venerdì, Aprile 26, 2024

“La pandemia ha congelato i sogni dei bambini. Ripartiamo da loro”. Intervista al presidente di Telefono Azzurro (Giulia Belardelli)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il prof. Ernesto Caffo all’HuffPost: “Aumentano le segnalazioni di abusi, cresce l’angoscia per la mancanza di futuro. Preoccupa l’assenza di socialità, non possiamo aspettare settembre delegando tutto al digitale”

“I bambini e gli adolescenti stanno pagando un prezzo enorme a causa della pandemia: basta sottovalutare il loro sacrificio, è ora di pensare alla ricostruzione partendo da loro. Come Telefono Azzurro, abbiamo riscontrato un aumento e un cambiamento delle richieste di aiuto: casi estremi di violenza domestica e sessuale, ma anche un diffuso senso di angoscia e paura per la mancanza di futuro. Serve uno sforzo collettivo per offrire al più presto ai giovani degli spazi in cui potersi incontrare in sicurezza”. Ernesto Caffo, fondatore e presidente di Telefono Azzurro, professore ordinario di Neuropsichiatria infantile all’Università di Modena e Reggio Emilia, è tra quelli convinti che la pandemia non possa continuare a tenere in stand-by la vita e il futuro di milioni di bambini e ragazzi. Nella percezione di un adolescente, del resto, settembre è tra una vita: dobbiamo sbrigarci a riaccendere qualche sogno.

Come sono cambiate, in tempi di pandemia, le richieste di ascolto e aiuto che arrivano al Telefono Azzurro?

“Dall’inizio dell’emergenza sanitaria abbiamo riscontrato un aumento e un cambiamento delle chiamate che arrivano sulle nostre Linee, quella di Ascolto (1.96.96) e quella di Emergenza (114). Nella punta più estrema, abbiamo rilevato un aumento delle segnalazioni di violenza domestica, con alcuni casi molto gravi di violenze sessuali. Si tratta di situazioni in cui i ragazzi si trovano a convivere forzatamente con persone che di solito trascorrono la maggior parte del tempo fuori casa. Purtroppo alcune famiglie disfunzionali si sono ritrovate in contesti di non tutela del bambini, tra l’altro in assenza totale o parziale di servizi sociali ed educativi”.

Quali sono le preoccupazioni e le paure più ricorrenti?

“All’inizio i bambini e gli adolescenti erano meno preoccupati rispetto agli adulti; oggi li vediamo turbati anche per quell’alone sempre più ampio di preoccupazione che percepiscono nel loro contesto familiare. Sono preoccupati per il lavoro, per la mancanza di certezze, per il futuro. Si tratta di elementi molto complessi per un bambino che ha bisogno di certezze, di avere con sé delle persone che lo rassicurino. In alcuni casi quella rassicurazione arriva; in altri, dove c’è una forte tensione familiare, viene totalmente a mancare, e il bambino si ritrova solo, smarrito, in preda alla paura”.

Per molti ragazzi la scuola sembra essere passata da costrizione a desiderio. Quanto manca la scuola e cosa manca della scuola?

“L’assenza dei servizi educativi è un problema grave che i ragazzi stanno vivendo da tempi troppo lunghi. I bambini soffrono la mancanza dei rapporti con i coetanei. Il mondo digitale non basta: i ragazzi sono abituati anche al contatto fisico, alla condivisione, nella scuola come nell’attività sportiva. Gli spazi del virtuale sono spazi individuali: anche nelle classi online c’è un insegnante che parla e trenta studenti collegati. I ragazzi fanno fatica a seguire una didattica che non è interattiva, non ne capiscono il senso. Per non parlare dei tanti bambini con disturbi dell’apprendimento e altre problematiche, che in questo momento non hanno il sostegno cui avrebbero diritto e sono lasciati completamente fuori dall’aula digitale. Per molti bambini, inoltre, non è facile avere un proprio spazio, una propria autonomia. È necessario che tutti i soggetti della famiglia collaborino, e questo in molti casi purtroppo non avviene”.

Da neuropsichiatra, qual è l’aspetto che la preoccupa di più di uno stop così prolungato della scuola e di altre attività sociali per i più giovani?

“Ciò che mi preoccupa di più è la mancanza di futuro, di socialità, di condivisione. I ragazzi sognano il poter andare in vacanza, l’andare a un concerto. Tutto questo sogno in realtà si sta posticipando a date indefinite. Vale per la scuola ma anche per tutte le altre attività e i sogni dei ragazzi. Cosa succede delle vacanze, degli eventi che i ragazzi pensano di fare? A settembre come sarà questo ritorno a scuola? Sono tutte incertezze che i bambini e gli adolescenti faticano a vedere sotto la lente della razionalità”.

Eppure l’incertezza è una variabile a cui la pandemia ci inchioda tutti. Come si fa ad aiutarli a conviverci?

“Facendoli sentire parte attiva nella ricostruzione del Paese. In questi ultimi mesi la politica si è occupata pochissimo dei bambini e dei ragazzi, il dibattito si è quasi scordato di loro. Si è dato per scontato che tutto questo isolamento, questo stare costretti in spazi anche molto piccoli con adulti con cui spesso mancava un rapporto profondo, non fosse un problema poi così grande. Invece in molti casi lo è stato e lo è tutt’ora. Nelle chiamate che ci arrivano è comune un senso di costrizione, di limite, che produce discorsi dai toni depressivi, caratterizzati da paura, incertezza, ansia e talvolta angoscia. I bambini e i ragazzi avvertono tutto: sentono l’angoscia della famiglia per il lavoro, la casa, i mutui”.

Quali progetti state mettendo in campo per contribuire a questa ricostruzione?

“Stiamo costruendo canali di contatto per supportare gli insegnanti nell’affrontare alcune problematiche che gli studenti possono trovarsi a condividere con loro. Abbiamo lanciato un programma rivolto ai bambini dai 6 agli 11 anni su YouTube con gli influencer. Stiamo lavorando a stretto contatto col Miur per capire come adattare le tecnologie che abbiamo a disposizione a una generazione di ragazzi che vuole partecipare, essere presente, testimoniare un impegno per il proprio futuro. Dobbiamo riorganizzare la scuola sulla base di quelle che sono le loro esigenze”.

Come deve cambiare la scuola durante e dopo la pandemia?

“È necessario uno sforzo enorme. Quello che io vedo oggi è una scuola molto preoccupata, quasi paralizzata dal problema di come tornare in aula in sicurezza. È un atteggiamento che non riguarda solo la ministra dell’Istruzione, ma che percepisco in tutto il mondo degli adulti che oggi si chiede: ‘Che ne sarà dei nostri ragazzi?’ Dobbiamo metterci a pensare, trovare delle risposte, ascoltare i ragazzi perché in molti casi loro delle risposte le hanno già. Dobbiamo creare delle iniziative, degli hackathon, riconoscendo loro il ruolo di co-progettatori. Possiamo usare dei giochi che loro conoscono, da Minecraft a Fortnite, per creare progetti formativi. Dobbiamo provare a costruire anche delle reti emotive, non solo legate all’apprendimento. Questo vuol dire valutare tutta una serie di opportunità mettendoci ad ascoltare molto di più i ragazzi”.

Che tipo di attività ha in mente per questi mesi primaverili ed estivi?

“Penso a iniziative collettive in strutture pubbliche e dell’associazionismo. È necessario iniziare subito, già nei prossimi mesi: se la scuola resta chiusa, bisogna trovare il modo di offrire ai ragazzi attività educative, sociali e sportive, con la dovuta e necessaria distanza di sicurezza. Il digitale resta uno strumento fondamentale, ma dobbiamo iniziare a ridare senso al rapporto emotivo e relazionale tra le persone. Per i mesi a venire immagino attività e iniziative in tutta Italia che possano essere occasioni di incontro e di immaginazione del futuro. Non penso a un’estate di vacanza, perché purtroppo non è il momento di fare soste improprie: c’è bisogno di ripartire”.

Ma in quali luoghi, in quali spazi, visto che la scuola non è considerata un luogo sicuro?

“Dobbiamo trovare altri spazi e altre opportunità in cui i ragazzi possano incontrarsi. Ricominciare l’anno scolastico in quelle aule che la stessa ministra ha definito “pollaio” non è certo il massimo. Basta mettere in gioco le risorse che hanno tanti enti locali, religiosi e altri per individuare nuovi spazi che possono essere utili alla comunità dei ragazzi. Il mondo associativo e dello sport popolare ha delle potenzialità notevoli, si tratta di organizzarle per la salute e il benessere di tutti. Va ripensato il nostro modo di vedere il futuro, e va fatto a partire dai bambini e dai ragazzi”.

Giulia Belardelli, Huffingtonpost, 08/04/2020

https://www.huffingtonpost.it/entry/telefono-azzurro-bambini-covid-19_it_5e8d8f57c5b6e1d10a6c345f?utm_hp_ref=it-coronavirus

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