venerdì, Aprile 19, 2024

Lectio Biblica: Esodo (incontro del 13 novembre 2018)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Le piaghe
(Es 7,8-11,10)

Testi liberamente tratti da:

Fretheim T.E., Esodo, Torino, Claudiana, 2004;

  • Una prospettiva complessiva

  • Bastoni divoratori ed Egiziani Es7,8-13

  • Di chi è il sangue nell’acqua Es 7,14-25

  • Un paese inquinato Es 7.26-8,11

  • Dalla polvere alla polvere Es 8,12-15

  • La terra è devastata Es 8,16-28

  • Di chi è il bestiame sopravvissuto Es 9,1-7

  • Un segno dal cielo Es 9.13-35

  • Condotti nel mar Rosso Es 10.1-20

  • Ritorno al primo giorno della creazione Es 10.21-29

  • La fine è vicina Es 11.1-1

Una prospettiva complessiva

E’ stato fatto uno sforzo enorme, seppur di scarso successo, nel cercare di determinare la struttura del ciclo narrativo delle piaghe.

Cerchiamo brevemente di esporre alcune conclusioni.

  1. Per quanto si riferisce alla struttura del racconto, è evidente agli studiosi che esso è il frutto di diverse tradizioni. L’analisi delle fonti ha rintracciato tre strati intrecciati nei capitoli 7-11. Il racconto della fonte Javista è il più esteso e particolareggiato ed è quello di cui ci occuperemo nella nostra riflessione.

  1. Per quanto si riferisce allo svolgersi dei fatti narrati, possiamo fare le seguenti osservazioni:

_ leggendo il testo si può pensare che le piaghe diventino sempre più preoccupanti e insopportabili, una minaccia sempre più grave al benessere dell’Egitto, iniziando con contrasti, spostandosi alle malattie e ai danni, per arrivare alle tenebre e alla morte.

_ oppure si può ritrovare una certa logica in cinque gruppi di due piaghe ciascuno per quanto si riferisce al contenuto (Nilo, insetti, malattie, danni, tenebre/morte).

_ oppure in tre gruppi di tre piaghe per quanto si riferisce al contesto (il faraone viene avvicinato all’esterno: piaghe 1,4,7; nel palazzo: piaghe 2,5,8; e senza preavviso: piaghe 3,6,9, con il punto culminante della morte dei primogeniti.)

_ oppure in alcune ricostruzioni, la “sfida del bastone” viene considerata la prima piaga e la morte dei primogeniti si pone come punto culminante fuori dalla serie. In questa costruzione il bastone di Aronne diventa lo strumento delle prime quattro piaghe; la mano/bastone di Mosè nelle ultime quattro e Dio direttamente nelle due centrali.

_ per quanto riguarda Dio, è esplicitamente attivo solo in sei piaghe (1,4,5,7,8,10). Nei quattro casi in cui la piaga è rimossa è evidente un duplice ruolo (Dio e Mosè insieme), in quanto Dio fece “quello che Mosè aveva comandato” (8,9). Nell’ottava piaga, è presente un terzo soggetto agente (il vento) sia per l’arrivo sia per il dissolversi della piaga.

Queste interazioni complesse, suggeriscono che mentre si tratta di segni e azioni straordinarie di Dio, bisogna anche parlare dell’azione di Mosè e di Aronne. Sia Dio, sia gli esseri umani, sono soggetti attivi. Mosè e Aronne non sarebbero infatti efficaci, senza che la potenza di Dio operi mediante e in loro, nè Dio potrebbe manifestarsi/operare senza Mosè e Aronne.

Teologia del racconto

 

La prospettiva più di fondo, all’interno della quale, devono essere comprese le piaghe è una teologia della creazione.

Gli studiosi hanno dimostrato che, in Israele (e, nell’antico Medio Oriente) il corretto ordine della società-come riflesso delle sue leggi- veniva messo in stretto rapporto con la creazione del mondo.

Si riteneva che una violazione di queste leggi, costituisse una violazione dell’ordine della creazione, con spaventose conseguenze in ogni aspetto della vita,

compresa la natura stessa e minacciasse di gettare la terra nel caos (riferire attualità). C’era dunque un rapporto di simbiosi fra ordine etico e ordine cosmico (che interessa tutto il creato).

Viste alla luce di questa prospettiva, le misure contrarie alla vita, messe in atto dal faraone contro Israele, sono anticreazionali e colpiscono proprio mentre Dio sta per portare a compimento le promesse di crescita di Israele. (Gen 1,28; Es 1,7).

L’Egitto costituisce una incarnazione delle forze del caos, che minacciano un ritorno dell’intero cosmo allo stato antecedente alla creazione.

Le piaghe, quindi, possono essere considerate come l’effetto dei peccati del faraone, contrari alla creazione che si riversano, dilatandosi, sull’ordine cosmico.

 

Ora chiariamo bene questo punto. Esaminiamo innanzitutto il linguaggio.

  • In termini di linguaggio tre parole meritano una nota particolare. Il tema del “servire” che continua per tutta questa fase, culminando nel comando del faraone: “Andate a servire il Signore” (12,31). Due altre parole ricorrono ognuna oltre cinquanta volte: kol (“tutto”) e ‘eres (“paese, terra”). Per quanto siano utilizzate nella narrazione di ogni piaga, c’è un’esplosione della loro presenza via via che si arriva alla settima piaga. Si tratta di un impiego eccessivo, sembrerebbe quasi un’incapacità linguistica: tutti gli alberi, tutti i frutti, nessuno può vedere, neanche una singola locusta, l’intero paese/terra. Tutto viene coinvolto, oppure niente. Un modo di esprimersi per iperboli ha preso il controllo della narrazione. Questi “limiti”, questa incapacità espressiva è dovuta alla difficoltà di descrivere la rottura dell’ordine creativo e il suo manifestarsi come caos. Il linguaggio dunque asseconda uno scopo teologico

  • Dal punto di vista della tradizione questo linguaggio è molto più evidente negli oracoli dei profeti (particolarmente in Ezechiele), in cui l’intero ordine naturale viene coinvolto nella devastazione. Nel Nuovo Testamento il libro dell’Apocalisse fa largo uso delle piaghe. Ma questo testo biblico possiede una forma drammatica che non trova paragoni; il più vicino è il racconto del diluvio,un altro disastro ecologico: vedi l’uso di kol/tutto in Gen 7,21-23.

  • Il linguaggio comune parla di questi avvenimenti come di piaghe (vale a dire “una tragedia, un colpo”), ma nella stessa narrazione si utilizza il termine “segno” e “portento” (cosa straordinaria /meravigliosa). Il significato di segno in questo contesto è quello di una parola o avvenimento specifico, che prefigura il futuro. In quanto segno/portento il suo scopo non è lasciare i presenti a bocca aperta, ma è quello di indicare un futuro disastroso e un giudizio su ciò che avviene e su ciò che avverrà. Dal punto di vista generale si può dire che le piaghe sono segni ecologici di un disastro storico. Esse funzionano in modo non diverso da come funzionano certi disastri ecologici odierni che sono appunto segni/portenti di disastri storici/politici senza attenuanti.

  • Anche l’uso della parola ‘erez (“paese/terra) già citata prima, fornisce una chiave di lettura: che cosa sta succedendo al paese/terra di Dio? Per quanto essa concentri l’attenzione sul paese d’Egitto, si ha in mente l’intera terra. Dio è il Signore in mezzo al paese (8,18); non c’è Dio come Yhwh in tutta la terra (9,14); la terra è del Signore (9,29). Altrettanto centrale è 9,16 “Perché il mio nome sia proclamato su tutta la terra”. Dunque si nota come la liberazione di Israele è l’obiettivo primario ma non finale, dell’azione divina.

 La liberazione di Israele è in ultima analisi a beneficio dell’intera creazione. I disegni di Dio in questi avvenimenti abbracciano l’intero creato, in quanto tutta la terra è di Dio. L’azione di Dio in e mediante Mosè, che ha il suo culmine nell’attraversamento del mar Rosso “su terra asciutta”, costituisce lo sforzo di Dio di far ritornare la creazione a un punto in cui la missione di Dio può essere ripresa ancora una volta.

Alla luce di questo tema creazionale dominante, le piaghe necessitano dell’attenzione più accurata.

  1. a) Esse sono interessate all’ordine naturale delle cose, alla creazione non-umana (acqua, piante, animali) di Dio. L’immagine che se ne ricava, è che l’intero ordine della creazione, sia coinvolto in questa lotta, tanto come causa che come vittima. Le misure del faraone contrarie alla vita hanno liberato le forze del caos che minacciano la stessa creazione che Dio voleva.

Questi elementi del regno non –umano non sono in sintonia con la loro creazione. L’acqua non è più acqua; luce e tenebre non sono più separate l’una dall’altra; i malanni delle persone e degli animali si rincorrono freneticamente, gli insetti e gli animali acquatici sciamano senza controllo. Mentre ogni cosa è innaturale, nel senso di essere al di là del limite dell’ordine creato da Dio, la parola ipernaturale (nel senso di natura in eccesso) può meglio coglierne il significato. Le piaghe sono ipernaturali a diversi livelli: tempo, scopo, intensità. Una certa sensazione di questo si può vedere bene, ad esempio, nell’espressione ricorrente: “Prima non ce n’erano mai state tante, né più tante ce ne saranno (di cavallette)”.

  1. b) Per quanto riguarda le vittime delle piaghe, l’attenzione degli esegeti si è focalizzata sugli effetti delle piaghe sulle persone umane (un tipico antropocentrismo). Ma ogni piaga presenta effetti devastanti anche sulla creazione non- umana: l’acqua, la terra, piante e animali di ogni specie e anche l’aria. La sottolineatura della parola “tutto” serve a dimostrare come nulla della natura non-umana sfugga a questa distruzione. Ancor più gli effetti (come le cause) sono ipernaturali. La grandine sradica ogni pianta, abbatte ogni Le ulcere affliggono ogni animale e ogni essere umano. La devastazione delle cavallette è tale “che nulla di verde rimase sugli alberi né sulle erbe della campagna” (10,15) e nessuno poteva vedere il suolo. Fatta eccezione per il paese di Goscen dove nulla succede. Con questa eccezione Israele partecipa a modalità estranee all’ordine naturale, ipernaturali appunto.

Ciò significa che il tentativo di vedere questi segni semplicemente come avvenimenti naturali è ben lontano dal punto di vista biblico.

  • Il fondamento teologico delle piaghe si trova infatti, nella comprensione dell’ordine morale, creato da Dio per amore della giustizia e del benessere nel mondo, contrapposto all’ordine morale del faraone che porta alla bancarotta, che distrugge fin nelle fondamenta questo disegno divino. Quindi il faraone diventa oggetto del “giudizio” di Dio.

 Il pensiero della correlazione fra azioni e conseguenze (cioè tra atti del faraone sugli Israeliti e giudizio divino) è infatti dominante.

  1. 4,23 il giudizio di morte da parte di Dio sul faraone e gli Egiziani è in rapporto con quello sperimentato da Israele nel loro paese.

  2. L’estesa servitù degli Israeliti con la prolungata afflizione degli Egiziani mediante le piaghe.

  3. Le perdite sperimentate dagli Israeliti per mano del faraone incline al genocidio con la morte dei primogeniti egiziani.

  4. Il “grido” degli israeliti in servitù con il “grido” degli Egiziani.

  5. La dimensione cosmica dell’effetto delle piaghe corrisponde ai peccati anti-creazionali del faraone. Egli ha sovvertito l’opera di Dio. Così le conseguenze sono oppressive, pervasive, prolungate, spersonalizzanti, laceranti e cosmiche in quanto tale è stato l’effetto del peccato dell’Egitto su Israele e sul paese.

Tuttavia lo schema peccato-conseguenze non viene compreso in termini meccanicistici, come se tutti questi risultati fossero inevitabili e programmati. Al faraone era stata data l’opportunità di rompere questo schema, di capovolgere la situazione. Ma alla fine di fronte a un risoluto rifiuto, l’unica strada da percorrere consisteva per Dio, nel portare le conseguenze agli estremi.

In un’era ecologica quale la nostra, abbiamo spesso constatato gli effetti cosmici negativi del peccato umano. Si possono citare esempi di “ipernaturalità”, nelle mutazioni provocate dai disastri ecologici e dall’uso dell’energia atomica. L’”inverno atomico” presagito da molti, viene spesso presentato in termini di piaga esodica. Quindi questa narrazione biblica ci richiama alle nostre responsabilità di fronte a Dio che verosimilmente farà di tutto per “salvare” la sua opera.

Analisi delle piaghe una per una.

L’elemento fondamentale di questa lettura / analisi dei fatti straordinari accaduti in Egitto è il concetto di “segno” attribuito alle piaghe.

Abbiamo già detto nell’introduzione che le devastazioni, le malattie, la morte prodotte dall’azione congiunta di Mosè e di Dio, erano da leggersi come conseguenze del comportamento distruttivo del faraone in termini di giustizia e di ostinazione.

Le piaghe però rappresentano anche un “segno” profetico che annuncia un futuro infausto. Se il faraone fosse stato più umile, se avesse ascoltato gli avvertimenti, se avesse letto “i segni dei tempi” non avrebbe portato il suo paese alla catastrofe. (attualizzare).

Esse infine sono il tentativo di Dio di farsi riconoscere e accettare da tutti gli uomini (anche non Israeliti) come unico garante dell’armonia della creazione. Egli vuol dimostrare al faraone (ma in realtà a tutti i popoli) che il tradire, con leggi e comportamenti distruttivi, “l’ordine” intrinseco alla creazione (ordine da lui stabilito per il bene del cosmo) non può che portare alla catastrofe.

2)Bastoni divoratori ed Egiziani Es 7.8-13

L’incontro tra Mosè/Aronne in 7,8-13 talvolta viene considerato come la prima piaga. Più verosimilmente si tratta di una premessa alle piaghe, che prepara il terreno e offre alcune chiavi interpretative.

  • Il testo mette allo scoperto l’indurimento del cuore del faraone. Le piaghe seguono l’iniziale suo rifiuto e iniziano col riconoscimento che egli si muove nella linea dell’ostinazione. (v 14 “Il cuore del faraone è irremovibile).

  • Pone il bastone all’inizio e al centro come strumento dell’azione divina mediante Mosè e Aronne. In questi testi il bastone assume uno status virtualmente sacramentale (sacramento /segno della presenza di Dio).

  • Lo stesso faraone richiede un prodigio. Dio può solo dare al faraone quel che egli stesso richiede. Vivrà per vederne molti di più.

  • Il faraone chiede, ancora una volta per ironia della sorte, che Mosè/Aronne mostrino le loro credenziali. Essi faranno ben di più che “dare prova di se stessi” nei giorni che verranno, dimostrando con chiarezza che YHWH sta dietro tutto il loro operato.

  • L’apparentemente innocuo riferimento al serpente divoratore è un segno di cattivo auspicio per il faraone: è un segnale del suo infausto destino.

3)Di chi è il sangue nell’acqua? Es 7,14-25

Il carattere altamente simbolico di segno riappare nella trasformazione dell’acqua in sangue.

Questo atto non è particolarmente straordinario in sé, in quanto gli incantatori egiziani possono fare altrettanto con le loro “arti magiche”. E’ invece importante, in quanto il sangue, è segno ripetuto nel racconto dell’Esodo.

La tematica del segno si deve cercare ad esempio, nell’ espressione ripetuta:” Vi sarà sangue in tutto il paese d’Egitto”. Si pensa subito alle acque del Mar Rosso che fluiscono con il sangue degli egiziani. Oppure (Es 12, 30 alle parole: “Non v’era casa che non vi fosse un morto (trafitto).” “Dio ha colpito tutti i primogeniti del paese d’Egitto” Es 12,29. L’ironia della decima piaga (la morte dei primogeniti) è che quelli che hanno il segno del sangue, non hanno sangue versato, mentre quelli senza il segno ce l’hanno. In questa circostanza il sangue servirà da segno per Israele.

Questi riferimenti attestano come “quest’acqua tramutata in sangue” fosse ben più che una calamità o una grande quantità di pesce morto e grandi seccature per il personale incaricato del controllo delle acque.  Si trattava di un segno infausto/premonitore per il faraone, ma che non scende nelle profondità della sua coscienza.

 E lo scopo ultimo del segno è: “Saprai che io sono il Signore” (7,17). Il faraone sta guardando la scena di un disastro storico.  Dio chiede che Israele sia lasciato libero dall’op pressione per servire YHWH; il re insiste che Israele rimanga suo schiavo.

Il faraone dice: “Il fiume è mio e sono io che l’ho fatto!” L’azione di Dio deve dimostrargli che il paese d’Egitto, le sue acque e il suo popolo non sono sua creazione, né qualcosa di proprio con il quale fare quel che gli piace. Ma se egli insiste, ci sarà sangue in ogni angolo del paese.

4) UN PAESE INQUINATO Es 7,26-8,11

L’ immagine di 7,28-29 è straordinaria: rane nelle vostre case, nei vostri letti, nei vostri forni, nelle pentole e nelle padelle e che vi saltano addosso! Sono dovunque e su ogni cosa. Così come con altri segni, questa piaga, non ha lo scopo di uccidere o di ferire le persone, ma di rendere la vita del tutto insopportabile. Al faraone viene data la possibilità di evitarlo ma egli rifiuta.

Aronne stende il suo braccio e le rane coprono “il paese d’Egitto”. Ma come già in precedenza, gli incantatori egiziani ripeterono lo stesso portento e il numero delle rane raddoppiò. Nel tentativo di dare contro a Israele e al suo Dio, il faraone raddoppia il tormento.

Per la prima volta però vediamo un qualche cambiamento in lui.

Infatti i suoi incantatori possono far venire le rane, ma non possono fare nulla per cacciarle. Il faraone dunque chiede a Mosè di pregare YHWH, utilizzando per la prima volta il suo nome e dunque riconoscendolo come interlocutore.

Se Dio allontana le rane, egli lascerà andare il popolo. Mosè accetta questo accordo chiaramente sbilanciato. Inoltre il faraone gli dirà anche quando pregare. Anzi gli pone fretta: domani!

Dio risponderà secondo i tempi indicati dal faraone!

Ma lo scopo di questo adattamento di Dio, è reso molto chiaramente: il faraone riconosca che non c’è alcun Dio come YHWH.

Dio fece quel che Mosè aveva comandato: le rane morirono. uesta frase ci aiuta a chiarire il rapporto tra Dio e Mosè

Il linguaggio usato chiarisce lo scopo del segno, che il faraone dovrebbe cogliere:

1 Il verbo nagap/ colpire non viene più utilizzato fino al capitolo 12 verrà utilizzato 3 volte quando sono colpiti i primogeniti.

2 Questo è un verbo forte spesso indicante un colpo fatale e viene utilizzato in contesti di giudizio divino.

3 Si tratta, in più, di un segno di sventura, un segno di qualcosa di ancor più mortale che potrebbe stagliarsi all’orizzonte.

Lo stesso fiuto del faraone, dovrebbe dirgli che qui egli sta sbagliando qualcosa. L’espressione “(le rane) coprirono il paese d’Egitto”, annuncia infatti come “le acque del mare “ricopriranno” gli Egiziani.

5) Dalla polvere alla polvere Es 8,12-15

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I moscerini sono fastidiosi, se sono zanzare, (la traduzione è incerta), lo sono ancora di più. Gli egiziani dovevano avere familiarità con questo problema se non proprio nei termini di cui leggiamo. Ancora una volta, questo segno ingenera sofferenza. Ma la questione va ben al di là, diventa un segno della mortalità umana e della umiliazione più spregevole.

Questo è il primo dei tre segni di cui in cui non viene rivolta alcuna richiesta al faraone, né dato preavviso.

 La parola- chiave per il segno qui è “polvere “(‘apar), la superficie non compatta del suolo. “La polvere della terra” è stata trasformata in zanzare. La polvere è quell’elemento del quale sono stati tratti gli esseri umani e al quale essi ritornano nel momento della morte. L’immagine suggerisce quindi la fine degli Egiziani; essi non saranno più, in quanto la loro fonte di origine e la loro destinazione finale, sono state spazzate via. Si tratta anche di un’immagine utilizzata per indicare l’umiliazione di coloro che si oppongono al Dio di Israele, inclusi i re della terra. La polvere è parte della creazione di Dio e in questo segno egli manifesta il suo controllo su di essa.

 Ma il suo uso come un’immagine importante della mortalità e dell’umiliazione umana è un segno che il faraone ignora a suo danno.

 Gli incantatori egiziani alla fine si trovano di fronte un loro solido avversario. Il loro resoconto al faraone è semplice e chiaro: questo è il dito di Dio! il Dio di Israele ora ha avuto la meglio su di loro ed essi rispondono riconoscendo questo fatto. Anzi si tratta di una testimonianza pubblica, che tutto ciò è opera di Dio.

 Ma il faraone non terrà conto di questo e proseguirà nella sua opera ostinata. Non viene detto che la polvere sia ridiventata polvere. Sembra che le zanzare appartengono ormai alla vita quotidiana.

6) La terra è devastata Es 8,16-28

Inserire testo

Le mosche velenose si aggiungono alle zanzare, un insieme di sciami volanti. Si tratta di un’epidemia di insetti di grave entità. Comunque la vita non è ancora messa in pericolo. Si tratta, di fatto,di molestia. In particolare in un tempo in cui, non esistevano insetticidi chimici e anche zanzariere alle finestre.

Tuttavia il testo dice:” La terra fu devastata “. Ancora una volta il linguaggio insolito fa intravvedere il carattere di segno.

 L’inizio della narrazione richiama un certo numero di parole familiari. Ogni persona e ogni luogo del paese è colpito. Le case sono infestate, ma lo è anche il terreno (‘ adamah). Questa parola ne richiama altre. (Terra/ territorio/ polvere/ paese) per sottolineare la dimensione cosmica del segno. La terra si sente ferita ed “è in lutto”. Animali piante e alberi si aggiungeranno presto all’elenco dei colpiti.

 C’è un’eccezione. Israele, la sua gente, gli animali e il paese da loro abitato (Goscen) vengono risparmiati. Da qui in avanti, si dice esplicitamente o implicitamente, che Israele è risparmiato dagli effetti dei segni. Questo rappresenta un’intensificazione della lotta fra Dio e il re.

Per la prima volta viene messa in evidenza la distinzione tra Israele ed Egitto.

Il Dio di Israele non è un Dio indifferente, che si rapporta al mondo intero in termini generici.

Dio è coinvolto proprio all’interno della vita dell’intera terra (“affinchè tu sappia che io, il Signore sono in mezzo al paese (8,18)”), ma anche Lui deve operare delle scelte. Qui sta dalla parte degli oppressi. Il che suona come un’anticipazione della successiva liberazione di Israele dalle forze del caos, specialmente nel corso della notte pasquale.

 Le mosche velenose che devastano il paese, ma non Israele, erano dunque un segno spaventoso della rovina che poteva portare il distruttore d’Egitto. In quella notte “vi sarà in tutto il paese d’Egitto un gran lamento”. Il lamento degli egiziani corrisponde alla lunghezza e ampiezza della rovina del paese.

Faraone sei in ascolto? Fino a questo momento il faraone ha parlato una sola volta. Ora vediamo una reazione più ampia, con le zanzare velenose che ancora ronzano tutto intorno. Egli non è affatto generoso questa volta, dando il permesso di andare a sacrificare, solo se gli ebrei rimangono in territorio egiziano.

 Egli chiede nuovamente a Mosè di pregare per lui. Mosè acconsente, ma avvisa il faraone di non comportarsi con falsità stavolta. Mosè prega; ancora una volta Dio fece “quel che Mosè aveva domandato”.

Non si vede in giro neanche un insetto velenoso, ma il faraone torna sulla sua decisione e non permette che il popolo si muova dal paese.

 Come era avvenuto con le rane, il fatto che Dio faccia scomparire le mosche velenose, sconfigge il caos e riporta la natura all’ordine originario stabilito durante la creazione.

 L’espressione “non ne rimase neppure una” oltre a significare l’azione ri-creativa di Dio, ci fa ricordare che la stessa frase riferita agli egiziani in 14,28, ribadisce il severo giudizio di Dio sugli oppressori.

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