Sempre più spesso mi capita di finire in discussioni con persone che blaterano di “invasioni”, “orde barbariche”, “immigrazione fuori controllo” oltre al solito corollario criptorazzista (ultimamente anche poco “cripto” e tanto “razzista”…) di frasi tipo: “Quelli là non hanno voglia di lavorare, rubano, non sono come noi e puzzano…” (sì ho detto proprio “puzzano”). Non parliamo poi di televisioni, “social” assortiti e giornali…
Altri invece continuano a parlarmi di “flussi da gestire”, “emergenze”, “intervenire in Libia” e sembrano non rendersi conto che stiamo parlando di un “continente in fuga”, che non è possibile fermare ma che offrirà, assieme a mille sfide e difficoltà, la possibilità (se la sapremo cogliere!) di costruire un mondo diverso, più giusto e solidale per tutti, in Europa e fuori.
(don Paolo Zambaldi)
Allora invito tutti ad osservare un paio di dati e a riflettere:
“Un quadro composito, quello disegnato dall’annuale dossier che fornisce dati e analisi utili per aiutare a leggere il fenomeno migratorio in Italia. Uno strumento che mette in luce la progettualità dei percorsi migranti che lo stato dovrebbe saper gestire e che costringe chi fa comunicazione a cambiare la modalità di narrare un fenomeno diventato sempre più stanziale.
Rafforzare i dati per contrastare quella percezione che fa dire agli italiani che gli stranieri nel nostro paese rappresentano il 30% della popolazione, mentre la realtà dei numeri dice che sono solo l’8,3%. E contribuire al cambiamento di una “narrazione” che si soffermi di più sulle persone e le loro storie che sul dato freddo e sterile dei numeri, che pure servono per comprendere un fenomeno complesso come è quello migratorio.
È stata presentata oggi, in diverse città italiane, la 27ª edizione del Dossier statistico immigrazione, curato dal Centro studi e ricerche Idos, in partenariato con il Centro studi Confronti e il sostegno dei fondi dell’8 per mille della Chiesa valdese.
Stando ai dati Istat, a dicembre 2016 i cittadini stranieri residenti in Italia erano poco più di 5 milioni, un numero che è cresciuto rispetto all’anno precedente di sole 20.875 unità. L’errata percezione rispetto a una presenza più massiccia è dovuta al fatto che, quando si dice “immigrati”, l’immaginario collettivo fa riferimento a sbarchi e barconi, e quindi, inevitabilmente a quello che è stato definito, rispetto a questa realtà, un “anno record”: nel 2016 sono arrivati via mare in Italia 181.436 persone, il 17,9% in più rispetto all’anno precedente (nel 2015 erano quasi 154mila); le richieste di asilo sono passate da 84mila a 122.960, facendo segnare un aumento del 46,2%.
Quel che potrebbe essere interessante far notare rispetto a questo dato è che a fronte di una presenza straniera regolare che il Dossier stima di 5.359.000 persone, il numero degli italiani all’estero risulta essere di poco superiore: 5.383.199.E che si sono cancellati dalle anagrafi comunali oltre 42mila cittadini stranieri a fronte di 114.512 italiani.
A crescere in modo significativo è stato il numero delle richieste di cittadinanza, che fa riferimento a una popolazione straniera stanziale nel nostro paese, residente da più di 10 anni. Uomini e donne che hanno qui un progetto di vita, a cui si aggiungono le richieste di ingresso per motivi familiari (quasi 50mila), di studio (44mila) o di lavoro subordinato (oltre 17mila), di altrettanti progetti di insediamento stabili.
Diversi per composizione
E, a proposito di vite che si stabiliscono in Italia, un paese in deficit demografico, in cui il numero dei morti prevale sulle nascite di oltre 204mila unità, il Dossier mette in evidenza come vi sia una sorta di compensazione, proprio grazie alle figlie e figli di genitori stranieri: 69.379 nel 2016, 14,7% del totale. Un dato che mette in prospettiva come la popolazione italiana complessivamente non diminuirà, assestandosi sui 61 milioni, ma sarà diversa per composizione. Nel 2065 un terzo della popolazione italiana sarà di origine straniera.
D’altra parte le scuole già mostrano uno spaccato di questa realtà futura, trascurata da questo cantiere italico dove non si è ancora capito che l’immigrazione è opportunità e si è in grosso ritardo con i lavori di progettazione di un’integrazione rivolta non solo all’emergenza sbarchi, ma in maniera più ragionata e programmata nei confronti di chi nasce e vive qui. E che qui lavora.
I dati raccontano che gli occupati con cittadinanza straniera sono aumentati a 2.401.000 (+42mila unità rispetto al 2016), con un’incidenza del 10,5% sul totale, concentrandosi per lo più nei servizi (66,4%), nell’industria (27,5%) e in minima parte nel settore agricolo (6,1). Donne e uomini cui vengono proposte professioni spesso non qualificate, nonostante il 37,4% risulti sovraistruito rispetto al ruolo che ricopre (contro il 22,2% degli italiani).
Flussi e riflussi
Mentre si brinda al calo degli sbarchi, un’indagine Gallup di quest’anno afferma che un terzo della popolazione subsahariana e un quarto dei residenti nell’Europa non comunitaria vorrebbero emigrare. Si parla di 14milioni potenziali migranti. E l’Italia ricopre il 9° posto tra le destinazioni considerate appetibili da chi parte. Questo significa che occorre cambiare sguardo, considerare l’immigrazione come opportunità, saperla gestire, imparare dalle buone pratiche che il Dossier racconta, sottolineando come: «Il percorso è difficile ma percorribile».”
(Jessica Cugini, Nigrizia, 26 ottobre 2017)