venerdì, Novembre 22, 2024

Abbandonarsi (A. Jollien)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Riporto dal blog dell’amico don Franco:

L’abbandono non è affatto la rassegnazione, bensì l’azione di azione in azione. Essere totalmente in quello che sono. Nient’altro. A volte, soprattutto quando le cose vanno male, si vorrebbe cambiare tutto nella propria vita. La determinazione, invece, è perseveranza. Costi quello che costi, continuo ad avanzare, progredisco, così come sono. Ciò che conta è fare questo passo, proprio questo. Domani: vedremo. Ieri: appartiene al passato … Non si tratta di fare, ma di agire. Fare significa fabbricare cose nuove. Agire è stare con i piedi per terra e avanzare, senza volere a ogni costo costruire qualcosa di nuovo.

Penso che abbandono e determinazione stiano bene insieme. La determinazione non significa aggrapparsi al futuro e affermare: “Un giorno sarò guarito”. No, significa piuttosto dire: “La guarigione è qui e ora. Che passo posso compiere per andare un pochino meglio oggi, qui e ora?”. Innanzitutto, ci vuole molta determinazione per avere l’audacia di abbandonarsi … L’autentica esperienza è proprio l’eroismo del quotidiano, della banalità: alzarsi al mattino ed essere meravigliati per un raggio di sole che vediamo tutti i giorni, per un usignolo che canta alle sei e ci rompe le scatole… L’eroismo è questo: gustare in profondità il reale.

Secondo Aristotele, la virtù si acquisisce praticando la virtù. È facendo piccoli atti di fiducia che si diventa fiduciosi. Io spesso mi dicevo: “Quando avrò fiducia, farò atti di fiducia”. È vero il contrario. È facendo ogni giorno un po’ di fiducia alla vita che, a poco a poco, la fiducia si rivela. Non si tratta di importare la fiducia, ma di vedere che è già in noi.

Credo che la determinazione sia coniugare l’abbandono con una sconfinata fiducia nella vita. Cosa posso fare per proteggermi dalla vita? Assolutamente niente. Eppure, giorno dopo giorno, cerco di costruire scudi e facciate che dovrebbero proteggermi dal tragico dell’esistenza. La dimensione tragica dell’esistenza fa parte della vita. Quando lo si è capito nel proprio intimo, si può danzare con questo tragico senza esasperarsi. Nel frattempo, ci vuole molta determinazione per avvicinarvisi, anche poco alla volta. Henri-Frédéric Amiel diceva: “Mille passi avanti, novecentonovantanove indietro: ecco il progresso”. Il desiderio alienato vorrebbe che progredissimo una volta per tutte, che guarissimo da tutte le nostre ferite interiori. Ma questo è senza dubbio radicalmente impossibile. Ciò che ci salva è sapere che non possiamo guarire dalle nostre ferite, ma possiamo conviverci, che possiamo coabitare con loro senza che ci sia necessariamente amarezza. E la determinazione forse è, in un giorno di nebbia, quando non ci si vede a distanza di due metri, continuare ad avanzare … “Semplicemente essere lì”, “semplicemente andare un pochino meglio senza farmi carico del desiderio che mi impedisce di essere quello che sono”. Sono determinato a diventare ciò che sono con infinita pazienza.

A. Jollien, Abbandonarsi alla vita

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