lunedì, Dicembre 23, 2024

Peccato e misericordia nel Corano

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
Il Corano si presenta come un libro il cui scopo non è negare la Bibbia, ma – al contrario – confermare (musaddiqan) e proteggere (muhaiminan) la parola rivelata di Dio nella Torah come nel Vangelo. Si legge : «E facemmo seguir loro Gesù, figlio di Maria, a conferma della Torah, rivelata prima di lui e gli demmo il Vangelo pieno di retta guida e di luce, confermante la Torah rivelata prima di esso, retta guida e ammonimento ai timorati di Dio. Giudichino dunque la gente del Vangelo secondo quel che Dio ha ivi rivelato, che coloro che non giudicano secondo quel che Dio ha rivelato, sono i perversi. E a te abbiamo rivelato il Libro che contiene la verità a conferma del Libro precedente e a loro protezione… A ognuno di voi abbiamo dato una legge e una via. Se Dio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Non ha fatto per provarvi mediante ciò che vi ha dato. Gareggiate dunque in opere buone! Ritornerete tutti a Dio ed egli vi farà conoscere ciò su cui siete discordi» (Il Corano 5:46-49). L’unico creatore e Dio dell’universo, Colui che sussiste a ogni essere vivente, l’inizio e la fine, viene appellato con diversi nomi: al-Awwal e al-Akhir, l’Apparente e il Nascosto; al-Zahir e al-Batin, il Vicino; al-Qarib; al-Rahim, il Misericordioso; al-Hayy, il Vivo e al-Rahman, l’Amore.

IL CONCETTO DI “PECCATO”
I dieci comandamenti vengono riconfermati dalla religiosità islamica, conseguenza logica, per un testo – Il Corano – che si presenta una conferma e una “protezione” per la Bibbia. Sono diversi quegli atteggiamenti e atti che vengono  presentati come negativi, ovvero “non amati da Dio”. Qui di seguito alcuni esempi. 
Al-israf, dissipatezza, sperpero. 
La Vita è un dono gratuito e meraviglioso, godersela in gioia e pace e in condivisione è un bene, ma il consumismo cieco ed egoistico è un peccato: «È Dio che fa crescere giardini con pergolati e senza pergolati, palme e cereali che danno frutti diversi e ulivi e melograni simili per foglie e dissimili per frutti. Mangiatene i frutti quando maturano e date ai poveri la parte che loro spetta nel giorno del raccolto, ma non esagerate in prodigalità, perché Dio non ama i prodighi» (Il Corano 6: 141). Al-fisad, corruzione. L’essere umano ha avuto la totale fiducia dal Creatore, la terra, la giustizia sono state  affidate nelle sue mani. Khalifa, che letteralmente significa “il successore”, è il ruolo che il Corano offre all’essere umano come luogotenente di Dio sulla terra (Il Corano 2:30). Si legge: «Con i beni che Dio ti ha dato cerca piuttosto di procurarti la dimora dell’altra vita. Non dimenticare il tuo dovere in questo mondo, sii buono con gli altri come Dio è stato buono con te e non cercare di portar corruzione sulla terra, perché Dio non ama i corruttori» (Il Corano 28, 77). 
Al-ya’s, disperare della misericordia di Dio. Nel capitolo (sura) del Corano intitolato a Giuseppe, troviamo un insegnamento di speranza oltre tutte le difficoltà. Il profeta Giacobbe non vede il suo amato figlio Giuseppe oramai da troppi anni e gli altri figli ne hanno annunciato la morte certa. E invece Giacobbe, nonostante tutto, spera ancora di rivedere il figlio vivo, non perde mai la speranza nella misericordia divina, divenendo un esempio da seguire. Secondo il Corano, disperare dell’amore di Dio è un peccato vero e proprio.

Giacobbe si allontanò quindi da loro dicendo: «Che dolore provo per Giuseppe!» E gli si offusco la vista per il dolore che cercava di reprimere. Gli dissero allora i figli: «Per Dio! Continuerai a pensare a Giuseppe fino a rovinarti la salute e morire!» Rispose: «Mi lamento della mia afflizione e angoscia solo con Dio, che mi ha fatto conoscere ciò che voi non sapete. O figli miei, andate e cercate di Giuseppe e di suo fratello e non disperate della misericordia di Dio, perché della misericordia di Dio non disperdano che i miscredenti»
(Il Corano 12: 84-88).

LA “PENA” NELL’SLAM
L’islam, da religione monoteista, ha una elaborazione del concetto di pena simile all’ebraismo e al cristianesimo. Il Corano parla del paradiso e dell’inferno come conseguenza della libertà dell’operato di ciascun individuo. «In verità, coloro che avranno tormentato i credenti e le credenti e non si pentiranno, avranno il tormento d’inferno, avranno il tormento del fuoco bruciante. Ma coloro che avranno creduto e operato il bene avranno giardini alla cui ombra scorrono i fiumi. Egli è colui che produce e riconduce, ma è colui che perdona e che ama» (Il Corano 85:10-15). L’essere umano ha la libertà di operare, scegliere ed agire. Può liberamente produrre pace, armonia, gioia, bene per sé e per chi lo circonda, oppure corrompere, distruggere, e far diventare un inferno la propria vita e quella degli altri e, in queste due direzioni, non ha quasi limiti. «In verità Noi abbiamo creato l’uomo da sperma mescolato, per metterlo alla prova, e gli abbiamo dato l’udito e la vista. Noi l’abbiamo guidato per la retta via, sia che Ci si mostri grato, sia che Ci si mostri ingrato» (Il Corano 76, 3). È interessante notare che la guida verso la retta via secondo la logica coranica è insita nella natura stessa di ogni individuo umano ma, proprio perché è libero di operare e scegliere, esso può percorrerla oppure no. Siccome la vita è perfetta e precisa, ogni atto seminato produrrà il proprio frutto, come è giusto che sia: «in quel giorno verranno gli uomini a frotte affinché gli siano mostrate le loro opere. E chi ha fatto un grano di bene lo vedrà. E chi ha fatto un grano di male lo vedrà» (Il Corano 99: 6-8).

Nella narrazione coranica l’origine del male, e la sua origine, non avviene nel giardino dell’Eden, ma ancor prima. Il male, inoltre, non è originato dall’essere umano, ma da un angelo, che in mezzo ai puri ha incrinato il pacifico ordine celeste: Satana! Egli è il superbo, colui che non obbedisce al comando di Dio di  inchinarsi davanti alla meraviglia della  creazione, e quindi anche dell’essere umano. Solo dopo questo atto, gli uomini  che lo seguiranno saranno essi stessi nel peccato. (vedi Il Corano 7: 12). Questa narrazione, ha due importanti conseguenze: 1) Il peccato originale non è opera dell’uomo, ma di Satana. Questa visione, indica la misericordia di Dio verso l’uomo e conferma la bontà iniziale dell’essere umano, che nasce puro e buono. Per questo, nell’islam, non è necessario il battesimo iniziale che purifichi da una colpa pregressa.  Il vero sforzo dell’essere umano è – quindi – non seguire l’inganno di Satana, custodendo la bontà innata in se stesso (al-Taqwa); 2) la prima e la più pericolosa delle colpe è la superbia, la radice di quasi tutti i mali. Le violenze, la corruzione, le ingiustizie operate sia al livello individuale che collettivo vengono giustificate, sempre da chi attua tali misfatti, dall’idea di “meritare di più” rispetto agli altri.

I NOMI DELLA MISERICORDIA
Sono diversi nomi di Dio che, all’interno del testo sacro dei musulmani, indicano la misericordiosa (al-‘afoww), il perdono (al-ghafur), la clemenza (al-karim), l’indulgenza (al-rahim) e la grazia (al-tawwab). È vero che è giusto rispondere all’ingiustizia con una condanna e una pena, tuttavia il Corano ricorda all’essere umano: 
a) che nessuno raggiunge il bene o può purificarsi senza la grazia di Dio: «se non fosse per il favore di Dio su di voi e la Sua misericordia, di voi neppure uno sarebbe puro giammai, ma Dio purifica chi vuole e Dio è ascoltatore sapiente» (Il Corano 24:21). 
b) Dio perdona le colpe, anzi, può anche trasformarle in bene: «E quando vengono da te quelli che credono ai nostri segni, di’: “La pace sia con voi”. Il Signore ha prescritto a Se stesso l’Amore. Per chiunque di voi commette un male per ignoranza e poi si pente e si ravvede, Egli allora è Perdonatore e Misericordioso» (Il Corano 6, 45). 
c) Non esiste nessuna colpa che non possa essere perdonata da Dio: «O miei servi! Voi che avete commesso eccessi contro le vostre anime, non disperate della misericordia di Dio, Dio perdona tutte le colpe. Si, Egli è il Clemente, il Misericordioso» (Il Corano 39: 53). 
d) Chi vuole essere perdonato da Dio, perdoni il suo prossimo: «Non giurino, coloro che posseggono mezzi e sostanze, di non dar più nulla ai parenti, ai poveri e agli emigranti sulla via di Dio; perdonino anzi e condònino: non amereste anche voi esser perdonati da Dio? Dio in verità è perdonatore, indulgente» (Il Corano 24: 22).
e) La grande rivoluzione umana, sociale, culturale e spirituale è  poter perdonare e rispondere con il bene ad un male subìto.  La logica coranica, tenendo conto della reale presenza del male, indica il perdono come il vero motore della trasformazione individuale e collettiva: «Il bene non è uguale al male. Respingi questo con ciò che vi è di più buono e bello (ahsan), colui che l’inimicizia separava da te diverrà un amico fervente! Ma ciò non lo raggiungeranno tranne coloro che sono pazienti, e ciò non lo raggiungeranno tranne chi possiede una virtù considerevole e grande» (Il Corano 41: 34 e 35).
di Shahrzad Houshmand Zadeh (Teologa, collaboratore esperto linguistico di persiano all’Università la  Sapienza, membro della consulta femminile presso il Pontificio Consiglio della Cultura) 
Confronti 9/2018

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