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Verona: smentire la smentita per conservare il potere (L. Eugenio)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

VERONA-ADISTA. Riassunto delle ultime 24 ore. Ieri, 1 luglio, la Curia veronese, con un comunicato stampa intitolato “Noi non possiamo tacere”, firmato da don Domenico Consolini, direttore del Servizio diocesano per l’IRC e formulato come risposta agli articoli pubblicati da Adista, smentisce il licenziamento di Marco Campedelli, che quindi «è ancora pienamente in servizio come docente di religione presso il Liceo Maffei». Si addentra nei meccanismi delle nomine degli insegnanti di religione, e dichiara che «risultano false le parole “siluramento” “licenziamento” apparse nell’articolo di “Adista.it” e anche la generalizzazione conclusiva sul fatto che un docente di religione possa essere privato del lavoro secondo la discrezione del Vescovo non corrisponde a verità». Alla fine si profonde persino in un atto di ossequio agli insegnanti di religione, per i quali la Chiesa di Verona «manifesta la sua vicinanza e stima» rassicuramdoli che «non è in corso alcuna deriva gestionale nei loro confronti».

Oggi, in cattedrale, in un’intervista dopo la convocazione solenne per dare l’annuncio del nuovo vescovo, mons. Zenti dichiara invece il contrario. «Se un insegnante di religione non è in comunione col vescovo, non può insegnare. E Campedelli in questo momento non è in comunione col vescovo». Fatelo ragionare, fatelo tornare sulla retta via.

Insomma: in Zenti ormai vescovo emerito (oggi è stato nominato il suo successore, mons. Domenico Pompili, già vescovo di Rieti) ha prevalso la volontà di ribadire per l’ultima volta la propria giurisdizione imperiale sul “suo prete”, facendo persino un servizio alla verità, cioè ammettendo che Campedelli davvero non insegnerà più, e smentendo così la smentita di Consolini. Il quale risulta stritolato tra se stesso, il proprio ruolo e il vescovo che lo getta in pasto a quel che sarà, adieu. 

L’intervista di Zenti all’Arena di oggi è molto edificante. Essendo del tutto all’impronta, lascia trasparire molto del potere imperiale che regge un certo tipo di Chiesa, dura a morire, del quale Zenti non è che un accidente storico. Dopo aver affermato che se un insegnante di religione non è in comunione col suo vescovo non può insegnare, l’intervistatrice gli fa notare che «la stessa comunione dovrebbe esserci tra il vescovo e la Chiesa, nonché un rispetto per lo Stato». Zenti risponde candidamente: «Beh, queste battute (sic!) non si possono fare, porti pazienza!». 

Dopo una vertiginosa e volgare discesa del vescovo in dettagli personali del tutto fuori luogo (“Sa dove abita Campedelli? E’ casa sua? No, gliel’abbiamo data noi”) (ma Marco Campedelli non vi vive da ospite, ndr), arriva l’elemento decisivo che fa comprendere tutta l’architettura della vicenda, sollecitato dalla domanda se sarà il vescovo Pompili a decidere del futuro di Marco Campedelli. Zenti risponde: “L’insegnamento spetta a me, la competenza è mia, se dargli o no l’insegnamento. Io vado in pensione quando entrerà il nuovo vescovo. Ma finché non entra il nuovo vescovo…” (che arriverà, presumibilmente, non prima di settembre). Rendendosi conto, però, di aver dato ai giornalisti materiale incandescente, se la prende con i media: “Mi trascinate in argomenti alla battuta che non vanno bene”; Tutto questo, dice, “mi ha fatto molto male. Volete che la ferita sia ancora più sanguinante?”.

Le parole sono importanti. Le parole usate da Zenti sono molto significative. Un dettaglio, nell’insieme pirotecnico dell’intervista: la sua visione dei media, che devono “essere di buon senso”, “seri”, cioè, evidentemente, essere compiacenti e carezzevoli, e non inventare “fake news”.

Adista non è né compiacente né carezzevole, e non “inventa fake news”. La stentorea smentita di ieri del povero don Consolini (sacrificato da Zenti sull’ara del potere episcopale) riguardo a Marco Campedelli, tutt’altro che licenziato, conteneva un invito (o un suggerimento, o una minaccia): «Se l’autore dell’articolo in questione (cioè Adista, ndr) ha qualche documento che attesta tale licenziamento, a questo punto lo esibisca o altrimenti l’amore per la verità e l’onore della professione richiederebbero una sua ritrattazione».

Bene, il vescovo Zenti ha risposto esaurientemente a don Consolini. Peraltro, benché non sia tenuto a saperlo, Adista nei suoi 55 anni di storia non ha mai dovuto ritrattare alcunché.

Ludovica Eugenio, Adista, 02/07/2022

https://www.adista.it/articolo/68308?fbclid=IwAR2YOxn1AV91hW4KL7MlE5c7aTF1Xxq8jC8VhEO7EFl3XfuwRrQk6xAXMwQ

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