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Il passato che si dimentica: sulla criminalità l’amnesia collettiva altoatesina

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Quasi tutto quel che di importante e “speciale” accade in Alto Adige viene letto, spiegato e persino giustificato, con quanto avvenuto nel passato. Oggi come venti o trent’anni fa. Una “lettura” che può funzionare finché si discute di proporzionale etnica o di toponomastica, ma che oggi risulta fuorviante. E’ sufficiente camminare per le periferie del capoluogo o visitare Fortezza, Salorno o il Brennero per comprenderlo. Sarà fuori moda, ma per sostenere una tesi occorrono fatti, dati e circostanze. Per questo è nato AltoAdige.doc. Ecco la seconda inchiesta, la prima riguardava lospedale di Bolzano

Studentessa litiga con una compagna di scuola. Colpita con un pugno ha il naso fratturato“. No, le studentesse non hanno incominciato a picchiarsi con frequenza quotidiana. La notizia non è di oggi, ma risale al febbraio di quarant’anni fa ed è stata pubblicata dal quotidiano “Alto Adige” il 24 febbraio 1979. (taglio basso a pagina 5). Come noto, una notizia molto simile, risalente a una decina di giorni fa, ha ottenuto una copertura mediatica molto molto più ampia e persistente.

Se ne scrivo qui è perché la notizia del 1979 non è stata cercata, ma ritrovata per puro caso.

L’idea era quella di comprendere il “vecchio” Alto Adige prima di partire con il viaggio alla scoperta del “nuovo”. Non interessava tanto la storia dell’Alto Adige, i “pacchetti”, gli accordi e le bombe, ma la sua narrazione odierna. Un racconto che è alla portata di tutti: per ascoltarlo è sufficiente sedersi ai tavolini di un bar del centro o della periferia, del capoluogo o della provincia. Si potranno apprezzare noti ritornelli privi di musica: “Ormai c’è da aver paura a uscire“, “I nostri figli non sono più sicuri nemmeno a scuola” e un classicissimo “E dire che fino a pochi anni fa potevamo uscire lasciando la porta aperta“. Frasi che mi hanno spinto a forza verso la biblioteca Civica di Bolzano per consultare l’archivio del quotidiano Alto Adige salvato su cd (Niente di personale contro la maggiore testata locale, ma è l’unica su cui è possibile fare un confronto).

A questo scopo, ho scelto di recuperare le notizie della fine di febbraio di quaranta, trenta e venti anni fa. L’obiettivo era quello di verificare quando si è smesso di stare tranquilli nelle proprie case e di poter passeggiare senza pericoli per le vie e parchi della provincia. Le prime notizie recuperate, risalenti al 23 febbraio 1979, non sono risultate molto rassicuranti: “I truffatori arrestati ad Egna responsabili di altri peccati. I carabinieri hanno accertato che nell’assalto al furgone della Banca Popolare di Novara vennero rapinati 36.000 assegni”. (pag. 4).  Notizie che non compaiono sulla prima pagina di quel giorno, monopolizzata dai colloqui di La Malfa con Dc e Pci e da tre notizie locali:  “Cinque galantuomini contro un sedicenne. Vendicatori in azione a Ortisei”. Più sotto: “Per droga arrestati tre trentini” e di spalla “Sfilano i trentini imputati nel processo Gap Feltrinelli”.

Il giorno successivo, oltre alla rissa tra adolescenti citata in apertura, l’Alto Adige riportava, sempre in taglio basso, la notizia di un “Grave episodio criminoso” avvenuto in via Visitazione: il gestore di un bar era stato rapinato del portafoglio da un giovane armato di pistola. (pag. 5). Molto più spazio era stato concesso ad un altro delitto che si era guadagnato l’apertura di pagina 3. Questo il titolo: “Così morì Andreas Hofer”. L’anno precedente, il 1978, era andata anche peggio. L’eco del rapimento di Ander Amonn,  rilasciato il 18 febbraio 1978 dopo il pagamento di un riscatto miliardario non si era ancora spenta. I titoli delle pagine interne erano dedicati a fatti “minori”: “Ennesimo furto in poche settimane. In comune a Lana tornati i ladri (21/2/1978, pag.8).

Nei giorni precedenti i furti e gli scippi non mancavano, ma continuavano ad essere narrati in poche righe nelle pagine interne: “Vuotato il negozio di un rigattiere”, “Ennesimo colpo in un negozio di elettrodomestici” , “Una settantenne scippata alla fermata dell’autobus. Episodio di violenza all’incrocio tra via Milano e via Palermo”. Si potrebbe continuare a oltranza, ma il concetto è chiaro. Meglio cambiare decennio.  Nel 1989, in attesa che il muro di Berlino venisse preso a picconate, il tenore delle notizie locali era questo: ritrovato mezzo chilo di eroina in una cantina di via Claudia Augusta a Bolzano, un altro spacciatore arrestato in via Castel Flavon (22/2/1989).

Tra gli altri titoli: “Va nelle chiese per rubare le offerte” (Regina Pacis a Bolzano), “Eseguito arresto per truffa e furto a Bressanone”, “Tre giovani di Appiano nei guai per furto” (tutte il 23/2/1989). Non resta che avvicinarsi al terzo millennio con le edizioni del febbraio del 1999, sempre gli stessi tre giorni tra il 22 e il 24 febbraio: “Eroina e cocaina sotto la cintura”, “Ladri scatenati nelle ore notturne” (a Bronzolo), “Sordomuto derubava anziani impietosendoli”. Tutti tagli bassi per notizie che oggi guadagnerebbero di slancio le prime pagine.

In prima, il 22 febbraio 1999, c’era una notizia da Merano: “Attentato all’alba. L’incendio presso una palazzina del ministero dell’Interno”. Non serve aggiungere molto altro, sono stati consultati anche i quotidiani del febbraio del “mitico” 1968, ma il tenore dei titoli mostra quanto si trattasse di una realtà molto diversa e difficilmente paragonabile. Ne citiamo solo un paio: “Rimpatriato capellone rimasto al verde” e “Un turpe individuo alla resa dei conti. Accusato di aver compiuto atti innominabili ai danni di due bimbe”.

A proposito di ‘68 e di “movimenti giovanili”, molti degli interlocutori incontrati in queste settimane hanno ammesso che Bolzano non è mai stata quell’oasi di tranquillità di cui si favoleggia, ma che probabilmente la vera grande differenza sta nei giovani, “una volta erano più rispettosi, oggi sono più sfrontati e non rispettano le autorità”. Se è così, lo è da almeno vent’anni. Il 22 febbraio 1998 le “Cronache regionali” si aprivano con “I sabotatori del dopo scuola”. Ragazzi di Pergine che “Ogni giorno si trovavano sui vagoni per manomettere i sedili, rompere luci e pannelli. Ma sono volate pesanti minacce e intimidazioni al capotreno”.

Ma soprattutto un punto di vista è radicalmente cambiato in questo ultimo mezzo secolo.

Era il 23 febbraio 1968 quando l’Alto Adige dedicava un approfondito articolo a un progetto di legge regionale per “Assicurare i familiari dell’emigrato stagionale”: “Il numero dei lavoratori del Trentino Alto Adige che trovano occupazione stabile o stagionale, annualmente all’estero, raggiunge quasi le 20.000 unità. Si tratta certo di una cifra imponente (pare quasi al 3% della popolazione) che trova le sue cause specie nella precarietà caratteristica delle economie montane in genere e nella scarsa industrializzazione della regione tributaria all’estero ormai da circa un secolo e mezzo delle opportunità di lavoro”. In Alto Adige il passato ha un peso piuttosto importante su quanto avviene oggi, ma a leggere gli archivi dei giornali viene il dubbio che la memoria sia un po’ troppo selettiva. Si notano amnesie importanti.

 

Massimiliano Boschi, pubblicato il 23 febbraio 2019 in Alto Adige DOC

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