lunedì, Novembre 18, 2024

Svegliatevi!!! Commento a Mt 24,37-44 (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
 
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Mt 24,37-44

Noè lo ricordano tutti.

Nell’immaginario collettivo rimane viva l’arca piena di animali che solca una distesa d’acqua, cercando un approdo.

Noè che salva il “creato” dalla distruzione voluta da un Dio stanco dell’irresponsabilità umana.

Noè che sfida il mare che avanza minaccioso…un’apocalisse…

Noè che sa cogliere i segni dei tempi, si fa profeta, incita, invita, avverte sebbene nessuno lo ascolti.

Noè che sogna nuove terre, nuovi uomini che, finalmente “svegli”, sappiano cogliere il progetto di Dio.

E poi dopo giorni di paura, paura di aver frainteso, paura di soccombere… una colomba che segna la rinascita, la pace, il futuro.

Ecco la terra si asciuga, nascono nuovi germogli, i piccoli nati durante il viaggio sgambettano felici.

Si può ricominciare diversi, liberi, riappacificati.

Ma era necessario un diluvio? Perché nessuno tranne Noè “vedeva” oltre il suo tempo, oltre la sua vita, oltre il comune buon senso? Era più attento, più “sveglio”?

Cosa significa oggi, per noi, questa esperienza così drammatica?

Il diluvio simbolicamente rappresenta sia la fine della nostra vita (la morte individuale è, infatti, l’ineliminabile limite fisico che pare sommergere tutto ciò che siamo e che amiamo), sia la fine del mondo che oggi, ad esempio, si configura nell’olocausto nucleare, del quale si comincia a parlare con stolta leggerezza!

Fine, del mondo non voluta/decisa da Dio, sia allora come ora (non dimentichiamo che la Bibbia è espressione di una cultura pre-scientifica, provvidenziale), fine che è in realtà il frutto di scelte sconsiderate,  dettate dall’ indifferenza, dalla superficialità, dall’egoismo che offusca persino il banale buon senso…

Infatti allora come ora “nessuno si rese conto di nulla fino al momento in cui venne il diluvio e portò via tutto” , “la gente continuò a mangiare , a bere e a sposarsi…”

Il “diluvio”, dunque, ci interroga non solo sulla “fine”, ma sul “fine”, sul senso della nostra vita. Ci ricorda che abbiamo delle responsabilità…

Perché viviamo? Come viviamo?

Perché Noè ha preso quella decisione, contro ogni evidenza? Era “sveglio” mentre gli altri dormivano?

Noè ha sentito la voce (La coscienza? Il discernimento? Il rapporto intenso/mistico con Dio?) che gli suggeriva di costruire un’arca, una via di salvezza, che lo poneva di fronte alla necessità di una cesura/strappo da un modo sbagliato di vivere, perché quel vivere era in realtà un andare verso il “morire”.

Gesù cita Noè, come esempio di uomo attento, capace di comprendere ciò per cui vale la pena vivere, uomo senza paura, che da solo, affronta il futuro, crede in qualcosa di nuovo e di migliore, si fida della sua empatia con Dio. Un Dio che è sempre con noi, in noi… e che bisogna “riconoscere” nei tempi, nel tempo che ci è dato (vegliate/state attenti ai segni dei tempi, pensate, lasciatevi illuminare…)

Il cristianesimo infatti è una “via” che porta progressivamente a un’illuminazione, alla scoperta della verità, che altro non è, che amore per l’uomo, per il mondo e per Dio.

Dio è qui che va ritrovato: nel mistero della relazione che unisce il Tutto!

Spesso invece lo si è accolto/predicato come una dottrina redentrice eterodiretta: “Se lo preghiamo Dio ci salva!”.

Si è dato importanza al dogma più che alla sequela, all’ortodossia più che alla liberazione da se stessi, al rito e al culto più che alla meditazione e al il silenzio, alla trascendenza più che alla nostra unione con Dio all’interno della quale vita e morte, tempo ed eternità si fondono e acquistano un senso.

Se non “vegliamo”, se non ci assumiamo la responsabilità di cercare la luce, anche per noi sarà inevitabilmente “diluvio”.

don Paolo Zambaldi

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