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Gesù d’Amazzonia. La sfida del nuovo patto delle catacombe alla Chiesa e all’umanità (Nigrizia)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Galilea e Amazzonia. Periferie della storia che parlano al mondo intero. Orizzonti di sangue versato per il sogno di Dio: realizzare il mito della terra senza mali. Il banchetto prelibato della casa comune (Is 25,6) con portate di ecologia integrale, giustizia sociale, fratellanza universale.

Il 20 ottobre 2019, la periferia Amazzonia entra nella storia. Nel silenzio e nella preghiera, a Roma, nelle catacombe di Domitilla, luogo di sepoltura e resistenza dei primi seguaci di Gesù perseguitati dentro l’impero, si scrive il Patto delle catacombe per la casa comune. Alcuni partecipanti al sinodo pan-amazzonico, tra cui una quarantina di vescovi, riprendono l’intuizione di loro illustri predecessori che il 16 novembre 1965, poco prima della chiusura del Concilio Vaticano II, scrissero il Patto per una Chiesa serva e povera.

Nello stesso simbolico luogo, si mette nero su bianco e si celebra l’alleanza che guarda verso cieli e terre nuove (Ap 21,1). Impegno radicale per una vita più semplice, gioiosa, di condivisione e gratuità. Di denuncia delle violenze e dei crimini sociali e ambientali a tutte le latitudini. Di protezione delle foreste, polmoni del mondo, e di opzione preferenziale per i poveri e per i popoli originari protagonisti dentro la storia della Chiesa e dell’umanità. Con le donne in prima linea. In stile ecumenico e passo comunitario.

Patto suggellato da un gesto molto forte. Dom Claudio Hummes, relatore generale del sinodo, ha indossato nella messa alle catacombe la stola usata nel Concilio da dom Helder Camara, vero ispiratore della Chiesa povera con i poveri. Prima della firma finale l’ha passata a dom Erwin Krauter, vescovo emerito dello Xingù. Padre del popolo, fattosi indigeno.

Per suggellare la continuità storica di una vita spesa fino in fondo per e con i popoli dell’Amazzonia e la raccolta abbondante dei frutti che il Concilio Vaticano II ci sta regalando oggi. Frutti dello Spirito di Pentecoste che soffia con rinnovato impeto sulle vele della casa comune. Dall’America Latina all’Africa. Dall’Amazzonia al bacino del fiume Congo.

Il volto amazzonico di Gesù sfida ora il cuore del mondo. Volto della foresta marchiato dalla terra rossa del sangue dei martiri. La comunità di Gesù sulla terra, sempre divisa e contraddittoria, con Francesco, le madri e i padri sinodali, lancia un messaggio molto forte per sé stessa e per l’umanità: o cambiamo passo davvero o non c’è futuro sul pianeta.

Per la vita di ognuno e ognuna di noi, per l’ecologia umana dei nostri stili di vita, di relazioni e di sogni è un’occasione storica. Sapremo coglierla?

 

Nigrizia.it, novembre 2019

 

Nella foto: durante la celebrazione dell’eucarestia nelle catacombe di Domitilla, il cardinale Claudio Hummes esibisce la stola che fu di Dom Helder Camara, ispiratore del ‘Patto per una chiesa serva e povera’.

Patto della catacombe per la casa comune
Tra i 15 punti del programma: riconoscere che non siamo i proprietari della madre terra, ma i suoi figli e figlie; rinnovare nelle nostre chiese l’opzione preferenziale per i poveri, specialmente per i popoli originari, e insieme a loro garantire il diritto di essere protagonisti nella società e nella Chiesa; abbandonare nelle nostre parrocchie, diocesi e gruppi ogni tipo di mentalità e di atteggiamento coloniale, accogliendo e valorizzando la diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le tradizioni spirituali; rendere effettiva nelle comunità a noi affidate il passaggio da una pastorale della visita a una pastorale della presenza, assicurando che il diritto alla Tavola della Parola e alla Tavola dell’Eucaristia diventi effettivo in tutte le comunità; assumere davanti all’ondata del consumismo uno stile di vita gioiosamente sobrio, semplice e solidale con chi ha poco o nulla.

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