Gli ebrei ricevono con la rivelazione due «Bibbie»: la Torah she biktav e la Torah she bealpeh, ovvero la Torah che è scritta e la Torah che è «sulla bocca».
Quest’ultima è raccolta nel Talmud, libro non libro, risultato di secoli di discussioni di centinaia di maestri che contiene tutti i pareri, quelli prevalsi come quelli emersi nel corso delle controversie.
Il Talmud è verosimilmente l’unico libro sacro che accetti la propria rimessa in discussione, anzi, che la solleciti caldamente.
Il Talmud è il risultato del genio dialettico ed ermeneutico ebraico, «risposta» dell’uomo alla parola divina dello scritto.
Lo studio del Talmud deve essere polemico e ha bisogno del confronto: ragion per cui non è uno studio solitario, ma necessita di almeno due persone che, con assillo, si critichino per dinamizzare il pensiero, per impedire che la sclerosi li irrigidisca. (…)
Il Talmud ci insegna a non aver fretta di saltare alle conclusioni.
I precetti sono santi e rispettarli è cosa santa, ma anch’essi corrono il rischio di divenire idoli dietro cui celare la pigrizia del proprio pensiero.
Moni Ovadia, L’ebreo che ride, Torino, 1998.