione del cristianesimo e della Chiesa a partire dai poveri e dal Vangelo (Cuadernos Cristianismo y Justicia, nº 218).
Nel contributo “¿Ser cristiano en Europa?” di Víctor Codina, dopo un’acuta descrizione della situazione religiosa e cristiana, ci viene proposta una “reiniziazione” al Mistero pasquale, che, in termini antichi, viene chiamata “mistagogia” o iniziazione religiosa. In maniera assai dettagliata si riprendono i punti centrali dei “catechismi” del Vaticano II e della Teologia della Liberazione alla luce del magistero di papa Francesco. E più concretamente si considerano gli Esercizi Spirituali rinnovati come lo strumento appropriato per questa riconversione. Esercizi anche paragonati all’attuale confinamento per la loro comune capacità di esprimere una meditazione sul male.
Cito questo contributo per la chiarezza con cui si espone il cambiamento registrato nel cristianesimo secondo la teologia attuale del nuovo “aggiornamento”, che a mio giudizio non risponde più alle caratteristiche delle nostre società così come le descrive Codina. In base alla mia opinione, manca un quarto “catechismo”, per riprendere il termine usato dall’autore per esprimere i nuovi modelli cristiani: quello che deriva dai modi recenti di intendere la conoscenza e la fede, di interpretare il significato della Bibbia, del pluralismo, della disuguaglianza, della sfida tecnologica, ecc. Il nuovo inizio che propone è un cambiamento interno al vecchio computer. E quello di cui vi è necessità è cambiare il computer stesso, il suo hard disk che gira a vuoto, è pieno di virus e non consente nuove applicazioni.
Non è questo il momento di una lunga esposizione: si possono consultare già molte fonti in cui si presenta un approccio più completo, come ad esempio i riferimenti e la bibliografia offerti dai Servicios Koinonía. E senza voler portare acqua al mio mulino, ci sono anche altri esperti che, al di là di ogni sospetto di rottura o di carenze accademiche, propongono un nuovo Concilio per riformare radicalmente il cristianesimo.
Mi sembra che la società attuale non voglia altri Esercizi spirituali, ancor meno centrati sul Mistero pasquale.
Da nessuna parte trovo che Gesù di Nazaret sia passato facendo il bene mediante la catechesi del Mistero della Salvezza ma piuttosto, in tutta semplicità, attraverso l’amore totalmente disinteressato e la giustizia a partire dai poveri. Quello che effettivamente lo ha condotto sulla Croce. Un modo d’essere fortemente critico nei riguardi della dominazione e dell’ebraismo e che ha sedotto alcuni discepoli convertiti a questa rottura e a questa sequela. E che non hanno fatto ritorno all’ebraismo né hanno scritto alcun vangelo, essendo questi più tardi e redatti in uno stile iperbolico e intessuto di parabole o metafore, intendendo esaltare Gesù e far convergere la sua figura con quella del Messia annunciato nel Vecchio Testamento.
Noi possiamo fare lo stesso e redigere la probabile vita di Gesù a partire da questa situazione sociale descritta nell’articolo. Possiamo e dobbiamo ricreare il messaggio evangelico partendo dalla nostra migliore ermeneutica o interpretazione, dal migliore e più bel sentire. Vale a dire dal migliore cinema, dalla migliore letteratura, dalla migliore scienza, dalla migliore filosofia. Dalla poetica più liberatrice. Dalla migliore prassi e dal miglior amore civico e personale. In maniera che anche oggi possano capirci. E forse non tanto, un’altra volta, dal Mistero pasquale.
Sì, si tratta di un’interpretazione per nulla soprannaturale e profondamente naturale come quella di tanti altri profeti, riformatori, gente ammirevole, quella del popolo che non richiama l’attenzione se non per la sua grandezza nella miseria. La versione storica del Gesù di Pagola è piaciuta molto e la sua lettura non ha richiesto aggiunte soprannaturali e dogmatiche. È quello che i teologi chiamano il Gesù della storia, a cui mancherebbe il Cristo della Rivelazione e del Mistero pasquale, Gesù il Cristo, Gesù Cristo. Ma nel mio caso preferisco parlare del Gesù della fede, l’unica versione storica che ci è stata trasmessa e che successivamente ha condotto a un Cristo della Storia, a partire dalle esperienze e dalla sequela di tante persone in tante epoche e attraverso tante teorie o teologie. Con l’aggravante che queste teologie sono state adornate di una pretesa qualità razionale e scientifico-esplicativa della realtà, partendo da una rivelazione simbolica. Dunque nient’altro che razionalizzazioni di un’allegoria o metafora, il Mistero pasquale o della Salvezza.
Non si può interpretare la grande sequenza simbolica della “Salvezza” come una sequenza temporale di grandissimi miracoli: la preesistenza o proesistenza del Logos di Dio, la Creazione paradisiaca e piena di bontà, il peccato infinito dell’essere umano, la Redenzione del Figlio di Dio incarnato per giustificare la bontà del Padre Onnipotente e Creatore che ci riscatta con il sangue del Figlio incarnato e la sua Resurrezione. Eccetera eccetera. Sono contenuti mitici della fede che, anche qualora non siano più interpretati come dogmi, sono tuttavia ancora proposti come fatti reali paralleli alla dinamica naturale della realtà. L’anno liturgico commemora questa interpretazione piuttosto che la meraviglia reale della Grande Storia.
Non si può continuare con il Mistero pasquale come fondamento reale e soprannaturale della spiegazione della realtà. Se qualcuno vi trova il simbolismo necessario e riconfortante per la trascendenza della sua moralità che si renda conto almeno che si tratta di una metafora. E generalmente valida come qualunque altra che sorga dalla più bella e buona ragione del cuore (co-razón, Ortiz Osés). Il maggiore regalo di Dio, questa co-razón, e migliore della Rivelazione.
Gesù di Nazaret può essere interpretato, nessuno ha l’esclusiva, a partire dal Mistero pasquale, dalla rielaborazione della Pasqua ebraica, o, considerando la difficoltà storico-critica di sapere chi è stato e che ha fatto, dal meglio dell’essere umano, che inoltre ha dalla sua il fatto di essere universale. Cercando quei tratti che dalla bontà e dalla bellezza hanno animato anche tutti gli umanesimi e le religioni. Il resto è letteratura di un amore particolare. Non si poteva certo sospettare che il Gesù uscito dall’ebraismo e dalla mentalità teocratica e teocentrica di quell’epoca fosse riproposto come fondatore di una religione e di una Chiesa. Non è il momento, a mio giudizio, di rifondare una religione e una Chiesa concrete bensì di un universalismo sovra-etico di profondo significato e di illimitato valore. Tanto da toccare il grande enigma della maestà umana a cui non osiamo dare un nome ma che respiriamo e benediciamo come se fosse Dio. È questa una necessità urgente per la convergenza nella giustizia e nella speranza di cui ha bisogno questo mondo globalizzato. E che evangelicamente si chiama Regno di Dio. Speleologia internazionale della speranza e miniere del cuore. Comunità umane di vita (A. Pieris).
Riprendiamo il messaggio del Vangelo ma superando con coraggio questa versione antica a cui non si dà più ascolto in questi nostri tempi. Con l’urgenza di superare la mancanza di racconti credibili per un mondo bisognoso di cambiamento.