venerdì, Marzo 29, 2024

La Bibbia e l’omosessualità. Rileggendo l’episodio di Sodoma e Gomorra

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Brano tratto dal libro di Carolina del Río Mena, ¿Quién soy yo para juzgar? Testimonios de homosexuales católicos, Editorial Uqbar, Santiago (Cile), anno 2015, pp.262-264, 

 

“Ignorare i progressi dell’ermeneutica biblica comporta che diamo interpretazioni non corrette, che decontestualizziamo molti testi e continuiamo a parlare, ad esempio, dell’episodio di Sodoma e Gomorra come di un castigo a causa del comportamento omosessuale. La storia è nota e può essere letta nel libro della Genesi. Nel capitolo diciannove due angeli di Yahvé, con l’aspetto di stranieri, entrarono a Sodoma cercando Lot – cugino di Abramo – che tentava di salvare gli abitanti della città dalla furia del Dio di Israele a causa del loro cattivo comportamento. Lot accolse gli stranieri nella sua casa – come comandava la legge – affinché vi trascorressero la notte, ma i sodomiti ebbero un cattivo comportamento, circondarono la casa e pretesero che Lot consegnasse i suoi ospiti per abusare sessualmente di loro. Lot rifiutò e offrì loro in cambio le sue due figlie vergini perché facessero con loro tutto ciò che volevano:

 

“Lot uscì sulla soglia, dove stavano i dimostranti, chiuse la porta dietro di sè e disse: <Per favore fratelli, non fate questa cattiveria. Guardate, ho qui due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo. Prendetele e fate con loro quello che volete; ma non fate niente a questi uomini, che sono venuti al riparo del mio tetto>. Ma essi risposero: <Ma dai! Uno che è venuto da un altro luogo a stabilirsi qui adesso vuol fare il giudice? Allora faremo a te peggio di quello che faremmo a loro>. E spintonarono Lot, in modo che stavano per sfondare la porta (Gn 19,6-9).

 

La cultura cristiana oggi usa il termine ‘sodomita’ per creare allarme e condanna riguardo a varie perversioni sessuali e per riferirsi all’omosessualità, allontanandosi dal significato dl testo, che non ha niente a che vedere col sesso, ma semplicemente indica gli abitanti di Sodoma.
Il testo condanna la mancanza di amore verso il prossimo, che doveva manifestarsi in modo particolarmente evidente accogliendo lo straniero, mettendo in pratica la legge dell’ospitalità. Il profeta Ezechiele aveva le idee chiare: “Questa è stata la colpa di tua sorella Sodoma: lei e le sue figlie vissero nell’orgoglio, nell’avidità, nell’indolenza della vita oziosa; non prestarono soccorso al povero e al bisognoso, si insuperbirono e commisero abomini al mio cospetto: per questo le feci sparire, come hai visto“. (Ez 16,49-50).

 

L’ospitalità verso lo straniero era molto importante per Israele ed erano stati istruiti da Yahvé stesso in questo modo: “Poichè Yahvé vostro Dio è il Dio di tutti gli dei e il Signore di tutti i signori, il Dio grande, forte e terribile, che non commette ingiustizie nè ammette corruzione; che rende giustizia all’orfano e alla vedova, e che ama lo straniero e gli dà cibo e vestiti. Amerete lo straniero, perchè voi foste stranieri nel pase di Egitto” (Dt 10,18-19). Quindi, parlare oggi della distruzione di Sodoma come di un castigo al comportamento omosessuale è completamente sbagliato, e la teologia lo sa!

 

La stessa situazione di trasgressione alla legge di ospitalità si ripete in Giudici diciannove (Gdc 19). In entrambi i testi, che sono Parola di Dio, c’è un padre che consegna le sue figlie vergini o le concubine affinché siano violentate o maltrattate, fino alla morte. Dà da pensare che tante esegesi tradizionali di entrambi i passaggi non parlino del brutale abuso contro le donne, che a quell’epoca valevano meno delle mule, e che invece si vedano in questi testi riferimenti e condanne all’omosessualità. Le teologhe femministe da molto tempo hanno evidenziato questo fatto e hanno chiamato questi passaggi “testi del terrore”. E non si sbagliano.”

 

 

Carolina del Río Mena è una teologa cattolica e giornalista cilena, madre di quattro figli. Ha conseguito un master in Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Cattolica del Cile ed è docente presso il Centro de Espiritualidad Santa María, inoltre collabora col Centro Teológico Manuel Larraín del “Círculo de estudio de sexualidad y Evangelio”. E’ autrice del libro “¿Quién soy yo para juzgar? Testimonios de homosexuales católicos” pubblicato nel 2015, ed è co-autrice di “La irrupción de los laicos: Iglesia en crisis” edito nel 2011.

(Progetto Gionata, 21 marzo 2017) 

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1 commento

  1. Condivido il pensiero delle teologhe e inorridisco di fronte alla superficialità della chiesa che, per secoli, non ha mai detto niente contro la violenza usata sulle donne, evidentemente anche per la chiesa le donne valevano meno di una mula. Grazie al cielo qualche prete osa ricordarci la pesantezza di questo racconto.

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