Pchr. La faccia rugosa di Fatma rivela il dolore di una madre che non vede la propria figlia da 11 anni. Fatma Khalil Mubarak (78 anni) vive a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Sua figlia, Lamees Ahmad Mubarak (44 anni), vive a Hebron, nella West Bank, da quando si è sposata, nel 1988. L’ultima volta che Fatma ha visto sua figlia è stato nel 2002. Da allora, Lamees ha cercato di andare a trovare la propria famiglia a Gaza, ma le è stato negato l’ingresso ogni volta che ha fatto richiesta per un permesso di visita per attraversare il valico di Erez (Beit Hanoun). Il valico di Erez è l’unico valico di frontiera pedonale per andare da Gaza alla West Bank, inclusa Gerusalemme Est, e/o Israele.
Fatma spiega: “Mia figlia Lamees andò a Hebron con suo marito quando si sposarono nel 1988. Veniva a trovarmi spesso, e io andavo a trovare lei perché le mie condizioni di salute erano decisamente migliori e andare nella West Bank decisamente più semplice. Tuttavia, dalla Seconda Intifada, non l’abbiamo quasi più vista. L’ultima volta che è venuta è stato nel 2002, e da allora non è più potuta tornare”.
Dal 2002 Lamees e la sua famiglia hanno fatto diversi tentativi per riunirsi; tuttavia, le richieste di Lamees per un permesso di visita nella Striscia di Gaza sono sempre state rifiutate. “Quest’anno, abbiamo già fatto richiesta due volte, ma invano. Il permesso è stato rifiutato di nuovo. Non ci siamo ancora arresi. Continuerò a fare richiesta per un permesso per vedere mia figlia finché avrò vita”.
Il bisogno di Fatma di vedere la propria figlia diventa più forte ogni giorno, soprattutto perché le sue condizioni di salute stanno peggiorando, in quanto soffre di una malattia cardiaca e di epatite. “Non so perché mi venga impedito di vedere mia figlia”, aggiunge. “È mia figlia e vuole solo venire a trovarmi perché sono molto malata. Perché le negano sempre l’ingresso? Non è una minaccia per la sicurezza. Vuole venire solo perché io possa vederla”.
“Abbiamo provato di tutto. L’ultima volta che abbiamo fatto richiesta, abbiamo allegato una copia della mia cartella clinica certificata dai dottori per attestare quanto siano gravi le mie condizioni, ma anche questo non ha funzionato. Le autorità israeliane si sono rifiutate ancora una volta di darle il permesso. Pensavamo tutti che avrebbe funzionato e che finalmente sarebbe riuscita a venire”.
“L’ultima volta che sono andata a trovare Lamees a Hebron è stato diciassette anni fa. Da quando le mie condizioni di salute sono peggiorate, per me è difficile viaggiare da sola. Non esco mai di casa. So che potrei ottenere un permesso se ne facessi richiesta, per via della mia età e delle mie condizioni di salute, ma che me ne farei di un permesso se non posso muovermi e non posso andare da nessuna parte da sola? Le mie condizioni di salute non me lo consentono. E se morissi durante il viaggio? Le autorità israeliane non vogliono permettere ai miei figli di accompagnarmi nella West Bank”.
Israele impone una politica di frammentazione territoriale sulla West Bank e sulla Striscia di Gaza. La separazione dei territori ha avuto gravi conseguenze sul tessuto della società. Ha influenzato ogni aspetto della vita sociale del popolo palestinese. Fatma spiega come la chiusura israeliana della Striscia di Gaza abbia ulteriormente impedito a lei e alla propria famiglia di svolgere il proprio ruolo di madre e nonna. “Lamees di recente si è ammalata gravemente. Non sono potuta andare a trovarla né a prendermi cura di lei. Nessuno della sua famiglia ha potuto. È lì da sola. Suo padre si ammalò gravemente prima di morire nel 2008. Voleva vederla, così facemmo richiesta per un permesso di visita, ma venne rifiutato. Morì senza poterla vedere, e lei non poté partecipare al suo funerale. Ora ho sette nipoti che non conosco. Due delle mie nipoti si sono sposate e non sono potuta andare ai loro matrimoni”.
La separazione della Striscia di Gaza e della West Bank ha reso complicate le più semplici occasioni familiari. Secondo Fatma, Lamees sperava di partecipare al matrimonio della nipote a Gaza, che era stato pianificato per dopo il Ramadan, così da poter festeggiare la lieta circostanza con la propria famiglia. “Ci stavamo preparando a riceverla al matrimonio e la stavamo aspettando. Ci siamo rimasti molto male quando abbiamo saputo che il suo permesso era stato rifiutato di nuovo. Non importa quante volte le negheranno il permesso di venire, io spero sempre che la prossima volta otterrà il permesso e che potrò rivedere mia figlia. Non mi abituerò mai ai rifiuti. Continuerò sempre a fare richiesta per il permesso”.
Fatma si ricorda dei giorni in cui le restrizioni israeliane sugli spostamenti dei civili attraverso il valico di Erez erano meno rigide. “In passato, quando facevo richiesta per un permesso, lo ottenevo il giorno seguente. Prendevo un taxi da Gaza fino a Hebron. Partivamo alla volta di Hebron in mattinata e arrivavamo prima di mezzogiorno. Era appena un’ora di macchina. Oggigiorno, per me è più facile vedere mia figlia che vive in Norvegia che vedere quella che vive a un’ora di macchina”.
I palestinesi nella Striscia di Gaza continuano a vedere negato il proprio diritto di libertà di movimento, e soffrono moltissimo per le restrizioni imposte sul valico di Erez. Le restrizioni vennero imposte la prima volta nel 1994 e sono diventate sempre più rigide dall’Intifada al-Aqsa. Alla fine, il 16 febbraio 2006 il valico è stato chiuso del tutto. Da allora, ai palestinesi è stato impedito di attraversare il valico a meno che non rientrino in alcune categorie specifiche.
Di conseguenza, ai civili nella Striscia di Gaza viene negato l’ingresso in luoghi sacri a Gerusalemme e Betlemme per eseguire rituali religiosi. Agli studenti viene negato il permesso di viaggiare per frequentare le università nella West Bank e viceversa. Da quando Hamas ha preso il potere nel giugno 2007, le autorità israeliane hanno permesso solo a poche categorie di persone di attraversare il valico: pazienti in condizioni critiche; giornalisti internazionali; impiegati di organizzazioni internazionali. A questi gruppi viene concesso di attraversare il valico in circostanze limitate, tramite procedure complicate, e sono spesso sottoposti a trattamenti degradanti.
La chiusura della Striscia di Gaza, che Israele impone da sei anni consecutivi, costituisce una forma di punizione collettiva, in violazione del diritto umanitario internazionale. Come conseguenza della chiusura continua, viaggiare tra la Striscia di Gaza e la West Bank è stato reso virtualmente impossibile per i palestinesi, e intere famiglie sono ora separate. La forzata separazione delle famiglie viola, tra le altre cose, l’Art. 16 della Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948 e l’Art. 23 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici del 1966 che obbliga gli Stati a proteggere il diritto di sposarsi e fondare una famiglia.
Traduzione per InfoPal a cura di Roberta Toppetta