domenica, Novembre 24, 2024

Eppur non si muove. In Italia nessuna Commissione indipendente sugli abusi (L. Eugenio)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

40887 ROMA-ADISTA. A meno che l’argomento sia stato affrontato a porte chiuse nell’incontro appena svoltosi tra i vescovi italiani e papa Francesco, sul quale ovviamente nulla sappiamo (v. qui), l’ipotesi di creare, come altrove, una Commissione d’inchiesta indipendente sugli abusi da parte del clero, durante la recente Assemblea Cei non è stato proprio sfiorato.

In molti Paesi d’Europa, commissioni di questo tipo sono risultate decisive per portare alla luce la portata reale, o almeno verosimile, del fenomeno degli abusi sessuali perpetrati dal clero. È accaduto in Germania, e prima ancora nella cattolica Irlanda, in cui dopo nove anni di indagini, nel 2009, ha visto la luce il Rapporto Murphy; è accaduto in Francia, con la Commissione guidata da Jean Marc Sauvé, i cui risultati sono stati pubblicati il mese scorso. Un’inchiesta è stata commissionata in Svizzera all’Università di Zurigo, il Portogallo si è avviato su una strada analoga, persino in Polonia un’indagine è stata compiuta, benché parziale, e in Spagna, dove l’episcopato continua a dirsi contrario alla creazione di commissioni sulla pedofilia (v. qui), il tema ha comunque cominciato a fare capolino nel discorso del card. Omella in apertura dell’assemblea plenaria d’autunno della Conferenza episcopale (11-19 novembre).

E in Italia?

In Italia, appunto, tutto tace. A più riprese, soprattutto dopo la pubblicazione del Rapporto Sauvé, si sono diffuse petizioni, nella base della Chiesa, per la creazione urgente di una Commissione d’inchiesta anche nel nostro Paese, ma per ora sono cadute nel vuoto. Ma i vescovi italiani non sembrano disposti a indagare alcunché. Mettono in atto misure che si presumono preventive: «le iniziative e le strutture finora messe in campo per contrastare la piaga degli abusi sui minori e le persone vulnerabili, dentro e fuori dalla Chiesa, dopo l’emanazione delle Linee Guida del giugno 2019», si legge nel comunicato finale dell’Assemblea Cei, «hanno senz’altro segnato una svolta nel tipo di approccio a questo gravissimo fenomeno». E dunque un profluvio di attività, elencate da mons. Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale per la Tutela dei Minori, nel corso dell’Assemblea: cura educativa nelle comunità ecclesiali «per l’educazione alla relazione e alla maturità affettiva e sessuale»; creazione della rete dei Referenti nei Servizi per la Tutela dei Minori nelle diocesi e di Centri di ascolto; pubblicazione di sussidi per gli operatori pastorali, incontri di formazione per gli operatori pastorali… e molta preghiera, con la celebrazione della Giornata nazionale di preghiera del 18 novembre. In quell’occasione si sono moltiplicate veglie di preghiera, con contrite richieste di perdono, assicurazioni di accoglienza e ascolto. Di una Commissione indipendente che passi al setaccio archivi diocesani, parrocchiali, denunce, casi, trasferimenti sospetti, testimonianze di vittime, invece, nemmeno l’ombra. D’altronde, aveva affermato proprio per il 18 novembre Ghizzoni, in Italia l’ondata di casi e denunce «noi non l’abbiamo avuta. Ma questo non dipende dal fatto che la Chiesa italiana stia spegnendo, trascurando o tacitando le vittime o le denunce». Per carità. La Chiesa italiana, assicura, si è mossa e per dimostrarlo aveva sciorinato dati e misure destinate, secondo lui, a far uscire «casi nuovi e del passato».

Che iniziative come la Giornata nazionale di preghiera siano irricevibili lo ha detto chiaro e tondo a Savona la Rete L’Abuso di Francesco Zanardi con una pec di diffida al vescovo locale (“Non pregate per noi!”) in cui, a nome delle vittime di preti della diocesi che mai sono state ascoltate, rispedisce al mittente «qualunque iniziativa folcloristica o di preghiera così chiaramente disonesta nel pentimento », respingendo «sollecitamente le preghiere di un vescovo e di una comunità cattolica che non ha mai neppure accennato al pentimento, offerto riparazione o qualunque sorta di aiuto o sostegno, mostrandosi ogni volta invece irritata dalle richieste di giustizia delle vittime che con coraggio si sono mostrate». Qualsiasi iniziativa di preghiera legata all’iniziativa, non può che essere recepita «come falsa, strumentale e a uso improprio non concesso della nostra immagine», afferma la rete L’Abuso; «sarebbe pertanto preferibile che la diocesi, umilmente e unitamente alle altre sue realtà, istituisse una commissione di inchiesta indipendente che dia un reale e concreto senso di verità e giustizia».

Se la Chiesa italiana vuole essere credibile sulla questione degli abusi, una commissione d’inchiesta indipendente è imprescindibile, e sarebbe auspicabile un’alleanza virtuosa tra vittime e media, tra vittime e giornalisti affidabili, di quelli che lavorano per dare voce proprio alle vittime, che cercano verità, cercano trasformazione e non sensazionalismo. Un’alleanza del genere potrebbe scuotere finalmente l’opinione pubblica cattolica, spesso intorpidita dagli episodici casi di cronaca, ma soprattutto diffidente quando si tratta di tirare dentro l’arena l’istituzione Chiesa. Per squarciare veli di ipocrisia e mostrare la nudità del re.

Ludovica Eugenio, Adista.it, 26/11/2021

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