giovedì, Aprile 18, 2024

“Mafie e virus sono fatti l’uno per l’altro”: il rapporto di Libera (Manuela Modica)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Mafie e virus sono fatti l’uno per l’altro. Dallo smaltimento dei rifiuti sanitari all’affare dei farmaci: il business dei clan al tempo del Covid”: il rapporto di Libera

 

Il rapporto dell’associazione antimafia riassume dati, fatti, intercettazioni, che disegnano un quadro chiaro su come la criminalità organizzata abbia già cominciato a trarre profitto dall’emergenza. Numeri raccolti e rielaborati che restituiscono un affresco dell’emergenza dal punto di vista criminale. Don Ciotti: “Covid e clan fatti l’uno per l’altro. È quanto risulta da questo rapporto, una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid”

 

“Col virus si fanno i soldi”. Così parlava lo scorso maggio Salvatore Emolo, sottoposto a sorveglianza speciale per camorra. Ignaro di essere intercettato Emolo chiariva il suo business plan: “In pieno lockdown, aveva trovato una soluzione: il cugino era già il titolare di un’impresa di lavaggio auto con sede a Pesaro, bisognava riadattare l’azienda alle esigenze, trasformandola in una ditta di sanificazioni”. È solo un esempio di come l’emergenza scatenata dal Covid sia diventata un’occasione per la criminalità organizzata, “l’altro virus” che si muove parallelo all’epidemia. “Mafiavirus“, lo ha definito don Luigi Ciotti, il fondatore dell’associazione antimafia Libera che con la rivista Lavialibera ha appena pubblicato un rapporto sulla pandemia e la criminalità organizzata, dal titolo: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. “Mafie e Covid: fatti l’uno per l’altro. È quanto risulta da questo rapporto, una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Fotografia che si è potuta sviluppare grazie alla camera non oscura ma chiara, trasparente, luminosa della condivisione e della corresponsabilità”, commenta Ciotti, descrivendo il dossier.

Sei interdittive antimafia al giorno – Sono 48 pagine di dati, fatti, intercettazioni come quella di Emolo, che disegnano un quadro chiaro su come la criminalità organizzata abbia già cominciato a trarre profitto dall’emergenza. Dati raccolti e rielaborati che restituiscono un affresco dell’emergenza dal punto di vista criminale: “Le attività investigative di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza insieme alle procure, le direzioni distrettuali e la Procura Nazionale Antimafia tra penali e amministrative, hanno portato all’apertura di oltre tremila fascicoli di indagine, tutti con il codice Covid-19”. Tremila inchieste col nome della pandemia che ha acceso gli appetiti di camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra. Mentre nei primi nove mesi dell’anno il ministero dell’Interno ha registrate ben 1.637 interdittive antimafia, alla media di 181 al mese, sei provvedimenti al giorno. D’altronde si tratta di un’emergenza sanitaria, lì dove con “emergenza” si crea il contesto ideale per l’eccezione alla regola, ovvero per ottenere appalti legati alla distribuzione di presidi medicali ma anche allo smaltimento dei rifiuti speciali ospedalieri. E lo smaltimento di rifiuti, è ben noto, è da sempre nel mirino della criminalità organizzata, camorra in primis. La sanità è uno “strumento di consenso di cui si serve molto anche la politica, visto che spesso condiziona le nomine, dai primari ai vertici di ospedali e aziende sanitarie”, ricorda il report.

 

L’affare dello smaltimento di rifiuti sanitari – Secondo un calcolo dell’Anac tra il 1° marzo e il 9 aprile sono stati spesi 2.277 miliardi di fondi pubblici per l’acquisto di mascherine (23%), camici e altri dispositivi di protezione individuale (32%), respiratori polmonari (23%), tamponi (5%) e altro. Una tavola molto più che ghiotta che riguarda anche le opere di ristrutturazione delle Rsa, dove non mancheranno assegnazione di appalti e forniture di dispositivi sanitari. Una tavola che fa gola soprattutto alla ‘ndrangheta: “Certo, ora abbiamo la necessità di smaltire enormi quantità di rifiuti sanitari. Si tratta di materiali pericolosi, che hanno come unica destinazione l’inceneritore. Vorrei che ci fosse una maggiore tracciabilità, perché da tempo la criminalità è interessata al settore”, spiega il procuratore aggiunto, Alessandra Dolci, capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, che ha lanciato l’allarme sugli interessi della ‘ndrangheta legati all’emergenza sanitaria. I numeri spiegano di che interessi si tratta: dal 1° marzo al 27 novembre – ricorda il report di Libera e Lavialibera – sono state distribuite dalla Protezione Civile 2.012.798.391 mascherine sanitarie. Tutte da smaltire negli inceneritori una volta utilizzate. Perfino il Financial Times aveva rilevato che “alcune imprese del settore sanitario legate alla ‘ndrangheta hanno ceduto le fatture non pagate dalle aziende sanitarie pubbliche a intermediari per recuperare crediti; a loro volta gli intermediari hanno ceduto le fatture non pagate a società finanziarie che hanno creato ‘strumenti di debito‘ venduti agli investitori di tutto il mondo. Le inefficienze della sanità pubblica e gli affari delle mafie sono entrati così nel mercato finanziario globale”.

Le mani dei clan sui farmaci – E ora che siamo vicini ad una svolta, le mafie non saranno impreparate: solo poche settimane fa l’Agenzia delle dogane avvertiva sul rischio di immissioni di vaccini pericolosi. D’altronde anche il capo della Polizia Franco Gabrielli aveva evidenziato: “Pensate solo all’attenzione che c’è per la ricerca di nuovi vaccini, di strutture per l’accoglienza dei pazienti o per i dispositivi di protezione individuale. Oltre a tutta la partita sui farmaci per curare le malattie: alcuni valgono più dell’oro”. E questo è il Covid-19 per la criminalità organizzata: oro. “Con i farmaci faremo 100 milioni l’anno”. “Giovà…, gli antitumorali gli ospedali li comprano a mille, e nell’Inghilterra li vendono a 5 mila. Quindi tu compri a mille e vendi a 5 mila, e così guadagni 4 mila euro l’uno. Allora se noi entriamo con due ospedali, che ti danno 10 farmacie…”. Sono le parole del boss della ‘ndrangheta Grande Aracri. Il “nuovo business”, come lo ha definito Aracri al quale non poteva mancare la mafia.

 

Il boom dei reati spia: riciclaggio e usura – Dalla Calabria alla Sicilia: “Sorella sanità è il nome dell’inchiesta della Guardia di Finanza di Palermo che il 20 maggio scorso ha svelato il sistema costituito da Fabio Damiani e Antonino Candela. – ricordano nel Report -. L’inchiesta della Finanza riguarda un sistema di mazzette attorno a quattro appalti della sanità siciliana. Gare, per un valore totale di 600 milioni di euro”. Eppure Cosa nostra siciliana pare retrocedere nel grande affare del Covid: l’isola registra solo 178 interdittive e risulta quarta, dietro l’Emilia Romagna, che ne registra 218. Una regione del centro-nord che arriva terza dopo Campania che raggiunge quota 468 interdittive e Calabria con 343, in calo rispetto all’anno precedente. Ma la porta d’ingresso più pericolosa nell’economia da parte della criminalità organizzata – dopo il periodo di lockdown per contrastare il Coronavirus – è costituita dai mercati finanziari. I ricercatori della Banca d’Italia hanno tracciato le operazioni sospette: sono 53.027, in aumento (+3,6 per cento) rispetto al 2019. E, manco a dirlo, “la crescita complessiva del semestre è determinata dalle segnalazioni di riciclaggio, in aumento rispetto al primo semestre del precedente anno (+4,7 per cento)”. Secondo i dati elaborati dal rapporto di Libera e Lavialibera, poi, le operazioni sospette di riciclaggio hanno dato questo risultato: “Trentino col 47 percento, Lazio col 38, Sardegna con 37, Calabria col 17,8, Val D’Aosta 14,1, Campania, 9,7”. A conferma di una sempre maggiore operatività della criminalità organizzata nelle regioni del Nord. La crisi economica, tradotta praticamente in una mancanza di liquidi nelle tasche degli italiani, ha creato l’humus perfetto per l’acquisizione di società in difficoltà, trasformando l’emergenza in occasione propizia per riciclare denaro sporco. E tra i reati contro il patrimonio, l’usura è “l’unico reato che ha fatto registrare un aumento. Da sempre l’usura è uno dei reati spia quale indicatore significativo dell’operatività dei gruppi criminali e del controllo mafioso sul territorio”, sottolineano nel rapporto.

Crescono i reati online – Tutti chiusi in casa da marzo a maggio: ecco l’occasione per l’aumento dei crimini online: “Solo nei primi quattro mesi dell’anno in corso si sono registrati un totale di transazioni fraudolente pari ad oltre 20 milioni di euro in costante ed ulteriore ascesa… un aumento del 600 per cento nel numero di email di phishing in tutto il mondo, con sfruttamento di temi correlati al Coronavirus per raggirare persone fisiche ed aziende”. Un fenomeno che non ha limiti geografici, come rivelava l’Fbi, la scorsa primavera: “Il numero di segnalazioni di crimini informatici ricevute dall’agenzia sia più che triplicato durante la pandemia da Coronavirus”. Ma se non si può uscire come va avanti il traffico di droga? Basta aggiornare i modelli di trasporto, le rotte del traffico e i metodi di occultamento alle limitazioni imposte dalla pandemia. È così che in Spagna tra marzo e aprile sono state sequestrate 14 tonnellate di droghe: “Sei volte la quantità scoperta nello stesso periodo del 2019, altre 18 tonnellate in Belgio – sei in più dell’anno scorso, e 4,5 in Olanda (fonte Europol)”. Niente che sorprenda gli italiani: il 70 percento ritiene che della spinta dell’emergenza Covid la corruzione in Italia si stia diffondendo ancora di più, come rivela l’indagine condotta da Demos per Libera dal 10 al 13 novembre scorso.

 

Manuela Modica, Il Fatto Quotidiano, 2 dicembre 2020

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