Il messaggio, gli insegnamenti, ma forse soprattutto la testimonianza di vita, di don Lorenzo Milani hanno segnato profondamente il mio percorso di fede come quello di tantissime amiche e amici, fratelli e sorelle in ricerca… cristiani di ogni latitudine che desiderano, costruiscono, attendono, un modo diverso di essere Chiesa, di vivere questa sequela di Cristo, di voler essere realmente umani…
Una Chiesa che non si riconosce più negli ori, nei trionfalismi del passato, nella carità ipocrita che ancora tanti ritengono un bene, nelle mille collusioni con il potere fatte passare per necessarie… quasi che privarsi del più che superfluo sia un merito, quasi che non esistano strutture di peccato e di oppressione… ignorando gli assordanti silenzi di gerarchie, comunità e singoli fedeli.
Questo dobbiamo fare noi pastori: annunciare, denunciare, testimoniare. Se ci chiudiamo in noi, nel nostro privato, magari per non disturbare, per non essere “scomodi”, piano piano diventiamo ciechi e togliamo anche agli altri la possibilità di vedere… e il nostro mondo, per usare le parole del grande scrittore Josè Saramago, è: “Pieno di ciechi vivi!”
Grazie don Lorenzo perchè anche a distanza di anni risci a scomodare, scandalizzare e a indicarci la strada: quella di una fede debole e “incredibile”, della testimonianza coraggiosa e sempre a testa alta, della scelta degli gli ultimi, di chi è solo e dimenticato…
don Paolo Zambaldi
“La nostra società è estremamente diseguale, c’è il ricco e c’è il povero, chi vive per strada e chi ha due o tre case, chi “si intimidisce davanti a un modulo” e chi “parla da pari al pari col medico, l’ingegnere e l’avvocato”, chi vive in Paesi dove quasi nessun diritto è garantito e chi vive in Paesi ricchi e democratici, chi è oppresso e chi non sa neanche cosa significhi una tale condizione, chi sperimenta la tragedia della guerra e chi ha sperimentato solo la pace.
Don Milani, con il suo essere schietto, se necessario anche duro, mi ha aiutato a prendere coscienza di essere un privilegiato, di appartenere alla minoranza dei benestanti. Don Milani e il doposcuola (svolto per cinque anni, cinque giorni a settimana a casa dei bambini): così ho toccato con mano cosa significa essere povero, essere alla mercé del padrone, lavorare in nero, dovere abortire perché si è già in sei in due sole stanze. (…)
Io, a differenza di Don Milani, ero anche ben nutrito e non soffrivo il freddo. Tra me, persona dai molti privilegi, e il povero, il senzatetto, l’immigrato, il profugo, il discriminato c’è un abisso: questo ho capito grazie a don Lorenzo. Il ricco sarà sempre ricco anche se fa la scelta dei poveri, anche se si fa povero, perché la cultura e la funzione sociale lo fanno diverso e lo porteranno a vedere la realtà con occhi diversi dal povero.
Don Milani ebbe consapevolezza di ciò per tutta la Vita: poco prima di morire mormorò: “Un grande miracolo sta avvenendo in questa stanza: un cammello che passa per la cruna di un ago”. Senza questa consapevolezza “la scelta dei poveri” non sarà mai effettiva, sarà di facciata, o sarà la scelta di essere un loro capo.
Questa consapevolezza matura soprattutto se si frequentano gli ultimi, se ci facciamo loro “compagni di strada”, se si entra nel loro mondo. I poveri smettono di essere una “categoria sociologica” e diventano delle persone in carne ed ossa, con loro pregi e difetti, persone verso le quali non si può non provare affetto, che si amano malgrado i loro errori.
Più si matura questa consapevolezza e più si diventa coscienti che bisogna fare uno sforzo, spesso doloroso, per essere realmente dalla loro parte, per cercare di vedere la realtà dal loro punto di vista, per giudicare secondo i loro bisogni le leggi, i provvedimenti, i programmi politici, i governi, le proprie azioni.
Questo insegnamento è oggi quanto mai attuale, perché le disuguaglianze stanno aumentando sempre più (l’indice di Gini, un indicatore delle disuguaglianze economiche, negli ultimi 7 anni ha subito un incremento dell’1,2% in Italia, un record se si considera che nei Paesi OCSE l’aumento medio è stato di +0,08%) e perché sempre meno persone e partiti (purtroppo anche “di sinistra”) sono dalla parte degli ultimi. Sembra, anzi, che li abbiano ormai per nemici (penso per esempio ad alcuni atteggiamenti nei confronti di profughi ed immigrati, dei Rom e dei Sinti, o al “decreto sicurezza”, che peggiora la condizione di chi è costretto a dormire per strada o a lasciare il proprio Paese). I poveri, gli ultimi, sono lasciati soli, come ha detto più volte papa Francesco: il capitalismo crea “scarti” e non riesce più a vedere i poveri, li nasconde. (…)”.
(passaggi tratti da: Pio Russo Kraus, Quello che mi ha insegnato e mi insegna don Milani, Il Tetto (Napoli) n°319, maggio-giugno 2017)