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Camminare, pregare, servire. I 70 anni del Cec

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
In questo articolo, comparso su  “Anawim News”, n. 11 – 30 giugno 2018, don Giovanni Cereti, teologo ed ecclesiologo, celebra i 70 anni del Consiglio Ecumenico delle Chiese, l’organo principale che si occupa del dialogo fra le differenti Chiese cristiane nel mondo. È composto attualm,ente da 349 membri di tutte le principali tradizioni cristiane, in gran parte protestanti, anglicane e ortodosse. La Chiesa cattolica partecipa come “osservatrice”

Anawim è una fraternità, sorta da alcuni anni nell’ambito della Chiesa cattolica per iniziativa di Cereti. Si ispira agli Anawim della Bibbia, che hanno incarnato i valori di mitezza, di semplicità e di umiltà, celebrati da Gesù nelle Beatitudini. www.anawim.eu.

Nairobi, Kenya. È il 1984. In un campus universitario non lontano dalla città un migliaio di credenti, appartenenti a undici religioni diverse, restano insieme per undici giorni, per pregare, parlare, operare per la pace.

Sul filo del ricordo
È la quarta assemblea della “Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace”, un’organizzazione che afferma di essere formata da credenti che vengono da tutte le religioni del mondo, da tutte le regioni della terra, per riflettere su tutti gli aspetti della pace: giustizia, nonviolenza, lotta al razzismo, liberazione dei popoli.

Ci sono anche i cristiani, almeno un centinaio. Ma non sappiamo se sono ortodossi, cattolici, protestanti, anglicani. Nell’estate africana, nessuno porta abbigliamenti solenni.

Nel rapporto con le altre religioni, basta sapere che siamo tutti cristiani, già uniti nella comune fede in Cristo e nel comune battesimo. Solo la domenica, i cattolici si ritrovano insieme per l’eucaristia e gli anglicani concelebrano con loro. Altrimenti, si prega tutti insieme.

E la sera, quando ci si riunisce per le preghiere spontanee, non riconosci se è un cristiano, un islamico, uno zoroastriano, che ha elevato quella bella preghiera all’unico Dio. Un ricordo che ancora mi commuove.

Trecentoquarantotto chiese per la pace
E questo ricordo è emerso proprio in riferimento alla visita che papa Francesco ha fatto il 21 giugno al Consiglio Ecumenico delle Chiese, a Ginevra.

Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec) è sorto nell’estate 1948, al termine di una guerra atroce che aveva visto i cristiani lottare su fronti contrapposti.

Esso nacque dalla fusione di due grandi organismi: il primo, il movimento Fede e Costituzione, cercava di realizzare l’unità fra i cristiani confrontandosi e discutendo sugli insegnamenti delle Chiese e sulla loro organizzazione (episcopale, presbiteriana, congregazionalista).

Il secondo, Vita e Azione, affermava che la dottrina divide, ma il servizio unisce: poniamoci al servizio degli altri e supereremo le nostre divisioni.

Da quel 1948 sono passati settanta anni, e il Papa è andato a Ginevra per celebrare questo anniversario. Del Cec fanno parte oggi 348 Chiese (le Chiese sono rappresentate su base nazionale: ci sono quindi tutte le Chiese ortodosse, e poi una settantina di Chiese luterane, altrettante Chiese riformate, altrettante chiese anglicane, metodiste, battiste, e così via).

La Chiesa cattolica non è nel Cec
La Chiesa cattolica non è entrata nel Cec perché non è divisa a livello di singole nazioni ma si sente un organismo unico attraverso il mondo, ma soprattutto perché con il suo peso (più di metà dei battezzati del pianeta) rischiava di affondare la barca. E tuttavia conserva sin dall’inizio, e soprattutto dopo il Vaticano II, strettissime relazioni con il Cec e con tutti gli organismi che ne dipendono (specialmente la commissione Fede e Costituzione, che continua ad affrontare i problemi dottrinali che dividono le Chiese e che ha pubblicato due documenti, uno su Battesimo, Eucarestia, Ministero, e l’altro sulla natura della Chiesa, che sono molto importanti per il cammino ecumenico).

Testimoni dell’amore di Cristo
I giornali hanno dato poco o nessun rilievo a questo evento. E tuttavia i diversi discorsi del papa in questa occasione sono rivelatori della via che oggi viene scelta per realizzare l’unità. I problemi dottrinali che ci dividono sembrano superati nei dialoghi ecumenici. E l’unità che si persegue accoglie e rispetta le legittime diversità.

Nessuno vorrebbe rinunciare alla ricchezza del culto ortodosso e al mistero spirituale che irradia dalle icone.

Nessuno vorrebbe rinunciare all’amore degli evangelici per la parola di Dio o alle loro affermazioni sulla Signoria di Cristo.

E tutti riconoscono la testimonianza di unità attraverso il mondo che pur fra mille difficoltà viene offerta dalla chiesa cattolica. Ma come riuscire allora a ristabilire la piena comunione fra tutte le chiese?

La conversione dei cuori
Il Papa ci ha dato una indicazione, ripetuta nei suoi discorsi a Ginevra [1]. Camminare insieme, in modo che in questo cammino lo Spirito santo realizzi la conversione dei nostri cuori.

Pregare insieme, domandandoci a vicenda perdono e offrendoci perdono per non avere saputo amarci davvero nel passato, e per avere lasciato spazio alle guerre di religione e alle competizioni fra i cristiani.

E servire insieme i nostri fratelli e sorelle nelle immense necessità che il mondo attuale presenta.

È così che i cristiani daranno testimonianza della loro fede in Cristo, è così che il loro amore vissuto attirerà altri fratelli e sorelle all’unica chiesa di Cristo della quale fanno parte tutti i battezzati, è così che impareremo ad amarci e che le nostre divisioni saranno superate nei fatti.

Ma per tutto questo ci vuole molta umiltà, molta semplicità, molta fraternità. Unite alla gioia straordinaria di scoprire di avere un numero sterminato di fratelli e sorelle che in tutte le chiese danno testimonianza di bontà e di amore e vivono della Parola del Signore.

(Giovanni Cereti, Adista, 30.06.2018)

Presbitero genovese, dottore in Giurisprudenza e in Teologia, ha tenuto corsi di Teologia ecumenica e di dialogo interreligioso in diverse Facoltà ecclesiastiche. E’ consulente del Segretariato per le attività ecumeniche (SAE).
Membro della Fraternità degli Anawim, aderente alla Rete dei Viandanti

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