sabato, Aprile 27, 2024

Il dolore come risveglio al trascendente (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il dolore/male rappresenta una delle esperienze più importanti, forse la più misteriosa e angosciante che l’uomo, ogni uomo, fa nel corso della sua vita. Per questo induce a cercarne una ragione, una responsabilità, un senso.

Da sempre, da tutte le tradizioni religiose, da tutti i percorsi filosofici e anche oggi, da un’epoca a-religiosa come la nostra e nonostante la scienza, si alza un grido: perché soffrire? perché morire? A chi facciamo questa domanda? a noi stessi o a Dio, qualunque cosa si intenda quando si dice “Dio”? O la facciamo alla tecnologia che negli ultimi anni ci ha progressivamente promesso di risolvere alcune o tutte le nostre fragilità?

Partiamo innanzitutto da Dio: è da Lui che più spesso ci aspettiamo risposte.  Freud infatti ipotizza che la stessa “religione” sia stata creata proprio per questo: per dare all’uomo impaurito una risposta, un appoggio, un padre. «Si deve cogliere, egli scrive, una precisa continuità fra la condizione esistenziale di impotenza con la pressante domanda di aiuto, e la figura paterna (…) che da un lato risolve gli enigmi di questo mondo e dall’altro gli garantisce una sollecita provvidenza che veglierà sulla sua vita e porrà rimedio, in una vita ultraterrena, alle eventuali manchevolezze di questa» (S.Freud, Il disagio della civiltà, Newton Compton, Roma 2016, p.97). Egli intende il Dio/Padre/onnipotente (come descritto dalle religioni positive) di fronte al quale l’uomo/donna, nel dolore, sperimenta una regressione infantile e dunque non si assume la sua responsabilità riguardo alla qualità del suo essere nel mondo, ma si aspetta un intervento miracoloso che sovverta la sua situazione.

Sì, perché Dio (e non solo quello descritto da Freud), è la “pietra di inciampo” tra noi e il male. Se invocato tace. Non fa quello che ci aspettiamo. Ci delude. Ci aggrappiamo tuttavia ostinatamente a Lui, perché nel nostro intimo siamo consapevoli che se Dio non ci fosse o se fosse sentito come diverso/impotente, dovremmo accettare di crescere ed essere capaci di tollerare, in solitudine, le nostre angosce.

Dio qualunque cosa Egli sia o in qualunque modo lo vogliamo descrivere, Padre o diffusa presenza nel tutto, assoluto mistero oltre il noi, nella sofferenza ci interroga e noi lo interroghiamo!

Il libro dei Veda dice «Solo quando gli uomini arrotoleranno lo spazio/ come se fosse una semplice pelle/ solo allora ci sarà la fine del dolore/ senza conoscere Dio» (SU VI,20). (…).

don Paolo Zambaldi

Il testo integrale dell’articolo (e molto altoro!) lo trovate nel libro:

Del male, di Dio e del nostro amore

(Gabrielli Editori)

VENTUNO DIALOGHI E UN SAGGIO

José Arregi, Raffaella Arrobbio, Alessandro Barban, Federico Battistutta, Leonardo Boff, Augusto Cavadi, Annamaria Corallo, Claudia Fanti, Paolo Farinella, Paolo Gamberini, Rita Maglietta, Stefano Manera, Carlo Molari, Gianluigi Nicola, Silvia Papi, Alessandra Prema De Salvo, Mariano Romano, Paolo Scquizzato, Gilberto Squizzato, José María Vigil, Santiago Villamayor, Paolo Zambaldi

A cura di Paolo Scquizzato, Del male, di Dio e del nostro amore | Gabrielli editori | Casa Editrice Verona

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