martedì, Aprile 23, 2024

Il Testamento di Tito (Fabrizio De Andrè)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
Non avrai altro Dio all’infuori di me,

 

spesso mi ha fatto pensare:

 

genti diverse venute dall’est

 

dicevan che in fondo era uguale.

 

 

 

Credevano a un altro diverso da te

 

e non mi hanno fatto del male.

 

Credevano a un altro diverso da te

 

e non mi hanno fatto del male.

 

 

 

Non nominare il nome di Dio,

 

non nominarlo invano.

 

Con un coltello piantato nel fianco

 

gridai la mia pena e il suo nome:

 

 

 

ma forse era stanco, forse troppo occupato,

 

e non ascoltò il mio dolore.

 

Ma forse era stanco, forse troppo lontano,

 

davvero lo nominai invano.

 

 

 

Onora il padre, onora la madre

 

e onora anche il loro bastone,

 

bacia la mano che ruppe il tuo naso

 

perché le chiedevi un boccone:

 

quando a mio padre si fermò il cuore

 

non ho provato dolore.

 

Quanto a mio padre si fermò il cuore

 

non ho provato dolore.

 

 

 

Ricorda di santificare le feste.

 

Facile per noi ladroni

 

entrare nei templi che riguargitan salmi

 

di schiavi e dei loro padroni

 

senza finire legati agli altari

 

sgozzati come animali.

 

Senza finire legati agli altari

 

sgozzati come animali.

 

 

 

Il quinto dice non devi rubare

 

e forse io l’ho rispettato vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie

 

di quelli che avevan rubato:

 

ma io, senza legge, rubai in nome mio,

 

quegli altri nel nome di Dio.

 

Ma io, senza legge, rubai in nome mio,

 

quegli altri nel nome di Dio.

 

 

 

Non commettere atti che non siano puri

 

cioè non disperdere il seme.

 

Feconda una donna ogni volta che l’ami

 

così sarai uomo di fede:

 

Poi la voglia svanisce e il figlio rimane

 

e tanti ne uccide la fame.

 

Io, forse, ho confuso il piacere e l’amore:

 

ma non ho creato dolore.

 

 

 

Il settimo dice non ammazzare

 

se del cielo vuoi essere degno.

 

Guardatela oggi, questa legge di Dio,

 

tre volte inchiodata nel legno:

 

guardate la fine di quel nazzareno

 

e un ladro non muore di meno.

 

Guardate la fine di quel nazzareno

 

e un ladro non muore di meno.

 

 

 

Non dire falsa testimonianza

 

e aiutali a uccidere un uomo.

 

Lo sanno a memoria il diritto divino,

 

e scordano sempre il perdono:

 

ho spergiurato su Dio e sul mio onore

 

e no, non ne provo dolore.

 

Ho spergiurato su Dio e sul mio onore

 

e no, non ne provo dolore.

 

 

 

Non desiderare la roba degli altri

 

non desiderarne la sposa.

 

Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi

 

che hanno una donna e qualcosa:

 

nei letti degli altri già caldi d’amore

 

non ho provato dolore.

 

L’invidia di ieri non è già finita:

 

stasera vi invidio la vita.

 

 

 

Ma adesso che viene la sera ed il buio

 

mi toglie il dolore dagli occhi

 

e scivola il sole al di là delle dune

 

a violentare altre notti:

 

io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore.

 

Nella pietà che non cede al rancore,

 

madre, ho imparato l’amore…
Fabrizio De Andrè

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