sabato, Aprile 27, 2024

Il mito del Dio-Trinità: Ricordando Bruno Mori

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Nel quarto secolo d.C., quando il cristianesimo nacque come religione, la visione neolitica dualistico-eteronoma di un mondo a due piani, con un dio personale e maschile nel cielo, separato dal mondo degli umani (Theós), si era così ben integrata nella cultura di quel tempo, che non solo non si sospettava nemmeno più che questo Dio fosse un prodotto dell’immaginazione umana, ma si arrivò persino all’assurdità intellettuale di dare a questa finzione una consistenza reale e metafisica e di trasformare il racconto del Dio “lassù” in oggetto di discussione accademica e teologica allo scopo di stabilire, analizzare e spiegare il funzionamento interno e la struttura della sua natura divina.

È come se un simposio di fisici esperti in aerodinamica si fosse riunito per chiarire il mistero di Babbo Natale, cercando di capire e determinare le nuove leggi della portanza e dell’accelerazione che permettono alle sue renne e alla sua slitta di lasciare il Polo Nord e librarsi nell’aria e girando intorno al globo in pochissimo tempo per portare i regali a tutti i bambini buoni la vigilia di Natale.

Cosicché, dal quarto secolo in poi (Concilio di Nicea nel 325, Costantinopoli nel 381, Calcedonia nel 451 d.C.), i teologi cristiani, spinti da esigenze politiche e religiose, si misero al lavoro per studiare e scrutare insieme il modo in cui Dio era costituito, al fine di dargli una forma, una struttura e una configurazione teologica più in linea con alcune affermazioni su di esso presenti nei Vangeli e in altri scritti del Nuovo Testamento.

(…)

Questi chirurghi di Dio non si sono mai preoccupati di rivelare la fonte delle loro informazioni e delle loro conoscenze, né di spiegare attraverso quali segrete tecniche e occulte rivelazioni avessero potuto ottenere l’accesso all’intimità della vita divina e attraversare gli abissi del Mistero ultimo che, per quanto ne sappiamo, è e rimarrà per sempre il Mistero assoluto, ineluttabilmente impenetrabile e inaccessibile a tutte le intelligenze create.

(…)

Questa torma di specialisti “divini”, non si è mai resa conto che le proprie dotte delucidazioni non facevano altro che aggiungere favola a favola, mito a mito e assurdità ad assurdità.

Questa curiosa e bizzarra descrizione di Dio, elaborata nel quarto secolo dalle contorsioni filosofiche e metafisiche di un piccolo manipolo di teologi di cultura greca, fu tuttavia imposta come verità rivelata, come dogma immutabile e definitivo di fede all’assenso obbligatorio di tutta la cristianità.

E la cosa più sorprendente è che ancora oggi, in pieno XXI secolo, la Chiesa cattolica continua a imporre ai suoi fedeli questa stessa concezione trinitaria di Dio inventata in quei lontani secoli. È come se il tempo, il mondo, la cultura e il pensiero umano si fossero fermati a quell’epoca remota. Come se la gente del XXI secolo pensasse ancora attraverso gli stessi concetti, le stesse categorie mentali, lo stesso bagaglio di conoscenze dei nostri antenati del IV secolo, i quali, tra l’altro, erano convinti che la terra fosse piatta, che fosse il centro dell’Universo, che intorno ad essa evolvesse il sole e tutte le altre sfere celesti, messe in movimento da misteriose macchine attivate dall’energia degli angeli.

Michael Morwood ha fatto notare che finché la religione cristiana si appiglierà alle affermazioni dogmatiche dei concili del quarto e quinto secolo come espressione di verità sacre ed eterne, continuando a pensare e ad agire come se le spiegazioni, il linguaggio, le immagini, la visione della realtà dei cristiani di quel tempo fossero l’unico modo accettabile di capire e di raccontare la storia di Dio e di Gesù di Nazaret, essa avrà dato solo un piccolissimo contributo all’avventura cosmica dello “spirito” che è continuamente all’opera nella storia dell’Universo e nella vita di ogni essere umano.

Mori B., Per un cristianesimo senza religione. Ritrovare la “Via” di Gesù di Nazaret, 2022, Verona, Gabrielli Ed., p. 44-46.

Bruno Mori

Bruno Mori, cittadino canadese, (Ghedi – Brescia 1939 – Montreal – Canada 2023). Entrato nell’Ordine dei Canonici Regolari fu ordinato sacerdote nel 1964. Ha conseguito il baccellierato in filosofia e il dottorato in teologia all’Università Urbaniana (Roma 1971); ha insegnato lingue classiche (latino e greco) per due anni in un liceo del nord Italia. Per tre anni ha condiviso la vita dei poveri e degli immigrati in una baraccopoli alla periferia di Roma. Nel 1976 fu eletto vicario generale della sua congregazione. Nel 1978 è stato inviato a Montréal (Canada-Québec) per assumere la direzione del Servizio di Documentazione Pastorale (SDP), un centro culturale e libreria francofona specializzata in letteratura religiosa per tutto il Canada francofono, fondato negli anni Sessanta del secolo scorso dal suo Ordine con lo scopo di aggiornare e diffondere in Canada lo spirito innovatore del Concilio Vaticano II. Come ultimo incarico è stato responsabile di una comunità cristiana bilingue (italiana e francese) nella diocesi di Montréal. Con Gabrielli editori ha pubblicato Per un cristianesimo senza religione. Ritrovare la “Via” di Gesù di Nazaret. Di prossima pubblicazione sempre presso Gabrielli la traduzione di Vers l’effondrement. Crise des dogmes, des sacrements et du sacerdoce dans l’Eglise catholique.

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