giovedì, Marzo 28, 2024

Avvento: un tempo di attesa (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il Natale che celebriamo è quello di Cristo?

State bene attenti che i vostri occhi non si appesantiscano in dissipazioni… (Lc 21, 34)… e proprio a Natale!

Perché non c’è festa tanto manomessa, profanata, svilita quanto il Natale che è la prima delle feste cristiane. E’ la festa del dono per eccellenza, cioè di un Dio che si fa dono agli uomini perché gli uomini assomiglino sempre più a Lui.

É perciò festa anche dell’uomo perché lo esalta, lo trasfigura.

Invece è diventata l’occasione del consumismo più sfrenato, della venalità, dello spreco che offende la dignità dell’uomo e avvilisce ancor più quei 2/3 dell’umanità che vive nella povertà anche estrema.

Tutto è ridotto a mercato anche i simboli sacri della festa; anzi è di essi che il commercio si serve per sedurre e incrementare gli incassi. In un Natale così commercializzato Cristo è diventato una cosa innocua, che non fa male e non disturba nessuno. Un Cristo appena ornamentale, spesso anche nei poveri presepi delle nostre case cristiane. Non è un segno che ti inviti a pensare oltre, un segno che dica che attendiamo ancora, un segno di fede insomma.

In questi tempi noi viviamo pieni di paure, nell’insicurezza e nel sospetto. A Natale vorremmo che il Signore ci facesse finalmente il dono della pace. Ma ci chiediamo con quali sentimenti quei due terzi dell’umanità povera o poverissima, guarda a questa cosiddetta civiltà del benessere, che consuma l’80% delle risorse di tutto il pianeta, accentuando lo spreco proprio nelle feste natalizie? Guarda con occhi rabbiosi e invidiosi a noi, figli di questo sistema che celebriamo con orgoglio ed esaltiamo come il migliore tra tutti i sistemi e che perciò cerchiamo di espanderlo, anche con la forza, nel resto del mondo.

Allora non è ipocrisia meravigliarsi se, alla fine, esplode la collera dei poveri, in tante, troppe parti del mondo, una collera preannunciata da tempo da voci profetiche anche molto autorevoli e mai ascoltate?

Scrive padre David Maria Turoldo: “Non si può festeggiare il Natale e offendere cose e persone in questo modo: qui è una follia e un degrado generale. Qui per uscirne c’è solo una speranza: cessare di essere “clienti” di questo enorme mercato. Salvarsi dalla rapina, da questa appropriazione indebita del Natale e restituire il dono alla sua dignità, il Natale alla sua verità.”

Il Natale va accolto in silenzio.

 

E’ chiaro che questa festa non si fa con la lieta attesa, coi doni, con l’intimità familiare e tutte le altre consuetudini di un tempo tramandate con un bonario scetticismo.

Che c’è al di là di tutto questo?

Proviamo a metterci in ascolto di ciò che Dio vuol dirci con la sua venuta, con la sua presenza nella “carne” dell’uomo, presenza che deve trasformare convertire il nostro egoismo in giustizia, la nostra violenza in perdono, il nostro cuore di pietra in un cuore di carne mite, paziente, delicato, pronto a tutto… Questo è il vero dono da mettere sotto l’albero!

Il Natale va accolto con attesa e speranza…

 

Anche se Gesù è già venuto e sappiamo tutto di Lui, noi attendiamo che egli continui a “venire” dentro di noi per trasformarci a sua immagine, per rafforzare la speranza in un mondo “altro”. Egli infatti ha scelto di essere il dio-con noi per sempre.

Il Natale va accolto con seri propositi di cambiamenti.

L’espressione “vieni Signore” così spesso ripetuta nelle litugie d’avvento ha proprio questo significato di “presa di coscienza” della nostra volontà di assomigliare al Cristo e in lui a Dio, per realizzare qui e ora il suo Regno!

don Paolo Zambaldi

 

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