“This is where I draw the line.”
(“Qui è dove io traccio la linea.”)
Scritto là in alto con la vernice rossa… Semplice, diretto, quasi un monito… un invito a fare chiarezza e a prendere posizione nella vita.
È la “Haight Street Rat” (San Francisco, USA) la celebre opera del misterioso Street artist che si firma “Banksy”, uno dei più talentuosi e, a mio modesto parere, uno dei pochi artisti contemporanei che ancora riesce a veicolare un messaggio forte e dirompente. Non solo un bravo grafico ma un vero interprete dei nostri tempi con le loro contraddizioni, la troppa violenza, la fobia per la sicurezza, le libertà e i diritti violati…
Un’arte precaria, ma anche libera e ribelle; quasi una metafora della nostra situazione attuale e della necessità di “aprire gli occhi”, di non accettare tutto acriticamente… come se ogni idea/parola/concetto fossero sempre tutti buoni ed egualmente accettabili (se non veri!). Questo “indifferentismo” ha ormai invaso tutti gli ambiti della nostra vita: dalla politica alla società, alla chiesa , ai mille altri ambiti in cui siamo chiamati a vivere e a testimoniare!
Nella nostra società consumista infatti sembra che tutto possa convivere …
Ma Banksi ci fa capire che non può essere così!
“Qui è dove io traccio la linea”.
Cioè dove devo fare una scelta di fondo, non casuale, che impone di stare da una parte o dall’altra …
Una frase che, affiorata alla memoria in questi giorni, esprime bene un mio (ma anche di tantissimi laici e laiche, preti, religiosi e religiose…) sentire, una mia esigenza profonda…
Soprattutto quando si parla di Chiesa!
Eh sì! Perché noi spesso nelle nostre comunità usiamo le stesse parole: “Dio”, “amore”, “accoglienza”, “fede”, “preghiera”, “comunità”, “cristianesimo”, “celebrare”, “peccato”, “strutture”, “giustizia”… ma intendiamo cose radicalmente differenti… perché nate in contesti e prospettive diversi… che portano a visioni per il futuro della Chiesa che risultano sempre più inconciliabili!
Da tempo ho iniziato ad interrogarmi sul senso di questa incomprensibile coabitazione. Una domanda pressante mi turba : per quanto ancora?
Per quanto ancora potranno convivere nella nostra Chiesa i medievalismi, gli spiritualismi, i madonnismi, con la teologia e l’esegesi più seria ed evoluta, con lo sviluppo della scienza e dell’antropologia?
Per quanto ancora potranno convivere “sotto lo stesso tetto” affarismo, capitalismo “benedetto” (perché con il bollino “Cattolico DOC”) e brama di potere… con l’opzione preferenziale per i poveri, che riconosce negli ultimi della terra e nelle loro lotte il luogo privilegiato di incontro con Dio, un Dio che è per loro realmente un liberatore?
Per quanto ancora potranno convivere spettacoli osceni come il “Congresso mondiale delle famiglie” di Verona (per citarne uno… ma l’elenco sarebbe tragicamente lungo) e le tante iniziative che, soprattutto nell’Europa del nord e al prossimo Sinodo amazzonico, spingono per una pastorale inclusiva per donne e omosessuali, per il “pensionamento” del Catechismo, per la realizzazione di comunità accoglienti?
Per quanto potranno ancora capirsi persone che credono in una religione di Stato, nel marmo e nell’oro dei palazzi barocchi, che si esaltano in un feticismo assurdo per i paramenti fastosi, con persone che cercano percorsi liberanti, una Chiesa povera e semplice… cristiani che non ripongono la loro fede in istituzioni e strutture ma nel Vangelo, che cercano celebrazioni che siano veramente tali e non “messe in scena” su palcoscenici presbiteriali ?
Per quanto ancora potranno accettarsi reciprocamente cristiani che vedono nei feti l’unica forma di vita da tutelare, costi quel che costi, e cristiani che passano le notti sulle strade, nelle case di accoglienza delle tante associazioni, o su una nave nel Mediterraneo, o con le donne abusate (italiane o straniere che siano…)?
Per quanto ancora potrà sentirsi in comunione gente che ha il coraggio di venire a Messa la domenica e sostenere logiche di odio e di morte, logiche escludenti, discriminatorie e xenofobe… che ha il coraggio di dividere i poveri in categorie con diritti diversi di precedenza a seconda dell’etnia, con gente cerca, nel proprio piccolo, giorno per giorno, di portare avanti cammini di apertura all’altro, di accoglienza, di superamento del pregiudizio, di riconoscimento dei diritti?
Come possono vivere insieme coloro che credono in ordini come i Legionari di Cristo che puntano tutto su una figura sacerdotale avulsa dal tempo e dalla storia, massima espressione del clericalismo militante e di un certo “cattofascismo” (per tralasciare la non indifferente “questione abusi sessuali” e vita del fondatore…),con coloro che cercano di vivere il proprio ministero non perché cercano rifugio a una personalità debole o irrisolta, ma per rifondare un’ immagine di prete differente, meno “sacerdotale” e più umana, meno separata e più solidale, meno “paterna” e più “fraterna”?
Possono ancora convivere movimenti ecclesiali fondamentalisti di destra (Opus Dei & Co.), con realtà come le Comunità cristiane di base (ma non solo!) che in Europa e in tutto il mondo portano avanti il sogno di una Chiesa libera e “orizzontale”, aperta al mondo e capace di leggere “i segni dei tempi”?
Quanto potranno convivere, fedeli, preti, esponenti della gerarchia, che su celibato obbligatorio, ammissione delle donne a tutti ministeri ordinati, famiglia, divorzio, contraccettivi, matrimonio per le coppie Lgbt, fine vita, interpretazione delle Scritture, bilancio sul Vaticano II hanno idee e speranze radicalmente diverse?
Forse è arrivato il momento di porsi queste domande e di avere il coraggio di darsi una risposta… e questa risposta non può arrivare da un uomo solo al comando né da commissioni varie… ma da tutti noi, come singoli e come comunità… come Chiesa!
… e dopo essersi risposti onestamente operare di conseguenza! Perché ogni soluzione di compromesso sarebbe solo temporanea oltre che fortemente disonesta.
E allora si torna al “motto” di Banksy ma declinandolo al plurale:
“This is where we draw the line.”/ “Qui è dove noi tracciamo la linea!”
E risplende ancora la parola di Gesù:
“Nessuno può servire due padroni: perché, o amerà l’uno e odierà l’altro; oppure preferirà il primo e disprezzerà il secondo. Così non potete servire nello stesso tempo e Dio e i soldi.”
E ancora:
“Non tutti quelli che mi dicono: “Signore! Signore!” entreranno nel regno di Dio. Vi entreranno soltanto quelli che fanno la volontà del padre che è in cielo! Quando verrà il giorno del giudizio molti mi diranno: “Signore tu sai che abbiamo parlato in tuo nome e invocando il tuo nome abbiamo scacciato i demoni e fatto molti miracoli”.
Ma allora io dirò: Non vi ho mai conosciuto. Andate via da me gente malvagia!”.
don Paolo Zambaldi