venerdì, Marzo 29, 2024

Viaggiare non è semplicemente spostarsi (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma!”. Così scriveva il grande viaggiatore Bruce Chatwin in “Anatomia dell’irrequietezza”, una frase che fin da giovanissimo mi ha colpito, ha lasciato il segno, è rimasta  impressa nella mia memoria per la sua semplicità e verità.

Negli ultimi anni, osservando e parlando con tante persone mi sono accorto che… c’è qualcosa, nel cosiddetto odierno “girare il mondo” che proprio non va, che mi mette a disagio, che mi interroga e mi spinge a riflettere.

Ammetto che a volte questo mio confronto con la realtà mi fa sentire un po’un “alieno”, un diverso, un outsider rispetto al mainstream.

Per me il viaggio infatti, è sempre stato qualcosa di importante, di coinvolgente e di “serio”… e questo è dovuto al mio essere come persona ma, soprattutto, a come sono stato educato e alle esperienze che ho potuto vivere. Da questo punto di vista le vacanze con i miei genitori sono state una grande “palestra”: in viaggio attraverso l’Italia e l’Europa assaporavo culture, lingue, cucine diverse. Io e mio fratello venivamo portati ad ammirare musei, pinacoteche, siti archeologici…  tanti luoghi significativi a livello storico e culturale. Ma anche nei mercati, nelle piazze, nei negozi, nei luoghi di culto… nel “quotidiano” di quei paesi e di quelle genti. E poi i tanti incontri vivaci e stimolanti con persone del luogo… dove nel parlare ed ascoltare si apriva un universo variopinto e vastissimo per noi ragazzi. Era un “andare” che mia madre preparava con noi figli: la storia, la lingua, l’arte e la cultura, gli usi e i costumi dei posti che avremmo visitato… Perché capissimo cosa vedevamo, perché potessimo immergerci in un “altro mondo”, perché fossimo capaci di “vedere” ed “ascoltare”… ma soprattutto di “capire”! Tutto questo mi ha aperto la mente e, ora che sono adulto, mi permette di continuare a viaggiare per immergermi ed incontrare l’altro (paese, cultura, stile di vita, essere umano…) senza timori o pregiudizi: non solo per muovermi, distrarmi, o per poter dire: “Sai io sono stato a…”.

Oggi con il medesimo spirito continuo a percorrere le strade del mondo… ma  ho potuto vedere e riflettere anche sul significato che, spesso, ha il viaggio per i miei contemporanei, giovani e non .

 Ed allora sento come un obbligo tornare alla domanda di Chatwin : “È sempre vero, per tutti, che il viaggio apre orizzonti, forma, aiuta a crescere?”.

A me sembra che , nella nostra società dei consumi, neoliberista ed occidentale, il “viaggio” sia diventato un must, un obbligo sociale, qualcosa che si deve fare… sospetto più per esibirlo che per altro. E si viene colpiti tutti come da una sorta di “febbre”, da una sorta di smania per l’atto in sé,,, e si corre il rischio molto concreto di perdersi l’incontro reale, la gioia di scoprire ed esplorare. Ci perdiamo volti, sorrisi, situazioni problematiche, culture millenarie, gioie, dolori, storie… insomma la vita! Un “altro” da noi che ci costringerebbe (se gliene dessimo occasione!) a cambiare, a “fare spazio”, a “capire”, ad entrare in relazione. Altrimenti tutto continua a scorrere come su un binario unico… e ci illudiamo di aver viaggiato ma ci siamo solo spostati fisicamente dal punto A al punto B!

Tempo e tempi

L’evoluzione dei mezzi di trasporto e il loro essere accessibili ha creato un cambiamento epocale: mentre nel passato si viaggiava poco oggi è diventato qualcosa alla portata di molti… Si può salire su un aereo e in poche ore macinare migliaia di chilometri. Questo ha semplificato e facilitato il nostro spostarci ma ha anche privato il viaggio di uno dei suoi elementi fondamentali: il tempo. Infatti oggi tutto è fast/veloce, fluido, senza momenti/segni di discontinuità. E quando lo spostamento fisico diventa veloce anche tutto il resto lo è… e ci accontentiamo di “campioncini”, mini porzioni di esperienza, pacchetti completi… e allora si trasformano questi momenti in tristissimi safari fotografici, forse con l’illusione di fissare qualcosa! In questa prospettiva anche il ritmo resta lo stesso: siamo in viaggio e in vacanza, ma tendiamo a riprodurre modalità, programmi e tempistiche di quando lavoriamo. Allora bisogna “comprimere”, “non perdere tempo…”, “ottimizzare”!

Mentre, al contrario, viaggiare necessiterebbe di tempi più prolungati, di un cambio di ritmo, di uno “staccare” per essere veramente presenti… non solo fisicamente! Tutte cose che cozzano con il nostro attivismo sfrenato. Leggendo molti penseranno: “Certo! La fa facile lui… Ma chi ha tutte queste possibilità e questo tempo libero?!” ed è una giusta osservazione. Ma senza questo cambiamento niente può mutare… il viaggio non può essere un altro prodotto che compriamo, un genere di consumo, qualcosa di pronto all’uso! E dunque, anche se non abbiamo tempi da Grand Tour, è il nostro atteggiamento interiore, la nostra disposizione d’animo che deve cambiare radicalmente. In questo senso la meta deve essere scelta con cura e su di essa va “investito”. In un motto: “Meno gite e gitarelle… ma più viaggi significativi!”, noi non potremo mai vedere tutto il mondo, ogni città, ogni paesaggio, ogni cultura… allora bisogna trovare “luoghi d’elezione” dove recarsi, mete scelte e ragionate dove andare… e dove tornare più volte.

Uscire dal marketing del viaggio!

 Non basta nemmeno il “tempo”.Per poter viaggiare veramente, bisogna essere liberi! Stiamo bene attenti qui non si parla di libertà “da” (impegni, responsabilità lavorative e famigliari, relazioni…) ma di una libertà “di” superare modelli che ci vengono imposti,   che la pubblicità ci sussurra ossessivamente,  che la società dei consumi considera “di tendenza”,  che gli altri considerano appropriato o che si aspettano da noi, insomma libertà di non essere cool. Per vedere quanto siamo ormai consumatori obbedienti, basta recarsi in un’agenzia viaggi o aprire un sito internet dedicato che ci aggredisce con il suo “marketing delle vacanze”. E noi ci affidiamo a quegli orrori che sono i “pacchetti /tutto compreso” e veniamo areo-trasportati in un villaggio turistico all’altro capo del mondo… E poi ci si ritrova lì: immersi in un carnaio balneare esotico che mette una tristezza infinita, spesso tutti italiani (o almeno occidentali), con il il tormentone nazional-popolare dell’estate sparato dagli altoparlanti, la “sigla” del villaggio, pizza e spaghetti a volontà, con l’unico contatto con la cultura locale spesso rappresentato solo dal personale di servizio… Sei in Malesia, ma è come essere a Riccione!

Per questo è assolutamente necessario uscire da questi circuiti e scegliere una meta o un luogo che sia significativo per noi, che sia  arricchente e stimolante…  che elevi lo spirito e ci faccia crescere come uomini! Questo tipo di esperienza è possibile solo scegliendola, preparandola e lasciandosi interrogare da un ”altro da me” che visito ed incontro attraverso profumi, lingue, storia, tradizioni, paesaggi, cibi, arte, persone, stili di vita, idee…

“Vedi solo quello che hai dentro!”

Siamo arrivati al vero puntum dolens ma anche alla chiave di volta del ragionamento… Spesso si sente dire: “Se viaggi” tanto”, se vedi “tanto”, se sei stato in giro… allora capirai il mondo, le altre culture e supererai i tuoi pregiudizi!”… Se questa affermazione fosse vera, se spostarsi”tanto” bastasse, oggi vivremo in un mondo e in una società estremamente più aperti, comprensivi, liberi ed accoglienti… ma così non è! Viviamo, invece, in una società di gente che è stata quasi ovunque, ma per cui straniero significa ancora “arretrato, primitivo, diverso”, per cui la cultura: “Beh… scusa vuoi mettere con la nostra!” (da verificare cosa si intende per “cultura” e se è veramente “nostra”), per cui il cibo degli altri “puzza”, per cui gli altri sono tutti “strani”… Capita spesso di incontrare atteggiamenti di questo genere quando si viaggia. Un’immagine estremamente reale di questo l’ha data il regista Silvio Soldini nei primi minuti del suo film “Pane e tulipani” in cui una di queste comitive, visita la valle dei templi di Agrigento e l’unico commento che esce è l’omonimia tra una dea greca (Minerva) e un modello di  accessori da bagno : tristissimo ma reale!

Per questo il viaggio è anche informarsi, prepararsi, studiare: Se non sai, tutto scivola via e ogni cosa è uguale alla precedente. Infatti rimane verissima la frase: “Vedi solo quello che hai dentro!”.

 

don Paolo Zambaldi

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