venerdì, Marzo 29, 2024

Le ragazze oggi fanno più paura che mai. Per questo certi uomini vogliono distruggerle.

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Secondo la Lega Giovani di Crotone, chi offende la dignità della donna è, tra le altre cose, “Chi […] sostituisce i termini ‛mamma e papà’ con ‛genitore 1 e genitore 2’, chi sostiene una cultura politica che rivendica una sempre più marcata e assoluta autodeterminazione della donna che suscita un atteggiamento rancoroso e di lotta nei confronti dell’uomo, chi contrasta culturalmente il ruolo naturale della donna volto alla promozione e al sostegno della vita e della famiglia”. E si potrebbe, purtroppo, continuare. Nessuna spiegazione del perché la dicitura “genitore 1 e genitore 2” dovrebbe farci sentire offese in quanto donne, né tantomeno di quale sarebbe il “ruolo naturale” dell’uomo (uscire dalla caverna per andare a caccia armato di clava e pietre, si suppone). Sarebbe bello liquidare il volantino della Lega Giovani di Crotone come un rigurgito di sproloqui fuori dal tempo, un episodio isolato, ma il tempismo tragicamente ironico della sua pubblicazione in vista dell’8 marzo ci dice che esistono ancora persone che ritengono l’autodeterminazione della donna una minaccia e che pensano di trovare ampio seguito alle proprie imbarazzanti parole. Lo stesso ministro dell’interno leghista – che andrebbe ricordato, tra le altre cose, per aver qualificato una bambola gonfiabile come sosia di Laura Boldrini, inaugurando una serie di insulti senza precedenti rivolti all’allora presidente della Camera – si è smarcato dicendo di non saperne nulla e di non condividerne “alcuni” contenuti.

 

Lautodeterminazione è il “principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo e di essere liberi da ogni dominazione esterna”. La base del femminismo, in poche parole, ma, come il volantino dimostra, c’è ancora chi pensa che “femminista” sia sinonimo di “nemica degli uomini”. Gli insulti a Boldrini, e quelli verso tante altre, dimostrano che questa mentalità sessista è ancora radicata: non potendo attaccarla sul piano professionale (anche perché molti sono ignari del suo ruolo istituzionale), si punta a colpirla sul personale, arrivando alle minacce di morte e di stupro, certamente non condannate dai discorsi da bar di alcuni leader politici. Oppure la si critica per essersi permessa di zittire qualcuno, pur non essendone “né la madre né la maestra”, come sottolineò l’onorevole Alfonso Bonafede quando Laura Boldrini espulse Alessandro Di Battista dalla Camera perché non si atteneva al tema in discussione: una Presidente della Camera non può osare quel che solo alla madre o alla maestra – uniche figure femminili a cui si riconosce autorità – è permesso fare.

 

Da sempre i governi reazionari si premurano di riportare indietro di anni la condizione delle donne, da tenere sotto controllo e mettere a tacere per mantenere lo status quo. Dall’esaltazione della virilità e dalla promozione del ruolo di madre di famiglia del governo fascista di Mussolini, alla subalternità nell’Iran post-1979, per arrivare all’attualità del Brasile del sessista Jair Bolsonaro con il ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani affidato a un antiabortista conservatore. Da sempre chi ha l’ideale della donna accondiscendente e sottomessa si sente minacciato da chi non corrisponde a tale stereotipo, per cui un genere deve necessariamente dominare l’altro, in cui i ruoli sociali sono stabiliti dalla biologia, in cui il maschio non può affermare se stesso se non opprimendo l’altro. In cui deve dimostrare di essere abbastanza maschio. È il pericoloso dramma degli Incel, ma si annida, seppure in modo meno lampante e più strisciante, ovunque qualche “maschio alpha”, esplicitamente o meno, reputi un problema l’autodeterminazione della donna.

 

Il 9 ottobre 2012 alcuni taliban hanno sparato a Malala Yousafzai, allora quindicenne, sull’autobus che la riportava a casa da scuola, per punirla e far cessare il suo impegno in favore della scolarizzazione delle ragazze, duramente sotto attacco in Pakistan. Sopravvissuta all’attentato, non è stata zitta, ma ha approfittato della notorietà per portare la propria storia – e quella di tante altre ragazze – in giro per il mondo e far sentire la propria parola di denuncia fino all’Onu, ottenendo poi il Premio Nobel per la Pace nel 2014 per il suo attivismo.

 

L’odio o la paternale: nel migliore dei casi, le donne non vengono prese sul serio, spesso per la loro giovane età. Dalla malriuscita antifrasi del bonario rimprovero di Massimo Gramellini alla cooperante milanese Silvia Romano rapita in Kenya, fino al baciamano di Jean-Claude Juncker a Greta Thunberg – attivista svedese per il clima, 16 anni – che pubblicamente gli ha ricordato che se non farà qualcosa di concreto, raddoppiando gli sforzi dell’Ue per il clima, sarà ricordato, assieme ai suoi colleghi, come uno dei più grandi malvagi della Storia.

 

Thunberg è solo la più nota delle giovanissime attiviste per il clima che riempiono le piazze d’Europa: ci sono anche le belghe Adelaide Charlier, Kyra Gantois, Anuna De Wever e la tedesca Luisa Neubauer. Tutte donne, tutte giovani (la più “anziana” ha poco più di 20 anni), che non hanno per nulla intenzione di farsi mettere da parte e trainando migliaia di giovani fanno rete per far pressione sui grandi d’Europa. Thunberg e le altre non mirano a essere eroine con le loro marce pacifiche e gli scioperi, ma vogliono richiamare gli adulti, e nello specifico i politici, al loro dovere, usando parole di fuoco che quelli scusano motivandole con l’innocenza dell’adolescenza.

 

Donald Trump, al pari del suo collega brasiliano, è un campione del bullismo sessista, evidente, ad esempio, nella sua profonda analisi critica nei confronti della giornalista Megyn Kelly, colpevole di averlo sollecitato su certe sue affermazioni contro le donne: Trump, intervistato telefonicamente in seguito, disse che Kelly è “ampiamente sopravvalutata” come giornalista e che “si vedeva il sangue uscirle dagli occhi, uscirle… dappertutto”. Sempre negli Usa, un account anonimo, poi cancellato, ha tentato di ridicolizzare Alexandria Ocasio-Cortez mettendo in circolazione il giorno prima del suo giuramento al Congresso un video realizzato ai tempi del college, in cui la deputata, allora studentessa, balla. Lei ha prontamente risposto: “Ho sentito dire che il Partito Repubblicano crede che le donne che ballano siano scandalose. Aspettate di scoprire che anche le donne del Congresso ballano”. La stessa deputata è stata fatta oggetto di ironia perché vestita troppo bene da parte del giornalista Eddie Scarry che, atteggiandosi a uomo vissuto che si trova ad avere a che fare con una sprovveduta, ha usato nei suoi confronti il termine ”girl”. Come sottolineato da dictionary.com, che ha risposto al giornalista con un tweet, il termine è appropriato qualora indichi una giovane che non ha ancora raggiunto l’età adulta, altrimenti il suo utilizzo è offensivo.

 

Non subalterne come le loro nonne, più istruite e aperte rispetto alle loro madri, ma ancora oggetto di discriminazione, oggi sono le ragazze ad alzare la voce contro le ingiustizie e gli errori del potere, e chi si sente minacciato dalla loro forza, non essendo in grado di ribattere con argomentazioni altrettanto potenti, cerca di zittirle, che sia con la violenza, con gli insulti o cercando di metterle in ridicolo e sminuirle. Questo atteggiamento, avvallato dall’alto, si riversa tra la gente comune: e così, come è facilmente verificabile da chiunque apra un social network, le donne che eccellono in qualche ambito o semplicemente esprimono pubblicamente la propria opinione vengono prese di mira dagli haters assai più degli uomini.

 

Forse le donne che portano all’attenzione dei colleghi uomini i temi scomodi sono percepite come doppiamente scomode loro stesse. Alle loro argomentazioni non si sa come ribattere. E allora ci si appiglia a riferimenti all’abbigliamento, all’aspetto fisico, alle battute a sfondo sessuale, al tentativo meschino di sviare l’attenzione su qualcosa che faccia ridacchiare, dandosi il gomito, per rinsaldare il legame con gli altri membri del branco.

 

Silvia Granziero, thevision.com, 18 Marzo 2019

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