giovedì, Aprile 18, 2024

Rito tridentino: l’eccezione diventa regola. Lettera aperta di 180 teologi

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

40220 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Una Lettera Aperta scritta da Andrea Grillo e sottoscritta da 180 teologi italiani e no (per l’elenco: https://bit.ly/3aV1zbH) chiede alla Congregazione per la Dottrina della Fede «di ritirare immediatamente i due Decreti del 25/03/2020» per porre fine allo «stato di eccezione liturgica» in base al quale i riti stabiliti dal Concilio Vaticano II si equivalgono ai precedenti, quei riti di derivazione tridentina che prevedono la messa in latino e che l’officiante rivolga le spalle ai fedeli.

Il 25 marzo scorso, infatti, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato due decreti (datati entrambi 22 febbraio), Quo magis e Cum sanctissimasulla messa tridentina che inseriscono nel messale del 1962 le celebrazioni dei santi canonizzati dopo quella data e sette nuovi prefazi (v. Adista Notizie,n. 13/20). Entrambi i decreti sono in continuità con il motu proprio del 2007 Summorum Pontificum di Benedetto XVI, una sorta di controriforma liturgica rispetto a quella del Concilio Vaticano II e una vittoria del tradizionalismo difeso dalla fraternità sacerdotale S. Pio X fondata da Marcel Lefebrvre.

Non stupisce, si legge nella Lettera aperta, che la Congregazione per la Dottrina della Fede «dedichi le sue attenzioni anche alla liturgia. Ma speciale e singolare è il fatto che essa modifichi gli ordines, introduca prefazi e formulari di feste, modifichi calendari e criteri di precedenza». «Una riflessione critica sulla logica di questa vicenda – seguita – diventa allora decisiva. Il tempo, infatti, ci spiega il paradosso di una competenza sulla liturgia che è stata sottratta ai Vescovi e alla Congregazione del culto: ciò era stato disposto, in Summorum Pontificum, con una intenzione di solenne pacificazione e di generosa riconciliazione (con i lefebvriani, ndr), ma ben presto si era mutata in grave divisione, in capillare conflitto, addirittura nel simbolo di un “rifiuto liturgico” del Concilio Vaticano II». «Il massimo della distorsione delle intenzioni iniziali – osserva la Lettera – si nota oggi in quei seminari diocesani, dove si pretende di formare i futuri ministri contemporaneamente a due diversi riti: al rito conciliare e a quello che lo smentisce».

E allora, per «tornare alla normalità ecclesiale, noi dobbiamo superare lo stato di eccezione liturgico stabilito 13 anni fa, in un altro mondo, con altre condizioni e con altre speranze, da Summorum Pontificum», perché «non ha più alcun senso che si facciano decreti per “riformare” un rito che è chiuso in una storia passata». «Il doppio regime è finito, la nobile intenzione di Summorum Pontificum è tramontata, i lefebvriani hanno alzato sempre più la posta e poi sono scappati lontano, ad insultare il Concilio Vaticano II, il papa attuale insieme a tutti i suoi tre predecessori. Alimentare ancora uno “stato di eccezione liturgica” – che era nato per unire, ma non fa altro che dividere – porta solo a frantumare, privatizzare, distorcere il culto della Chiesa. Sulla base di queste considerazioni, ci proponiamo di condividere, tra tutti noi, la richiesta alla Congregazione per la Dottrina della Fede di ritirare immediatamente i due Decreti del 25/03/2020 e di restituire tutte le competenze sulla liturgia ai Vescovi diocesani e alla Congregazione per il Culto divino. Salva restando, come sempre, alla detta Congregazione, la competenza in materia dottrinale».

«Usciamo dunque – è la sollecitazione finale – dallo “stato di eccezione liturgica”. Se non ora, quando?».

 

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