Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (Pistoia), è stato insultato lo scorso agosto da Forza nuova (Fn) per aver portato dei giovani profughi in piscina. Ringrazio lui per aver abbracciato la causa dell’anti-razzismo e i suoi fedeli pistoiesi, per essergli stati vicini, nel momento in cui bisognava dimostrare cosa significa essere davvero cristiani. Proprio mentre Leonardo Cabras, esponente di Fn, alla domanda se un fascista può essere un buon cristiano, rispondeva che: «Un fascista è un buon cattolico».
È da queste persone che la Chiesa dovrebbe prendere le distanze. «Ero straniero e mi avete accolto» (Matteo 25, 35). Accogliere è innanzitutto un principio etico, che travalica anche i confini delle religioni. È un principio umanista, che ci insegna a riconoscerci, ciascuno di noi, in una umanità, variegata, certo, ma umana, in cui la differenza sostanziale non sta nell’origine, nel colore, nella fede, ma nel comportamento verso gli altri. Questo può renderci disumani. Questo, non la nazionalità.
Nell’omelia don Massimoha detto: «Gesù non fa l’esame del sangue e le porte della Chiesa sono sempre aperte». Con queste belle e semplici parole ha richiamato gli orrori del razzismo, un pensiero che speravamo sepolto nel passato. Invece no, si manifesta al primo soffio di vento, alimentato da politici opportunisti e sciacalli.
«Forza Nuova esalta il ruolo fondamentale dei popoli europei nella ricostruzione del moribondo continente nero: ricostruzione che sortirebbe l’effetto di tutelare il diritto dei popoli africani a vivere dignitosamente nella propria terra». Lo dicevano anche i francesi in Algeria, gli inglesi in Kenya, gli italiani in Libia e in Etiopia, mentre massacravano le popolazioni locali. Lo dicono oggi i politici delle nazioni ex-colonialiste e i manager delle multinazionali, che prediligono, come soci in affari, quei dittatori africani che opprimono la loro gente, innescando la spirale della fuga.
Leonardo Cabras voleva “vigilare” sulla cattolicità di don Massimo che accusa di occuparsi del bene della gente e non del bene delle anime. Di questo, forse, don Massimo può rallegrarsi. Diceva dom Hélder Câmara: «Quando do da mangiare a un povero, mi chiamano santo. Quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora mi chiamano comunista»
Lo scorso luglio è stato multato per non aver comunicato, entro 48 ore, alla prefettura di ospitare in parrocchia un giovane ghaneano. Ha replicato: «Noi non siamo un albergo ma una comunità. Io devo aprire le porte, me lo dettano la mia coscienza e i miei riferimenti etici».
(Marco Aime, Nigrizia, 11 ottobre 2017)