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Lectio Biblica: La Genesi (incontro del 09 ottobre 2017)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

LA CREAZIONE (Gen 1,1-31; 2,1-4)

 

Testi liberamente tratti da :
-Brueggemann W., Genesi, Torino, Claudiana, 2002;
– Elia Kopciowski, Invito alla lettura della Torà, Firenze, Giuntina, 1998;
IN PRINCIPIO (בראשית BE’-RE’SHITH) “DIO CREO” IL CIELO E LA TERRA

Il capitolo 1, versetti 1-2, contiene la premessa dell’intera fede biblica. Ma questi due versetti presentano anche tutta una serie di problemi interpretativi.

v.1

La traduzione tradizionale formula una dichiarazione assoluta della creazione come atto decisivo di Dio (Dio creò! Tutto in una volta) ma il versetto può anche essere inteso come “Quando Dio iniziò a creare…” In questo caso la creazione è allora intesa come un’opera in via di sviluppo, che Dio ha iniziato e continua. Ambedue le interpretazioni sono possibili da un punto di vista linguistico.
Nell’interpretazione rabbinica che legge simbolicamente le lettere dell’alfabeto (ב) la struttura della BET di Be’-re’shith (In principio) indica che il mondo ha avuto un origine precisa, ma è aperto verso la storia in una continua creazione! La lettera creatrice mentre preclude la possibilità di attuare ricerche su quanto si pone al di là della Parola sia sopra che sotto, delimita sull’altro fronte uno spazio aperto in avanti , entro il quale si può compiere una indagine infinita, legata a un’incompletezza che è in effetti apertura. 
Questa apertura della betverso sinistra, cioè verso l’avanti nella scrittura ebraica, contraddistingue l’inizio di un cammino, l’esistenza di una responsabilità, la possibilità di un’interpretazione.

v.2

Solitamente si è ritenuto che il primo capitolo della Genesi narrasse la creazione di Dio a partire dal nulla. Ma questo versetto lo nega. I versetti 1 e 2 sembrano discordi tra loro perché mentre nel primo sembra che Dio abbia dato inizio alla sua creazione dal nulla, nel secondo si evidenzia che vi era un caos preesistente. Probabilmente il versetto 2 è più primitivo, mentre il primo è più teologico. E ambedue le interpretazioni sono importanti , si integrano a vicenda. Infatti anche il testo le propone tutte due. Entrambe consentono di cogliere importanti affermazioni teologiche. La prima proclama la potenza sovrana ed esclusiva di Dio e la seconda afferma che anche il caos della nostra vita personale e della storia può essere rivendicato da Dio per i suoi grandiosi disegni.

v.3-25

La struttura di questi versetti è importante perché racchiude in sé una parte del messaggio.

Essa è simmetrica: 

Ordine: “Dio disse: «Sia…»”

Esecuzione: “E così fu”

Valutazione: “Dio vide che era buono”

Tempo: “Fu sera e fu mattina…”

Essa così descrive l’ordine positivo del mondo creato sotto il sereno dominio di Dio. Il progetto del mondo non è autonomo né accidentale, è basato sul volere di Dio.

Ma il suo ordine non è autoritario è piuttosto un “lasciar essere” (Sia la luce!). Dio permette alla creazione di essere. La comparsa della creazione è un gioioso atto di accettazione di tale permesso.

Nella loro simmetria e nel loro includere tutte le forme di vita, questi versetti proclamano che Dio è Dio di tutto il creato. Il Dio creatore non si interessa soltanto delle creature umane, intrattiene un rapporto anche col resto della creazione.

Sulla creazione viene pronunciato un ripetuto verdetto. Essa è buona. E nel versetto 22 le creature vengono benedette. La prima benedizione della Bibbia non è per l’umanità ma per le altre creature, che intrattengono anch’esse un loro rapporto con Dio.

v.26-31

Il verbo ”creare“ molto ricorrente nel versetto 27, indica che il testo intende focalizzarsi sulla creazione dell’umanità. Qui si stabilisce il rapporto tra uomo e Dio. Colui che chiama all’esistenza gli esseri umani li onora, li rispetta, ne trae diletto. Ed è questo che conferisce ad essi la loro inalienabile identità.

È un dato importante che di tutte le creature dei suoi otto atti creativi Dio parli direttamente solo agli uomini. Agli altri non rivolge la parola direttamente come si vede nei versetti 28-29. Questa creatura ha dunque un rapporto diverso, intimo con il creatore. È la creatura nei confronti della quale Dio prende un impegno intenso (parlandole) e a cui è stata concessa una libertà inaudita (la possibilità di rispondergli).

v.27

Dio creò l’uomo a sua immagine, cioè secondo il modello fatto per lui. Infatti tutte le altre cose furono create con la parola, ma l’uomo fu creato con le mani. Egli fu fatto con un sigillo, come una moneta è fatta con un conio. E l’ immagine riproduceva il ritratto stesso del suo creatore.

Adamah (אדמה) → terra

Adam (אָדָם) → “il terro”, l’essere umano

Dio quindi si conosce esclusivamente attraverso questa sua creatura che vive nella storia. Dio non è raffigurato in una qualsivoglia forma fissa, ma nella libertà dell’essere umano di essere fedele e buono. L’immagine di Dio insita nell’essere umano è un mandato di potere e di responsabilità. Ma di potere come Dio lo esercita.

Quindi il mandato di dominare e soggiogare il mondo è il dominio del pastore che si prende cura delle sue bestie e le custodisce. Come dirà il vangelo, colui che domina è colui che serve. All’umanità è conferita la potestà sul resto della creazione ma per il bene, lo sviluppo e il perfezionamento di quest’ultima.

v.27 “A immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”

‘Ish (אִישׁ) → uomo/maschio

Ishsha (נָשִׁים) → “uoma”/femmina

Due verbi uno al singolare, riguardo alla creazione dell’uomo, e poi al plurale riguardo alla creazione dell’uomo e della donna. Questa formula enuncia una importante affermazione. Da un lato l’umanità è un’entità singola. Tutti gli esseri umani stanno di fronte a Dio uniti da un vincolo di solidarietà. Ma d’altro canto l’umanità è anche una comunità, maschio e femmina. E né l’una ne l’altro riproducono pienamente l’immagine di Dio, se prese singolarmente. Solo in entrambe Dio viene rispecchiato appieno. Secondo questa ardita affermazione, Dio non è rispecchiato da singoli individui ma da una comunità.

Di fatto questi versetti ci dicono che la sessualità è cosa buona ed è stata predisposta da Dio come parte della creazione.

Ci dicono che l’identità sessuale fa parte della creazione e non del creatore. Questo testo non fornisce alcuna giustificazione all’idea che Dio possa essere maschio, femmina o androgino. La sessualità, l’identità e l’attività sessuale non appartengono alla “persona” di Dio, ma al “volere” di Dio per la creazione. Dal momento che l’umanità è a immagine di Dio, è fatta a sua somiglianza, ne è una analogia, le metafore sessuali possono venir utili per parlare del mistero di Dio (es. Dio padre, Dio madre…). Ma sono appunto metafore, non descrizioni. Lo slittamento tra Dio e immagine di Dio è apparente nel linguaggio sessuale spesso adottato nella Bibbia. La sessualità è decretata da Dio, ma non caratterizza Dio.

Capitolo secondo della Genesi

v.1-4

Il testo culmina con l’istituzione dello SHABBATH (שבת il sabato) cioè la prassi di una cessazione settimanale del lavoro. Era allora ed è adesso, un asserire che la vita non dipende dalla febbrile attività che esercitiamo per provvedere a noi stessi, che può esserci una pausa, in cui la vita ci viene semplicemente data, come puro dono.

Lo shabbath annuncia che il mondo è al sicuro, protetto e custodito nelle mani di Dio. Il mondo non si disgregherà, se ci concediamo una pausa, se sospendiamo per un giorno i nostri sforzi. Il mondo si regge sulle promesse di Dio, dipende da quelle promesse, non dai nostri sforzi volti a conseguire sempre nuovi traguardi, a premunirci dalle incognite dell’esistenza e a forgiare il mondo a nostra immagine e in base ai nostri progetti.

Lo shabbath è l’espressione sociologica di una nuova umanità, quella voluta da Dio. Lo shabbath è la fine della smania di possedere e quindi la fine di ogni sfruttamento, è un giorno di rivoluzionaria uguaglianza nella società: in questo giorno tutti si riposano, i poveri e i ricchi, i potenti e gli umili. Naturalmente il mondo non è ancora strutturato sul modello della pace e dell’uguaglianza, ma l’osservanza dello shabbath, nei cieli e sulla terra, è primizia di come la creazione sarà quando il progetto di Dio sia realizzato pienamente.

Lo shabbath di Gen 2,1-2 parla del riposo di Dio, ma poiché l’umanità è immagine di Dio, il riposo di Dio è promessa di riposo per l’umanità. Il riposo promesso non è quel sonno che è fuga dalla storia. È la libertà e il bene di un nuovo tipo di storia. È il fondamento di un umanesimo globale. Esiste per il bene dell’umanità (“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!” Mc 2,27) Che Gesù sia il Signore dello shabbath (“Perciò il figlio dell’uomo è signore anche del sabato” Mc 2,28) significa una rottura col vecchio mondo di sfruttamento alienante, dis-umanizzante.

Il riposo di Dio è un invito a dar vita a un nuovo tipo di comunità umana.

RIFLESSIONE

La Genesi, come abbiamo già detto riguardo alla Bibbia in generale, non è un libro scientifico ma “sacro”. Un libro che non si pone il problema del mistero della creazione ma quello del mistero del perché del creato e del perché della vita umana sulla terra.

E’ questo quanto emerge fin dal primo capitolo con l’affermazione che costituisce uno dei principi fondamentali dell’ebraismo e dunque anche del cristianesimo: IL MONDO E’ STATO CREATO PER UN ATTO DI LIBERA VOLONTÁ DI DIO. La creazione costituisce l’affermazione su cui posa la fede in un creatore che non è limitato dalla materia; in un creatore che, creando il mondo, persegue uno scopo determinato che è nostro compito individuare e attuare.

Fin dall’inizio della Torà, quindi ci rendiamo conto, come abbiamo già rilevato, che le sacre Scritture si interessano dell’Universo etico-spirituale, piuttosto che di quello fisico. Il che non significa che i problemi fisici e materiali del mondo siano da sottovalutare o da trascurare, come d’altronde risulta chiaramente dalla solenne consegna di Dio ad Adamo della terra e degli animali.

Nel quinto capitolo è scritto: “Questo è il libro delle generazioni di Adamo”. In esso non vediamo un mero albero genealogico, né la maggiore o minore longevità dei nostri progenitori, ma vi leggiamo un messaggio vitale e di incomparabile valore. Dal primo ed unico uomo creato (coppia creata) trae origine l’intera umanità: di conseguenza gli uomini, tutti gli uomini, compongono una vasta fratellanza. Questo è l’insegnamento che la Torà vuole mettere in evidenza al di là e la di sopra di ogni ricerca scientifica.

Perché la Torà non ci parla di verità ricercate e scoperte dagli uomini, di verità parziali, accettate oggi e respinte domani, essa ci parla di verità in senso assoluto. Esse come tali, erano vere ai tempi di Mosè e sono vere oggi: verità che non si smentiscono perché appartengono alla sfera morale che è eterna.

L’umanità si può dividere in numerosi gruppi. Le differenze che distinguono i vari popoli non consistono solo nel colore della pelle o nelle caratteristiche somatiche, ma sono ovviamente più profonde ed abbracciano tutta la prospettiva morale e culturale del mondo.

Ciononostante la Bibbia insiste sul fatto che tutti gli esseri umani sono fratelli, figli di uno stesso Padre come riafferma Malachia il profeta “Non abbiamo noi tutti uno stesso padre, non ci ha creati uno stesso Dio?”

Non è questa una concezione sublime?

L’umanità intera che vive in un sincero spirito di fratellanza è il più grande ideale che possiamo perseguire. E se ciò valeva per il passato vale ancor più oggi in cui assistiamo a feroci carneficine causate dall’odio razziale ma anche, grazie al cielo, alla scelta, da parte dell’umanità migliore, di una nuova solidarietà, di un ricerca del diverso per conoscerlo, comprenderlo e accettarlo come fratello, figlio dello stesso padre e meritevole perciò di attenzione rispetto e affetto.

Quanto ha sofferto e soffre il mondo per la mancata osservanza di questo fondamentale insegnamento. Infatti tutte le differenze sono più o meno artificiali. Ma se invece di cercare le caratteristiche che ci uniscono si accentuano le differenze, ecco i nazionalismi, le persecuzioni religiose, le ingiustizie sociali.

Dal concetto di fratellanza espresso dalla creazione deriva e si pone a completamento il precetto “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lev 19,18),perché esso chiarisce in modo indiscutibile chi è il prossimo: ogni essere umano.

Il Midrash (מדרש) ha ancor più sottolineato la validità di questo principio affermando che, quando l’eterno creò il primo uomo, raccolse la polvere da ogni angolo della terra e con essa formò quel primo essere grezzo, in cui poi soffiò il Suo alito vitale. Ciò implica chiaramente il diritto di ogni uomo di vivere in qualsiasi luogo, perché ovunque egli è deve sentirsi a casa propria: tutta la terra appartiene a Dio e in ogni luogo è Dio e con l’argilla di ogni luogo è stato creato il primo uomo.

Il giorno in cui saremo capaci di attenerci a questo insegnamento l’umanità si incamminerà sulla strada che Dio ha indicato creandoci.

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