sabato, Novembre 23, 2024

Paradise Papers, come evadono bene i Legionari di Cristo

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Centinaia di milioni di dollari. Una rete di società al sicuro dal fisco. Le casseforti nascoste di una congregazione potentissima,

 

“Caro padre Maciel, in questi giorni ti sono vicino…”. Inizia così una lettera scritta da papa Giovanni Paolo II, il 15 novembre 1994, per celebrare i 50 anni di sacerdozio di un religioso molto importante: Marcial Maciel Degollado, il fondatore dei Legionari di Cristo, una delle più ricche congregazioni cattoliche, potente soprattutto in Spagna, Messico e Italia.

Quel giorno è il pontefice in persona a «unirsi spiritualmente» ai festeggiamenti per le sue «nozze d’oro» con il vangelo predicato da Gesù di Nazareth in nome dei poveri e degli ultimi. Tre giorni dopo, padre Maciel, con la consulenza di Appleby, crea nel paradiso fiscale delle Bermuda la società International Volunteer Services (Ivs): una cassaforte segreta, ora svelata dai Paradise Papers, che serve a custodire i ricavi milionari dell’impero educativo dei Legionari. Senza pagare le tasse. Alle Bermuda non esistono imposte sui profitti delle società. Un paradiso: fiscale.

Quella offshore viene utilizzata come schermo per gestire in forma anonima il conto bancario dove affluiscono le rette pagate da oltre 160 mila studenti della rete mondiale di scuole e università gestite dai Legionari, dal Messico alla Spagna, dall’Argentina all’Italia, Stati Uniti, Svizzera e altri paesi. Il flusso di entrate supera i 300 milioni di dollari all’anno, secondo i bilanci analizzati dal giornalista d’inchiesta Raul Olmos della testata spagnola El Confidencial.


Nel 1994 Maciel è all’apice del potere. E proprio in quegli anni nascono i trust e le società offshore. Una struttura finanziaria parallela, invisibile dall’esterno, gestita da padre Maciel con i suoi più fidati collaboratori: sacerdoti, laici devoti e rettori delle università religiose, come documentano i file esaminati dal consorzio giornalistico Icij.

La prima offshore dei Legionari alle Bermuda era stata creata il 28 luglio 1992. Si chiama The Society for Better Education e nel giro di due anni viene affiancata dalla Ivs. Per anni entrambe incassano i soldi delle università, scuole e collegi per girarli a un fondo d’investimento, Ecyph Limited, con sede alle Isole Vergini Britanniche. I documenti provano che tutti i soldi degli istituti educativi venivano gestiti personalmente da padre Maciel, con rigidi poteri sui collaboratori, e spostati segretamente all’estero.

Nei registri riservati dello studio Appleby, l’intera rete di società offshore viene collegata a un indirizzo di Roma: via Aurelia 677. Il palazzo dove c’è il quartier generale dei Legionari in Italia, che funziona come centrale finanziaria.

La stella di padre Maciel si spegne nell’aprile 2005, quando muore Wojtyla e gli subentra papa Ratzinger. Benedetto XVI ha saputo delle accuse di abusi sessuali rivolte da decine di giovani contro il fondatore dei Legionari, che viene messo sotto inchiesta. Nel novembre 2006 il papa ordina a padre Maciel di rinunciare al sacerdozio. Il fondatore dei Legionari è accusato anche di aver sedotto due donne da cui avrebbe avuto tre figli.

Le prime testimonianze sui fondi neri dei Legionari di Cristo arrivano invece dall’inchiesta della Procura di Milano sulle scalate bancarie del 2005. Gianpiero Fiorani, il banchiere della Popolare di Lodi, mette a verbale che l’allora «governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio», poi indagato e condannato per reati finanziari, «mi chiedeva di finanziare i Legionari di Cristo e altre associazioni religiose: queste cifre non venivano fatturate ma provvedevo io personalmente». Con soldi recuperati dalle «plusvalenze su investimenti in borsa» restituiti in nero da «clienti finanziati dalla banca».

Il 2 febbraio 2006, nove mesi prima del ritiro forzato del loro leader, l’organizzazione dei Legionari liquida in gran segreto la prima società delle Bermuda. Dopo la morte di Maciel, nel 2008, le indagini in Vaticano continuano. Nel 2010 una commissione di vescovi consegna al papa la relazione finale, con gli interrogatori di oltre mille legionari: quella di Maciel è stata «una vita criminale». Nel 2013 la congregazione viene commissariata. Quindi il cardinale Velasio de Paolis ordina di liquidare anche la seconda offshore delle Bermuda e di estinguere il fondo delle Isole Vergini.

I Paradise Papers mostrano che, prima della caduta di Maciel, tutte le operazioni bancarie e fiscali dovevano avere la firma congiunta di almeno tre fedelissimi del fondatore. Il conto alla Citibank di New York intestato alla Ivs, in particolare, era gestito dal sacerdote Jesús Quirce Andrés e dai laici Mario Olivieri Sangiacomo e Javier Vargas Díez Barroso.

Sangiacomo, oggi, è ancora in servizio: è l’economo del Regnum Christi, il potentissimo braccio laico della congregazione, con sede a Roma. Sulle offshore però si rifiuta di rispondere. Contattato da Report e L’Espresso, replica così: «Non posso parlare di questa questione, perché è una faccenda interna».

Mario Olivieri Sangiacomo ha dedicato la vita alla gestione della rete finanziaria dei Legionari di Cristo. Fa tuttora parte di una holding, fondata nel 2000 nel Delaware, un paradiso fiscale interno agli Usa, che controlla 13 società, dal Messico al Cile. Ed è a sua volta controllata dalla Educational Developers Inc., che in dieci anni ha raccolto fondi per 75 milioni di dollari. Quando era direttore finanziario della congregazione religiosa, da lui dipendevano più di 200 organizzazioni e società operative.

Nei Paradise Papers compare anche un avvocato italiano, Salvatore Trigila, collegato ai Legionari. Si occupa delle vertenze legali e ha svolto anche un ruolo delicato: figura tra i liquidatori di una società del Delaware, chiamata Racebrook, a cui era intestata l’ultima villa di padre Maciel, comprata dai Legionari per l’esilio dorato del fondatore dopo la condanna papale. L’avvocato ne ha gestito la vendita chiudendo la società. Delle offshore del gruppo, però, non parla. Alle telefonate dell’Espresso e Report, Trigila risponde solo con una sola frase, involontariamente comica, come se si parlasse di un suo possibile cliente: «Non c’è nessun incarico di questo Bermuda». Anche Trigila, oggi, lavora all’ufficio legale di Regnum Christi a Roma.

La chiusura della rete di offshore dei Legionari non si è ancora completata. A Panama risultano ancora registrate alcune società aperte negli anni Ottanta, altre a Jersey. E poi c’è Integer, un fondo del Lussemburgo sciolto solo nel 2015, con un bilancio di circa 40 milioni di euro. «Era uno strumento creato da persone particolari per offrire uno strumento d’investimento», è l’imbarazzata spiegazione di Sylverster Heerman, che fa parte del direttivo dei Legionari di oggi.

Del resto i conti non tornano neanche a Caserta, dove i Legionari hanno gestito per 14 anni il Villaggio dei ragazzi, un celebre istituto educativo. Nel 2014 il nuovo amministratore, un ex generale della Guardia di Finanza, scoprì perdite per 28 milioni di euro, con drenaggi di denaro all’estero. La fondazione di Caserta possedeva anche immobili a Roma. Uno dei più prestigiosi fu affittato dai Legionari, nel 2010, a una società italiana gestita dall’avvocato Michele Santonastaso: il legale dei boss camorristi Iovine e Bidognetti.

Santonastaso è il penalista finito sotto processo con l’accusa di minacce mafiose a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione.

 

(Paolo Biondani, Alessia Cerantola, Gloria Riva e Leo Sisti, L’Espresso, 13 novembre 2017)

 

  

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