Questo primo maggio, festa del lavoro, assume un significato particolare. Il 5 maggio del 1818, infatti, nasceva a Treviri Karl Marx. A 200 anni dalla nascita tutti devono riconoscere che si tratta del pensatore più poderoso e complessivo dell’epoca contemporanea. Più che mai valida è la sua affermazione secondo la quale la storia è storia di lotta di classe e che, quindi, la lotta di classe è il motore della storia. Anche ai nostri giorni, nonostante qualche osservatore disattento non se ne accorga, si combatte la lotta di classe. Solo che la si combatte da una parte sola, quella dei padroni e i risultati si vedono nell’attuale crisi di civiltà che sta colpendo tutto il pianeta.
Vari sono i fattori che determinano oggi la debolezza del lavoro dipendente. Innanzitutto la precarizzazione, fomentata in ogni modo dai governi e portata a termine dalle imprese inventando nuove figure lavorative adatte all’attuale fase di sviluppo del capitale segnata dalla cosiddetta terza rivoluzione industriale. Poi la delocalizzazione, che porta le stesse imprese a spostare la propria produzione nei luoghi dove più conviene per l’esistenza di normative più favorevoli in tema di tutele lavorative e ambientali. Quindi le migrazioni di massa, che non sono certo il risultato di un complotto, quanto di spinte oggettive dovute alla fame, alla guerra e alla miseria, ma rendono più debole (nel breve termine) la classe lavoratrice con l’introduzione di forza lavoro più ricattabile. Ma anche l’occupazione dello Stato e delle istituzioni da parte del capitale, che si avvale dell’intervento pubblico per ricostituire i margini di profitto e procedere al salvataggio delle banche e delle imprese finanziarie che costituiscono il cuore del sistema capitalistico.
Molte delle tendenze ravvisate da Marx si confermano in pieno. Ad esempio quella verso la concentrazione del capitale, con la nascita di enormi imprese che – per mezzo dello sviluppo tecnologico – penetrano a fondo nella vita di ciascuno di noi. Si pensi a Google, a Facebook o ad Amazon, che sta per diventare anche la principale produttrice e distributrice di alimenti. Un potere immenso e incontrollabile, dato anche il parallelo indebolimento degli Stati, sempre più spinti a una distruttiva concorrenza fra di loro che rende impossibile ogni seria normative in materia (ad esempio) di cambiamento climatico o di tassazione degli utili di questi mastodonti, come analizzato da John Bunzl e Nick Duffle in The SIMPOL solution.
Su altri terreni, Marx sembrerebbe meno perspicuo e sconta sicuramente il carattere essenzialmente eurocentrico del suo punto di osservazione. Basti pensare che – come messo in evidenza alcuni anni più tardi da Antonio Gramsci sulle colonne dell’Avanti e de Il grido del popolo – la rivoluzione preconizzata da Marx si è svolta non già nei punti avanzati o centri dello sviluppo capitalistico ma in zone tutto sommato periferiche, come dapprima la Russia, poi la Cina e altri. Ne sono scaturiti sistemi cosiddetti socialisti, con luci e ombre. Se infatti da un lato hanno consentito a milioni di persone di uscire dalla miseria e agli Stati in cui si sono svolte di uscire dalla condizione di dipendenza coloniale o neocoloniale, questi ordinamenti hanno realizzato solo in parte le promesse del socialismo; tanto è vero che alcuni, come la Russia sono entrati in crisi irreversibile.
Ma, nonostante sconfitte e arretramenti, la storia del conflitto di classe della lotta per sistemi superiori di civiltà basati sull’espropriazione dei capitalisti espropriatori non è certamente finita e anzi per certi versi deve ancora cominciare. Si tratta, anzi, di un conflitto e di una lotta oggi più che mai necessari e urgenti per impedire alle forze irresponsabili governate dalla logica folle dell’accumulazione del profitto, di mandare a ramengo il pianeta. Occorre quindi riprendere con forza l’organizzazione delle membra sparse della classe lavoratrice e costruirne l’unità, superando la precarizzazione e combattendo le divisioni fra indigeni e immmigrati. Concretizzando così un’altra fondamentale esortazione del vecchio Marx: “Lavoratori di tutto il mondo unitevi”.
(Fabio Marcelli, Il Fatto Quotidiano, 1 maggio 2018)