Testo di Jerry Furlong tratto da “Let’s Talk About Homosexuality – Putting a Human Face on Homosexuality”, edito nel 2008 da Fortunate Families, l’Associazione di Genitori cattolici con figli LGBT degli Stati Uniti), liberamente tradotto da Silvia Lanzi.
“La mia amica Kate mi ha chiesto: ‘Che tipo di domande fa la gente (sulla tua omosessualità)?’ Gliel’ho detto e lei mi ha risposto: ‘Non mi sembrano domande stupide’. Sono rimasto scioccato ancora una volta. Anche i miei amici sapevano molto poco su gay e lesbiche”.
(Eric Marcus è uno scrittore gay americano)
“Nell’affrontare l’omosessualità, abbiamo per la maggior parte a che fare con la nostra ignoranza dei fatti, le nostre paure, i nostri miti e i nostri stereotipi sulla sessualità e l’omosessualità e con una tradizione di modi di porsi molto duri”.
(Fra’ Robert Nugent, SDS)
1. Cos’è una persona omosessuale?
La parola “omosessuale” ha meno di 150 anni. Un approccio scientifico atto a capite la natura dell’omosessualità si è sviluppato solo in anni recenti.
L’origine delle parole “lesbica” e “gay”.
Prima del XX secolo, le scienze sociali e mediche avevano pochi indizi per comprendere l’attrazione innata per il proprio sesso. La stessa parola omosessualità non esisteva fino alla seconda metà del XIX secolo. Ancor più significativamente la comprensione dell’omosessualità, come orientamento sessuale, si è evoluta solo in anni recenti (ne consegue che quella che le maggiori autorità definiscono oggi omosessualità, nei secoli scorsi poteva essere solo definita come un tipo di comportamento deviante messo in pratica dagli eterosessuali, dal momento che si supponeva che tutti fossero tali). In un suo lavoro di carattere molto personale intitolato Is it a Choice? l’autore gay Eric Marcus offre una definizione molto semplice può servire come punto di partenza anche per noi. Scrive: “Un uomo o una donna omosessuali sentono un’attrazione sessuale per le persone del loro stesso sesso”.
La parola omosessuale è stata usata per la prima volta da Karl Maria Kertberry in un pamphlet del 1869 nel quale discuteva l’abrogazione delle leggi anti-omosessuali della Prussia.
“Omosessuale unisce il termine greco per ‘stesso’ con quello latino per ‘sesso’. Al contrario, un etero è un uomo o una donna che prova attrazione per il genere opposto”.
Marcus continua descrivendo le origini delle parole lesbica e gay: “Una lesbica è una donna omosessuale. La parola viene dal nome di un’isola greca, Lesbo, dove Saffo, maestra conosciuta per la sua poesia che celebra l’amore tra donne, istituì una scuola per giovinette nel VI secolo a.C. Con il tempo, la parola lesbica(o) che una volta significava qualcuno che viveva a Lesbo, arrivò a significare una donna che, come Saffo e le sue seguaci, amava altre donne”.
Per quel che riguarda la parola gay, Marcus scrive: “Gay è sinonimo di omosessuale. Dai tardi anni ‘60, la parola gay è stata adottata da uomini e donne omosessuali come un’alternativa positiva a omosessuale, che suonava un po’ troppo medicalizzante. Gay è stato usato come slang invece di omosessuale fin dagli anni ‘20, esclusivamente nella sub-cultura omosessuale”.
Oggi, sembra che gay sia usato comunemente per gli uomini omosessuali, sebbene a volte denoti sia uomini che donne. Alcune donne omosessuali preferiscono essere chiamate lesbiche.
Per semplicità, in queste pagine, ci riferiremo occasionalmente a persone gay, comprendendo sia uomini che donne.
Infine Marcus definisce una persona bisessuale come qualcuno che ha intensi sentimenti di attrazione per uomini e donne. “Questi sentimenti – scrive- potranno essere più forti per il proprio genere o per quello opposto. Dipende semplicemente dalla persona”.
Prima di procedere a partire da queste “basi”, dobbiamo aggiungere una nota su uno dei modi più frequenti di percepire (anche in modo sbagliato) le persone omosessuali: “Abbiamo lo stereotipo del gay come effemminato e della lesbica come molto mascolina. Comunque secondo le statistiche, solo il 15% degli uomini incarna lo stereotipo dell’effemminatezza, e solo il 5% delle donne, quello della mascolinità. Molte lesbiche e molti gay non rendono pubblica la propria sessualità, sono una minoranza invisibile”. (An Interview with Sr. Jeannine Gramick, rivista cattolica “U.S. Catholic”, Agosto 1992)
“… nella cura pastorale si devono usare non solo i principi teologici, ma anche i ritrovati delle scienze moderne. Specialmente la psicologia e la sociologia”(Concilio Vaticano II Gaudium et Spes, n.62)
“L’evidenza scientifica non mostra che le terapie di riconversione [che cercano di di cambiare l’orientamento sessuale] funzionino, ma che possono fare più male che bene”. (American Psychological Association).
(https://www.gionata.org/)