“Oggi una parte crescente dell’intera massa di dolori è prodotta dall’uomo, è un effetto collaterale delle strategie con cui si persegue l’espansione industriale.
Il dolore non è più sentito come un male «naturale» o «metafisico»: è una maledizione sociale, e per impedire che le «masse» maledicano la società quando sono colpite dal dolore, il sistema industriale elargisce loro una medicina che lo sopprime.
Il dolore si traduce cosi in accresciuta domanda di farmaci, ospedali, servizi medici e altre forme di cura professionalizzata e impersonale, nonché in sostegno politico a un’ulteriore crescita dell’istituzione medica, senza riguardo per il suo costo umano, sociale o economico.
Il dolore è cioè diventato un problema di economia politica, il che scatena un processo a valanga: tramutato in consumatore di anestesia, l’individuo non può che chiedere sempre maggiori dosi di prodotti e servizi che gli procurino artificialmente insensibilità, stordimento, incoscienza.”
Ivan Illich, Nemesi medica. L’espropriazione della salute, pag.145