Se si consulta il dizionario alla voce mediocrità si legge che essa è “la condizione di ciò che è in mezzo rispetto a due estremi” (Zanichelli 2000).
Ma come? non dice il buon senso che la capacità di porsi in maniera equidistante dai problemi e dai fatti è segno di equilibrio? Che schierarsi apertamente, prendere e poi sostenere una qualche posizione, porta ad atteggiamenti “esagerati”, “provocatori”, “ideologici”? che come dicevano i latini “in medio stat virtus”?
Il dizionario ci stupisce e sentenzia che il cosiddetto “buon senso” è di fatto, mediocrità.
E la mediocrità oggi pare più trionfante che mai. In politica, morte le ideologie, sono morte anche le idee. I vari schieramenti prendono posizione in base ai sondaggi elettorali. Nessuno vuole scontentare nessuno. Se c’è aria di populismo bisogna essere populisti, ma non troppo, per non scontentare quelli che sono “benpensanti, razionali e non vogliono sembrare di destra”, se c’è aria di fascismo, bisogna essere fascisti, ma ben camuffati, perché non sta bene rivangare il ventennio e sollevare esclamazioni di disappunto tra quelli che “io non sono razzista, ma… (loro puzzano, rubano, violentano e portano malattie…)”, se c’è aria di protesta bisogna affrettarsi a dire che “giustizia, rispetto dei diritti, pace, accoglienza, condivisione dei beni” sono i discorsi di quelli che remano contro, di gufi, di nostalgici del XX secolo…
Quasi ogni politico, ogni intellettuale, ogni giornalista, ogni uomo della strada non ha più sogni, non crede di dover lottare o semplicemente credere in ideali alti. Non spera in nulla che non riguardi il suo piccolo mondo privato, non si dispiace di nulla che non tocchi il suo stipendio, la sua pensione, il suo conto in banca, la sua famiglia, la sua tranquillità…
Il consumismo ha fiaccato tutti. A elevato a massimo ideale l’avere. Avere “roba”. Avere soprattutto l’inutile. Il cellulare nuovo, una macchina speciale, armadi pieni di vestiti, viaggi low cost. Anche i poveri, quelli che tirano a stento la fine del mese, anche quelli, preferiscono un paio di Nike a un cibo più sano, una cura, un libro. La felicità si è ormai identificata con l’avere “cose”. Tutto sommato è facile: non richiede pensiero, non richiede studio, non richiede, anzi proprio uccide, lo spirito critico, ti fa sentire “uguale”agli altri, allineato con la maggioranza. E la tua ossessione è perdere questo privilegio.
Così, profeticamente, diceva Pasolini già negli anni ’70: ”L’ansia di consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui deve “obbedire”, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza.” (P. Pasolini, Scritti corsari).
Questo “allineamento” porta alla “mediocrità” in ogni aspetto della vita. Ne risente la cultura (intesa come capacità di riflessione sulla storia, sulla vita, sull’umanità) che viene ritenuta inutile, superata e dispendiosa, ne risente di conseguenza la letteratura, il cinema, le stesse arti figurative, la musica, che asservite come sono al “successo” e alla “resa economica”, non si fanno più interpreti di libertà, novità, rottura degli schemi, anticonformismo. Sono merce omologata ai gusti di chi compra “arte” come fosse un qualunque frigorifero.
Non sono pessimista, sono realista. Penso che stiamo attraversando un periodo di crisi, di mutazione umana profonda. Prenderne coscienza aiuta a reagire. Come? cambiando noi stessi, ribellandoci all’omologazione, lasciandoci provocare dalla profezia, osando schierarci per la verità e smettendo di accodarci vilmente a tutti quelli che abitano nella terra di mezzo!