mercoledì, Dicembre 18, 2024

Argentina, duro colpo per Benetton e Bullrich: Mapuche assolti per l’occupazione di terre

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Cinque membri della comunità Mapuche Pu Lof Cushamen, la stessa dove fu “desaparecido” e poi trovato morto Santiago Maldonado, erano stati processati per presunta usurpazione e furto di bestiame

Cinque membri della comunità Mapuche Pu Lof Cushamen, la stessa dove fu “desaparecido” e poi trovato morto Santiago Maldonado, sono stati processati per presunta usurpazione e furto di bestiame. Il giudice Carina Estefania sostiene che il fatto non costituisce reato.

È da poco nota la sentenza del processo contro Facundo Jones Huala, Fernando Jones Huala, Andrea Millañanco, Matías Santana e Sergio Ruiz, accusati di furto di bestiame e usurpazione di proprietà nella località del Cushamen (provincia del Chubut) occupata nel marzo del 2015 dalla Pu Lof en resistencia.

La comunità Mapuche e gli organismi dei diritti umani presenti nella Regione considerano la sentenza “storica”. Il giudice della Camera Penale di Esquel, Carina Estefania ha assolto da tutte le accuse i 5 ragazzi denunciati dalla Compagnia de Tierras Sur Argentino, S.A. della famiglia Benetton, per furto di bestiame e occupazione di proprietà.

La sentenza costituisce un duro colpo per le politiche depredatrici e criminali dello Stato Nazionale e di quello provinciale del Chubut, da sempre al servizio dei grandi latifondisti della Patagonia a cui offrono forze repressive,leggi e tribunali. Il processo riguardava fatti verificatesi tra marzo del 2015 e la metà del 2016 (maggio-giugno).

Motivi dell’assoluzione

Sono diversi i fattori che rendono la sentenza inedita, “storica”. In primo luogo la decisione del giudice Estefania di considerare il conflitto tra Benetton e la comunità Mapuche un conflitto politico e non meramente giudiziario, la cui risoluzione è da trovare in un confronto diretto tra le parti.

Da qui viene la decisione, presente nella sentenza, di creare un tavolo di dialogo tra i soggetti coinvolti, ossia la Pu Lof de Cushamen e i rappresentanti della corporation Benetton, oltre alle organizzazioni per i diritti umani e ad altri attori sociali coinvolti o a conoscenza del tema.

Inoltre nella sentenza, pur non esprimendosi in questi termini, il giudice riconosce il genocidio perpetrato dallo Stato nei confronti dei popoli originari, sottolineando che ci fu uno sterminio, che molte famiglie furono smembrate e molte di queste schiavizzate, e che con il processo di occupazione e recupero dei territori questi popoli hanno «recuperato la libertà».

Un altro elemento importante nella sentenza è l’ordine esplicito del giudice di aprire fascicoli e indagini per fare chiarezza sulle differenti misure giudiziarie utilizzate per processare e criminalizzare i Mapuche. Ad esempio, ha ordinato l’apertura di un indagine relativa all’operato del procuratore Oscar Oro e un’altra relativa alla violenza istituzionale perpetrata dalla polizia durante i raid effettuati mentre si «cercavano prove».

Infine il giudice ha definito incompatibile l’operato stesso del giudice federale Otranto e di sua moglie Rafaela Ricono che, seppur da due angolature differenti, lui come giudice federale di Esquel e lei come Segretaria della Procura generale di Esquel, affrontarono congiuntamente il caso.

Storico

La stessa Asamblea Permanente por los Derechos Humanos (APDH) di Esquel ha riconosciuto la particolarità e l’importanza di questa sentenza. Dialogando con “La Izquierda Diario”, Celeste Palavecino afferma che «sono diversi anni che la APDH accompagna e sostiene i reclami delle comunità mapuche, specialmente il conflitto del Cushamen, e che mai si era visto un precedente simile, un giudice che studia e affronta il caso partendo dalla prospettiva del diritto indigeno».

La referente dell’APDH afferma che «la sentenza emessadal giudice ha una connessione diretta con la storia ancestrale di queste terre,e racconta come a partire dalla campagna del deserto queste terre passarono di mano in mano, dai possidenti inglesi fino a Benetton, ma che sempre furono terre vitali per i Mapuche e per la loro vita comunitaria ancestrale».

Anche Martiniano Jones Huala, zio di Facundo e Fernando, inizialmente iscritto nel registro degli indagati, poi assolto, ha seguito da vicino l’andamento del processo. Subito dopo la sentenza era molto provato.

«Sono 4 anni che portiamo avanti questo processo di recupero territoriale del Pu Lof en Resistencia de Cushamen. Stiamo pagando un prezzo molto alto. Eravamo consapevoli della persecuzione e della repressione a cui andavamo incontro, però non la immaginavamo così tremenda, ha superato tutte le nostre aspettative» – afferma Martiniano parlando con “La Izquierda Diario”.

«La prima richiesta che presentammo, subito dopo l’occupazione del territorio, era l’apertura di un dialogo, di un confronto serio e diretto con la nostra controparte, con chi veramente prende le decisioni relative a questo tema. Non abbiamo mai ricevuto risposta, d’altronde sappiamo come funzionano queste cose» – afferma Jones Huala.

Il processo portato avanti in questi anni va necessariamente inserito all’interno di una cornice repressiva più ampia: secondo il comunero mapuche, fa parte di una strategia di persecuzione che stanno vivendo da quando hanno reso ottenuto visibilità con il recupero del territorio di Cushamen.

Per questo sostiene che «la sentenza di questo lunedì è storica, il giudice non poteva far altro che riconoscere diritti da sempre presenti nelle carte, nei documenti ma mai applicati».

Persecuzione giudiziaria

L’APDH di Esquelafferma che «il verdetto finale rivela nitidamente le molteplici irregolarità che hanno accompagnato il processo, tra cui le violente incursioni della polizia, che ha trascinato e ammanettato donne e bambini per cercare ‘prove’ che non hanno mai trovato».

Palavecino ha sottolineato che «il giudice ha messo in discussione l’operato stesso del giudice federale Otranto e di sua moglie (segretaria della Procura federale)», ritenendo incompatibile che entrambi fossero incaricati della stessa indagine seppur da due angolature differenti. Inoltre Estefania, giudice incaricato attualmente del caso, ha ricordato che «l’operato stesso dell’ex procuratore Diaz Meyer è stato molto disordinato, con assoluta assenza di prove».

Martiniano Jones Huala sottolinea che «per arrivare a questa storica sentenza fondamentale è stato l’aiuto e l’apporto di molte persone», tra cui il giornalista di una radio comunitaria della regione, Dante Lobos, «che ha preparato e presentato un dossier molto serio che ha dimostrato la stigmatizzazione dei grandi media contro la Pu Lof de Cushamen».

«Sembrava che tutto fosse organizzato in modo tale da imprigionarci, intimidirci e impedirci di continuare a recuperare le nostre terre e rivendicare i nostri diritti. Ma non succederà mai. Al contrario, continuiamo a rivendicare i diritti ancestrali che ci spettano come parte del popolo Mapuche», ha detto Martiniano Jones Huala.

«Questa sentenza la stiamo celebrando a metà, con l’amaro in bocca. Non volevamo pagare un prezzo così alto, due morti in quattro anni di recupero di terre. Sto parlando del compagno Santiago Maldonado, ucciso dalla repressione della Gendarmeria a Pu Lof, e di Peñi Rafael Nahuel, assassinato dalla Prefettura nella comunità Lafken Winkul Mapu di Villa Mascardi. Non vogliamo che altri giovani perdano la vita a causa della crudeltà di persone potenti che si credono padroni del mondo».

Occorre sottolineare un dato di fatto a proposito di questo processo, soprattutto in vista del futuro. Nelle parole di Jones Huala, «molti danni irreversibili sono stati commessi contro il nostro popolo e l’unica cosa che il governo ha fatto è stata di mandare qui la mano destra della ministra Bullrich, quel personaggio che si fa fatica a chiamare signore (Pablo) Noceti. Da quando è qui abbiamo subito violente persecuzioni, la cui brutalità non si vedeva da 20 anni a questa parte. Sicuramente i miei antenati hanno visto cose peggiori, ma onestamente non avevo mai visto il livello di persecuzione che si vive oggi nel Pu Lof».

 

Articolo originale pubblicato su izquierdadiario
Daniel Satur, 5 aprile 2019
Traduzione di Matteo Codelupi per DINAMOpress

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