Appello di oltre 500 ricercatori europei per un approccio più analitico e informato ai fenomeni che stanno agitando le politiche dei governi di tutto il mondo. Sfatando pregiudizi non basati sulla realtà e delineando strategie efficaci per i diversi contesti
Diversi tentativi di cooperazione internazionale con l’obiettivo di regolare i flussi migratori hanno fallito. La crisi europea in materia di asilo del 2015 ha rivelato che, anche in contesti altamente integrati e cooperativi come l’UE, l’assenza di preparazione, la confusione politica e la disinformazione generano risposte politiche inadeguate ed umanamente costose.
Il recente afflusso di richiedenti asilo siriani in Europa ha messo i leader e l’opinione pubblica dell’UE di fronte all’evidenza di una crisi umanitaria che in realtà si manifesta soprattutto nel Sud del mondo.Questo particolare afflusso di rifugiati è entrato in risonanza con discussioni più ampie sull’immigrazione, l’integrazione e la diversità nelle società europee già provate dalla crisi economica del 2008. Il trattamento della crisi migratoria in Europa risente oggi della confusione tra questioni politiche a breve e lungo termine come la regolamentazione in materia di asilo e migrazione, il dibattito sui diritti, la politica economica che non possono essere affrontati esclusivamente a livello nazionale.
Al di là dell’Europa, l’emergere o il consolidamento delle crisi politiche in materia di migrazione e asilo richiede una reazione urgente di tutte le parti interessate. Scienziati, organizzazioni della società civile, attivisti, cittadini e decisori politici devono unire le forze per ottenere una migliore comprensione dei fenomeni migratori sia forzati che volontari, delle loro determinanti e delle loro conseguenze per le società di accoglienza ed i paesi di origine. Così facendo, forniremo delle basi per l’elaborazione di politiche basate sull’evidenza e la conoscenza al di là delle costruzioni e dei discorsi ideologici che tendono ad occupare i dibattiti nei media e nell’arena politica oggi.
È ormai urgente cambiare approccio :
- Le politiche migratorie e di asilo in Europa, Nord America e in altri paesi (Kenya, Arabia Saudita, ecc.) costituiscono una minaccia senza precedenti recenti ai diritti umani delle popolazioni mobili ed al diritto di asilo.
- Dagli anni ’90 in poi, i tentativi delle Nazioni Unite o di organizzazioni regionali come l’UE di regolamentare la migrazione e l’asilo sono falliti (la Convenzione del 1990 sui diritti dei migranti, gli accordi di Dublino in Europa, fino ai “global compacts”) e sono crollati di fronte alla prova dell’arrivo dei flussi di rifugiati (Iraq, Siria, Sud Sudan, Birmania) o delle crisi politiche sorte attorno alla questione della diversità e dell’integrazione dei migranti.
Le opzioni strategiche adottate dai paesi dell’OCSE negli ultimi dieci anni – costruire muri, e costose esternalizzazioni del controllo dei flussi- non impediranno la migrazione, né cambieranno i fattori fondamentali che influenzano la migrazione come spesso ripetono gli scienziati e come hanno mostrato precendenti esperienze.
La mancanza di comprensione dell’impatto della migrazione nelle società di arrivo dei migranti si traduce costantemente in politiche fallimentari. I discorsi ispirati all’ideologia e alla paura prevalgono nelle società europee e si impongono nell’agenda politica. Le conoscenze scientifiche e specialistiche in materia di migrazione e asilo non vengono ascoltate.
Esistono controversie scientifiche in materia di migrazione e asilo. Tuttavia, su alcune questioni vi è un ampio consenso tra gli esperti che viene sistematicamente ignorato nel processo decisionale :
- Le migrazioni avvengono per lo più all’interno di regioni non tra i continenti e i migranti si trovano principalmente nel sud del mondo, in particolare i rifugiati
- Oggi vi sono 246 milioni di migranti nel mondo, solo il 3,4% della popolazione mondiale, molto meno che nel 19 ° secolo
- Le restrizioni sui visti riducono la mobilità degli immigrati già presenti nel paese ospitante: i lavoratori migranti rimangono invece di ritornare nel proprio paese o altrove
- L’assenza di opportunità di visto per i richiedenti asilo nei paesi di origine e di transito aumenta anche le pratiche criminali come la tratta umana.
- La chiusura delle frontiere non limita solo la mobilità umana, ma anche gli scambi e i trasferimenti di fondi, know-how, idee al di là delle frontiere
- Il rapido accesso ad un’abitazione, all’istruzione ed al mercato del lavoro formale aumentano la qualità dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo nelle società di accoglienza, riducendo ulteriormente le disuguaglianze e le privazioni di diritti.
- I comportamenti dei migranti in termini di fertilità raggiungono rapidamente i modelli demografici nei paesi ospitanti riducendo l’impatto dei flussi migratori sulle dinamiche demografiche dei paesi d’accoglienza
- Il finanziamento dello sviluppo può aumentare l’emigrazione dai paesi più poveri. La relazione tra sviluppo economico e migrazione è molto più complessa di quanto sembrano assumere a fondamento della propria azione le attuali politiche.
- L’effetto degli afflussi di immigrati sul mercato del lavoro e sulla crescita dei paesi d’arrivo è complessivamente neutro o positivo, a seconda delle condizioni economiche e dinamiche ed in ogni caso non vi è evidenza di un impatto negativo.
Esortiamo quindi a rompere con soluzioni politiche miopi ed inadeguate che oltre a generare situazioni di crisi umanitarie comportano un ulteriore inasprimento delle relazioni politiche. Chiediamo un cambiamento radicale di paradigma nel trattamento dei fenomeni migratori e dell’asilo internazionale. Chiediamo un cambiamento basato su approcci razionali, realistici, scientificamente informati ed umani.
Chiediamo una riunione di emergenza di scienziati, esperti, rappresentanti della società civile, responsabili politici e leader politici in materia di migrazione e asilo.
Seguono 500 firme di ricercatori europei. Tra cui:
Marzio Barbagli, sociologo, Istituto Cattaneo e Università di Bologna
Chiara Saraceno, sociologa e filosofa, Collegio Carlo Alberto Torino
Giuseppe Sciortino, sociologo, Università di Trento
Jean Jouzel, climatologo, vicepresidente GIEC, Francia
Mireille Delmas-Marty, giurista, Collège de France
François Héran, demografo, Collège de France
Patrick Boucheron, storico, Collège de France
Thomas Piketty, economista, EHESS-Paris School of Economics
Steven Vertovec, antropologo, direttore del Max Planck Institute for the Study of Religious and Ethnic Diversity, Göttingen (Germania)
Michéle Lamont, sociologo, Harvard University
Andrew Geddes, politologo, direttore del Migration Policy Centre, European University, Italia
Christina Boswell, politologa, decana ricerche in scienze sociali, University of Edinburgh, Scozia
Peter Scholten, politologo, direttore del consorzio International Migration, Integration and Social Cohesion (IMISCOE) Erasmus University Rotterdam, Paesi Bassi.
Pieter Bevelander, direttore del Malmö Institute for Studies of Migration, Diversity and Welfare (MIM) Università di Malmö, Svezia
Ferruccio Pastore, direttore del FIERI (Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sulle Migrazioni), Torino
Dina Vaiou, geografa, Technical University of Athens (NTUA), Grecia
Sabrina Marchetti, sociologa, Università di Venezia
Maurizio Ambrosini, sociologo, Università di Milano
Fabio Amato, geografo, L’Orientale di Napoli
Tiziana Caponio, politologa, Collegio Carlo Alberto
Roberta Ricucci, sociologa, Università di Torino
(Repubblica, 28 giugno 2018)