domenica, Dicembre 22, 2024

Contemplare Allah. La via sufi per riscoprire le fonti della civiltà islamica (Yahya Pallavicini)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Nel suo ultimo libro Contemplare Allâh. Regole sulla via interiore di maestri musulmani (Mimesis, 2021) l’imam Yahya Pallavicini indaga il modo in cui il messaggio dei maestri dell’Islam sia giunto fino a noi superando le crisi delle varie epoche con una freschezza sempre rinnovata ma con le radici che affondano profondamente nell’insegnamento del Corano e nelle parole di Muhammad. Se, soprattutto in Occidente, comprendere il carattere peculiare del sufismo è cosa particolarmente complessa, le parole dei grandi protagonisti della “via mistica” dell’islam sono in grado di parlare a tutte e tutti.

Yahya Pallavicini è imam della moschea al-Wahid di Milano in via Meda e Presidente e imam della COREIS Comunità Religiosa Islamica Italiana (www.coreis.it). Dal 2006 è consigliere del Ministero dell’Interno nella Consulta per l’islam italiano e presidente del Consiglio Isesco per l’educazione e la cultura in Occidente.

Chi è il “monaco di Allah”?

C’è un grave errore nell’associare il sufismo ad un monachesimo o ad una corrente esotica che sia una galassia a parte rispetto alla comunità dei musulmani. Il profeta Muhammad, il suo compagno ben guidato Abu Bakr al-Siddiq, i suoi familiari ‘Ali con i figli Hasan e Husayn, giuristi, teologi, filosofi, intellettuali, governatori, commercianti e semplici ed umili credenti per secoli hanno interpretato le loro responsabilità nel mondo partecipando anche ad una intenzione e ad una vocazione contemplativa che si basa su regole di disciplina spirituale e rituale fondate sul Sacro Corano e la tradizione dei maestri. Junayd e al-Ghazali hanno contribuito insieme ad altri maestri come al-Sulami, al-Hujwiri e al-Kalabadhi a chiarire metodi e finalità di questa ricerca di Conoscenza nella dottrina islamica e nella vita dei musulmani.

Il libro ci porta in un viaggio nel tempo, attraverso le vite e le opere di grandi figure della storia della cultura, della teologia, dell’islam. Perché la scelta di queste biografie, e queste opere?

Le nuove generazioni di musulmani in Italia e i cittadini italiani che hanno interesse ad approfondire la conoscenza delle fonti della civiltà islamica devono scoprire questo patrimonio di insegnamenti che si è articolato nel corso dei secoli nelle varie Regioni del mondo sviluppando commentari e interpretazioni sulla Rivelazione, riflessioni sul senso della vita religiosa, sul valore della fratellanza e delle compagnie spirituali, sulle complessità e le malattie dell’anima, sulle corrispondenze simboliche con la cosmologia, sulle intuizioni nel rapporto con le Qualità di Allah e i segni della creazione, sulle virtù del comportamento. Un viaggio che apre ad una consapevolezza del pensiero autenticamente religioso dei maestri musulmani e che è anche un naturale ed efficace antidoto agli abusi e alle stravaganze grossolane di alcune ideologie di potere.

Ci faccia un esempio per comprendere l’esempio di questi intellettuali.

Al-Hallaj è stato studiato dall’orientalista Massignon che lo ha descitto come un santo cristico. Al-Jilani è un polo spirituale che ha iniziato la struttura di una confraternita di viandanti. Qadi Iyad è un giurista riconosciuto tra i santi patroni di Marrakesh. Ibn ‘Arabi, nato a Murcia in Spagna, ci insegna i segreti dell’Uomo universale. Il verbo degli uccelli di Farid al-din Attar o l’estasi di Amore per Rumi è solo poesia persiana? E la jihad dell’emiro algerino Abd al-Qadir è contro i colonizzatori, contro i fondamentalisti o contro l’ignoranza e per il rispetto del sacro e di ogni credente in Algeria, in Francia e in Siria? E il metafisico francese Abd al-Wahid Yahya Guénon cosa ha trovato al Cairo?

In che modo, secondo lei, questi esempi hanno qualcosa da dire, da insegnare, ancora oggi nel nostro mondo europeo?

Penso che ci possa essere una provvidenza del Misericordioso nonostante le dimenticanze del ricordo di Dio diffuse tra le persone in Occidente. Il richiamo dei maestri musulmani ad una intelligenza della fede, allo sviluppo spirituale, al senso delle priorità e delle proporzioni, all’armonia e al mistero di Dio sono tutti insegnamenti utili per ogni credente e persona aperta al riconoscimento di una prospettiva essenziale e profonda della mentalità e della vita. Senza bigottismi e senza sofisticazioni elitarie il messaggio che viene trasmesso è un invito a controllare l’ego nel suo scatenamento irrazionale e a ritrovare le radici di una natura e di una funzione di servizio e di sete per la Verità, per l’Assoluto, per l’Eterno.

Cosa significa per lei vivere l’islam in Italia, in questa Italia?

Vivere l’islam in Italia è una testimonianza spirituale e un prova di onestà intellettuale dove lo sforzo costante è quello di rappresentare una compagnia di fratelli e sorelle e una mentalità che troppo spesso non si vuole riconoscere per fobia o per limitazioni culturali o per convenienze paradossali. Si cerca un nemico, un immigrato o un califfo ma non si vuole riconoscere la declinazione contemporanea e italiana di una rappresentanza religiosa del Dio Unico nell’islam tradizionale. C’è miopia politica o errore strategico nell’omologare o dividere le articolazioni dei musulmani in Italia secondo criteri di sicurezza o di politica estera occultando la base e il contributo di una nuova generazione di cittadini italiani e credenti musulmani che chiedono di avere pari dignità nell’esercizio del culto e di essere autonomi e liberi da lottizzazioni e ambizioni infantili dell’associazionismo che compete sui numeri e mai sui programmi di formazione e di coordinamento del culto.

di Yahya Pallavicini. Imam e Presidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana (www.coreis.it)

(Intervista a cura di Claudio Paravati)

Yahya Pallavicini

Yahya Pallavicini

Imam e Presidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana (www.coreis.it)

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