mercoledì, Aprile 24, 2024

Io sono il frutto avvelenato dell’omofobia

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Sono la ragazza cacciata di casa perché ha confidato a sua madre di essere lesbica.

Sono la prostituta che lavora sulla strada, perché nessuno vuole assumere una donna transessuale.

Sono la sorella che abbraccia forte il proprio fratello gay nelle notti piene di terrore e di lacrime.

Siamo i genitori che hanno seppellito la loro figlia molto prima della sua ora.

Sono l’uomo morto da solo in una stanza d’ospedale, perché non hanno voluto lasciar entrare il mio compagno con me da ventisette anni.

Sono il bimbo in affido che si sveglia con l’incubo di essere tolto ai suoi due padri – l’unica famiglia amorevole che ho mai avuto. Spero che mi potranno adottare.

Credo di essere uno dei gay fortunati. Sono sopravvissuto ad un pestaggio che mi ha lasciato in coma per tre settimane, probabilmente tra un anno sarò in grado di camminare ancora.

Non sono tra i gay fortunati. Mi sono ucciso prima di diplomarmi al liceo. Per me, semplicemente, era troppo da sopportare.

Siamo la coppia che l’agente immobiliare ha bloccato quando ha scoperto che voleva affittare una stanza matrimoniale per due uomini.

Sono la persona che non sa mai quale bagno deve usare, se vuole che il capo non le faccia una reprimenda.

Sono la madre a cui non è consentito vedere il figlio che ha tenuto in grembo, curato e cresciuto. Il tribunale dice che sono una madre indegna perché adesso vivo con un’altra donna.

Sono una sopravvissuta alla violenza domestica che ha capito che la rete di supporto, creata intorno a lei, si è raffreddata di colpo, quando ha scoperto che il suo compagno era un’altra donna.

Sono il sopravvissuto alla violenza domestica, che non ha una rete di supporto a cui rivolgersi perché è un uomo.

Sono il padre che non ha mai abbracciato suo figlio perché è cresciuto con la paura di mostrare affetto verso un altro uomo.

Sono l’insegnante di economia domestica che ha sempre voluto insegnare ginnastica, finché qualcuno mi ha detto che lo fanno solo le lesbiche.

Sono l’uomo che è morto quando i paramedici hanno smesso di prestarmi soccorso perché hanno capito che ero un transessuale.

Sono la persona che si sente colpevole perché pensa che potrebbe essere migliore, se non dovesse sempre avere a che fare con una società che la odia.

 

Fonte: Gionata.org

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