martedì, Novembre 26, 2024

Emmaus, o le strade della vita

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
Non a torto quella di Emmaus rimane una delle pagine più amate e fascinose dei vangeli. Ha dalla sua una suggestione narrativa potente e, naturalmente, un potenziale teologico inesauribile. Tutti caratteri che appaiono ancor più evidenti in controluce con i tempi attuali, così carichi di incertezze e paure. 
Maximino Cerezo Barredo, Emmaus, 2002.
Crescente divario ricchi-poveri su scala locale e internazionale, movimenti migratori che esigono risposte non più rinviabili, guerre e terrorismo, il pericoloso approssimarsi della lancetta all’ora X nucleare… 
E, peggio ancora, l’affermarsi di leader politici che sdoganano il discorso discriminatorio, razzista, nazionalista, bellico, sprezzante dei diritti e del diritto, che si credeva relegato ad altre epoche. Come non sentirci in sintonia, dal di dentro, con i sentimenti di dolore, smarrimento, confusione e paura, di Cleopa e del suo compagno? (O compagna? Non è affatto un’ipotesi peregrina, e almeno un artista – il “pittore della liberazione” padre Mino Cerezo – ha osato mostrarci i due di Emmaus come una coppia uomo-donna). 
Ma un testo è fatto di parole. Prestiamo attenzione ad alcune di esse. Anzitutto quelle che hanno a che vedere con l’andare, almeno una decina tra verbi e sostantivi: camminare, venire, via… Anche il “forestiero” che noi ascoltiamo nella versione liturgica ha una valenza di movimento: c’è chi traduce come “pellegrino”. Comunque sia, è chiaro che Gesù dai due di Emmaus non viene riconosciuto come tale e neppure come uno della zona. Lo prendono per uno venuto da fuori (arrivato a Gerusalemme in occasione della Pasqua): dev’essere proprio un estraneo per non avere raccolto la notizia del giorno! E qui ci sarebbe da dire appunto anche sul vocabolo greco per “pellegrino” o “forestiero”: paroikeis, dalla cui radice viene anche la nostra “parrocchia”. Noi siamo usi comprenderla come una realtà territoriale “indigena”, quando invece i veri “parrocchiani” sono i pellegrini… coloro che vengono da fuori. Stranieri. Guarda caso, in un’altra lettura di questa domenica, Pietro esorta a «spendere con timore il tempo del vostro pellegrinaggio» – paroikía –, qui da intendere come sinonimo dell’esistenza. (Ovviamente, «timore» non significa paura; è il modo biblico per definire, ricorda papa Francesco, «l’abbandono nella bontà del nostro Padre che ci vuole tanto bene»). 
Se poi prendiamo la geografia di tutto l’andare e venire presente in questa pagina, notiamo come il “cammino di fede” di Emmaus non lo sia solo per modo di dire. Subito al primo versetto è messa in evidenza la distanza: undici chilometri, che a piedi sono un discreto tragitto. Non meno di due ore di cammino, anche tre o più se il percorso non è pianeggiante e se ci si mette a conversare di cose serie, drammatiche. La giornata era cominciata presto a Gerusalemme, forse più presto del solito, con la notizia portata dalle donne di ritorno dal sepolcro e il successivo sopralluogo di un Pietro perplesso. Una mattinata agitata per tutta la comunità dei discepoli e simpatizzanti del Nazareno. I nostri due lasciano la città largamente in tempo per raggiungere il loro villaggio prima del buio – cautela particolarmente raccomandabile in un momento in cui è meglio non esporsi come (ex) discepoli del Maestro di Galilea. Tutto ciò fa risaltare la portata del cambiamento operato nei loro cuori dall’imprevedibile incontro con Gesù: ripartire per Gerusalemme dopo una giornata stressante come quella, e ormai a notte fonda, è una cosa che non fai se non sei fortemente motivato. Ma «la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio». E hanno gambe infaticabili. Sì, davvero il cammino di fede – tra slanci, sussulti, mazzate, dubbi, squarci di luce – non è un percorso (solo) intellettuale. Lo si fa sulle strade – lunghe, contorte, faticose, notturne, a rischio di imboscate (la parabola del buon samaritano è ambientata più o meno in questi paraggi) – della vita concreta dei singoli, della storia dell’umanità.
(Pier Maria Mazzola, Adista Notizie n° 12 del 25/03/2017)

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