L’ambiente è il terzo fronte che l’Amministrazione Trump apre in poco tempo con l’avversario più solido e tenace: la California. (I primi due sono stati di recente immigrazione e censimento).
Il lettore può avere la sensazione di dejà vu, l’impressione che questa notizia l’abbiamo già data una dozzina di volte da quando Trump è alla Casa Bianca. In effetti altre misure di deregulation ambientale lui le ha già varate, questa finora l’aveva solo annunciata. E’ la cancellazione dei nuovi limiti – ovviamente più severi – che Barack Obama aveva fissato per le emissioni di auto e camion, con l’obiettivo di rispettare gli impegni presi a Parigi per la lotta al cambiamento climatico. Dunque se Trump firma il decreto già redatto dal suo sottoposto Scott Pruit che dirige l’Environmental Protection Agency, le auto e camion di nuova fabbricazione potranno continuare a inquinare come prima.
Però l’opposizione della California pesa molto. Per legge, la California ha il diritto di fissare autonomamente gran parte delle sue normative ambientali, inclusi i limiti alle emissioni dei motori auto e camion. Altri 12 Stati Usa “legano” la loro normativa a quella californiana e vi si adeguano automaticamente. Se la California tiene duro sui tetti obamiani, come il suo governatore (democratico) Jerry Brown ha detto che vuol fare, si apre un grosso problema per le case produttrici. Fabbricare un certo tipo di motori per una parte degli Stati Usa e un tipo diverso (meno inquinante) per 13 Stati, aumenta molto i costi. La California tra l’altro essendo lo Stato più ricco e popoloso è anche il mercato di sbocco più grosso. La vittoria dei negazionisti in apparenza è un regalone agli industriali dell’auto, ma rischia di metterli in una situazione difficile.