domenica, Novembre 24, 2024

Il paradigma e la poesia dei popoli

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Anacleta è una donna afrodiscendente che vive nel cuore del Maranhão, nordest del Brasile. Racconta con la pelle d’oca l’emozione di riconnettersi con la sua storia, visitando le comunità della Guinea-Bissau, oltre oceano, da dove i suoi antenati furono deportati in Brasile.

Vi ha trovato case e villaggi con lo stesso stile di costruzione e organizzazione, racconti e leggende simili, e persino qualche parola in comune. Nel suo racconto, brilla l’orgoglio di chi non ha perso le radici: nonostante la violenza della schiavitù imposta a questi popoli, la loro custodia della memoria e della cultura ha mantenuto unite le comunità afrodiscendenti e forte la loro resistenza.

Nel Maranhão, ogni anno, si riunisce la Rete di popoli e comunità tradizionali. Si ritrovano popoli indigeni, quilombolas, quebradeiras de coco babaçu, popolazioni fluviali, pescatori artigianali, agricoltori; pur nelle loro differenze culturali, c’è un filo rosso che li lega ed è l’amore per la terra, il radicarsi nel territorio.

Nel suo discorso di apertura al sinodo dell’Amazzonia, papa Francesco ci ha invitato a camminare in punta di piedi, in ascolto dei popoli, della loro storia, cultura e Bem Viver. Ha detto che le culture hanno una saggezza propria: «Los pueblos tienen un sentir». Ci ha invitato a superare le colonizzazioni ideologiche, il rischio di disciplinare e domare la loro storia e cultura. Perché la Chiesa talora non è stata capace di inculturarsi e di valorizzare queste culture.

Il centralismo omogeneizzante, ha proseguito il papa, è un’ideologia e un’arma pericolosa, così come la tentazione di comprendere senza ammirare, senza assumere «il paradigma dei popoli», la loro poesia e la loro realtà concreta. La poesia e la realtà delle persone sarebbero quindi un antidoto a ogni sistema che annulla le differenze, riduce le relazioni al consumo e omologa le culture, in modo che sia più facile controllarle e adattarle alla disciplina del nostro modello di “sviluppo”.

L’incontro con Dio libera dall’omogeneizzazione, rimuove la cappa grigia che spegne le differenze, permette la rivelazione dei popoli ed evidenzia la ricchezza delle loro culture che si riuniscono al banchetto del Regno. È un’immagine che richiama la Pentecoste, un’utopia in divenire.

La fedeltà alla realtà dei popoli ci converte e ci ispira. Per questo motivo, uno dei nuovi cammini intrapresi dal sinodo è il ritorno ai territori, come Chiesa alleata dei popoli dell’Amazzonia, per promuovere tessuti di incontro tra loro, e tra noi e loro.

Lo abbiamo imparato dalla Rete di popoli e comunità tradizionali del Maranhão, che in uno dei suoi incontri si è definita così: “Guardiani e Guardiane del Sacro, come fiumi che scorrono come sangue attraverso il corpo del nostro Stato, per generare la vita dei nostri Territori, ci incontriamo nel Territorio della Comunità Águas Riquinhas – Paulino Neves per affermare che siamo un solo cuore e spirito di lotta, resistenza, disobbedienza, insurrezione e costruzione del Bem Viver. (…) Stiamo tessendo la nostra rete, che nessuno spezzerà, né con la violenza della repressione della polizia o delle milizie né con il veleno della cooptazione».

 

Comboniani Brasile, Nigrizia, 27 novembre 2019

 

Bem Viver
La sapienza delle culture indigene considera che alla radice di una vita buona e bella non ci siano solo i beni materiali, ma anche la conoscenza, il riconoscimento sociale e culturale, i codici di condotta etica e spirituale dei popoli, i valori umani, la prospettiva di futuro, la rete di relazioni con tutti gli esseri vivi e la presenza di Dio in questo intreccio.

Banchetto del Regno
“Su questo monte, il Signore strapperà il velo che copre tutti i popoli, la tenda che nasconde tutte le nazioni” (Isaia 25,7).

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